L'omaggio all'assassinato Procuratore Bruno Caccia
Il ricordo in Sala Rossa

Il ricordo del magistrato apre qualche confronto con la magistratura dei giorni nostri

Mercoledì 26 giugno si è tenuto, presso la sala del Consiglio del Comune torinese, l'omaggio a Bruno Caccia. Nella giornata ricorreva il trentennale della scomparsa del procuratore capo assassinato dalla 'ndragheta appena fuori dalla sua dimora.

La cerimonia ha visto prendervi parte numerose personalità di spicco, fra le quali il presidente del Consiglio Comunale Giovanni Maria Ferraris, il vice procuratore onorario Paola Bellone, il docente di Sociologia dell’Università degli Studi di Torino Rocco Sciarrone, il procuratore Gian Carlo Caselli, il sindaco Piero Fassino. A turno hanno preso la parola è si sono lasciati andare a ricordi del procuratore. Il presidente Ferraris ha così aperto la cerimonia:

Ricordare l’integerrimo e tenace procuratore Bruno Caccia, protagonista nei difficili anni di piombo della lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata di stampo mafioso, è un atto doveroso, un omaggio alla memoria di un servitore dello Stato”.

La “sala rossa” del palazzo civico attendeva con grande impazienza il commento del procuratore Gian Carlo Caselli :

“Sono passati trent’anni dall’assassinio di Bruno Caccia. Commesso a Torino, è l’unico omicidio di mafia non riferibile alla mafia siciliana e direttamente riconducibile alla ’ndrangheta. Di Bruno Caccia mi piace ricordare il suo essere ‘accanito’, nel senso che ricercava la verità con determinazione. L’accanimento di Caccia intrecciava il senso dello Stato con la responsabilità individuale e traeva origine da una convinzione profonda: solo la convivenza pacifica è convivenza civile. Altrimenti, si apre la strada della sopraffazione del più forte sul più debole, del criminale sulla vittima.

Anche il sindaco Piero Fassino ha voluto esprimere il proprio ricordo:

Bruno Caccia, medaglia d’oro al valor civile, fu uno strenuo difensore del diritto, esempio straordinario di lealtà pubblica e di coraggio civico. Il procuratore Caccia comprese trent’anni fa quanto fosse insidiosa la strategia della criminalità organizzata per allargare la propria diffusione nel Nord. Il processo ai capi storici delle Brigate Rosse che Caccia portò avanti come P.M. segnò una svolta e permise a Torino di vincere la sfida al terrorismo, interrompendo la scia di delitti che aveva insanguinato Torino tra il 1977 e l’inizio degli anni Ottanta.”

Il ricordo di Bruno Caccia deve però far aprire una riflessione. L'accanimento che il magistrato dimostrava, è profondamente diverso da ciò che capita di vedere oggi. Purtroppo, una parte della magistratura d'oggi non sembra avere come obiettivo la ricerca della verità, ma piuttosto la volontà di entrare nella vita politica italiana.

Proprio in periodi come questi, in cui l'imparzialità di una parte della magistratura sembra in discussione, il ricordo di Bruno Caccia dovrebbe far meditare sulla situazione. Il futuro dovrebbe vedere una magistratura sempre più libera e indipendente, e soprattutto slegata da qualsiasi discorso politico.

È un augurio, più che una previsione.

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Articolo pubblicato il 28/06/2013