Giuseppe (Beppe) Novajra

“Chansonnier” in lingua piemontese e italiana

Dopo aver iniziato la nostra “esplorazione” nella realtà del teatro amatoriale in piemontese, sempre per approfondire le molteplici sfaccettature artistiche di questa lingua nella città di Torino, abbiamo intervistato Giuseppe (Beppe) Novajra.

 

Ci racconta il suo percorso artistico, i riconoscimenti ottenuti e le altre cose che ritiene significative?

 

Sono uno chansonnier in lingua piemontese e italiana, autore di canzoni e di commedie musicali nelle due lingue. Come cantautore partecipo a recital, conferenze e rappresentazioni teatrali anche in collaborazione con scrittori e con compagnie teatrali.

Come “brandé” contribuisco alla salvaguardia e alla diffusione della lingua e delle tradizioni del Piemonte con recital e conferenze.

Ho pubblicato “Mè borgh San Pàul”, un CD con otto canzoni ispirate alla storia del borgo torinese (2010, Edizioni Ël Torèt Piemonte Cultura), “Globale”, libro con accluso Cd di diciotto canzoni in piemontese (2011, Edizioni Giancarlo Zedde), e “Storie e racconti dimenticati, Stòrie e conte dësmentià” (2012, Edizioni Ël Torèt Piemonte Cultura, abbinato all’omonimo libro di Sergio Donna).

 

Quale è il suo repertorio?

 

Le canzoni composte da me sono in italiano o in piemontese.

Ho anche un repertorio di canzoni tradizionali piemontesi, anonime oppure di autori quali Brofferio, Balocco e Farassino.

Creo anche canzoni, ninnananne e filastrocche per bambini.

Mi piace anche comporre canzoni “su misura” su temi, testi poetici o teatrali proposti da altri (Ad esempio ho musicato con altri “Ël cont Piolèt”, commedia settecentesca).

Le mie commedie (alcune delle quali rappresentate) possono definirsi “da camera”, perché bastano poche persone per gestirle: il cantante in scena, la voce recitante (prosa e poesia) e il servo di scena per il cambio veloce della scenografia costituita da grandi quadri, alla moda dei cantastorie. Sono tratte da opere note: Odissea, Pinocchio, Gelindo, Peter Pan, Don Chisciotte, Il Piccolo Principe.

Contemplano due versioni: italiana e piemontese. Si prestano anche alla sola lettura in pubblico.

Per il teatro delle marionette ho creato “1492: vele al vento”, rappresentata nel 1992, mentre per il cabaret ho creato e recitato con Vittorio Sivera in “Si e No quasi un po’”.

Di solito mi accompagno da solo con la chitarra. Talvolta mi affiancano altri musicisti.

 

Quale è il suo pubblico?

 

Nelle esibizioni in piemontese trovo persone che parlano o anche solo capiscono la lingua.

Mi capita spesso di accompagnare scrittori con canzoni anche mie in tema col contenuto dei libri. In tal caso trovo un pubblico tendenzialmente colto, di solito contento di alternare prosa, poesia e musica.

Nelle conferenze il pubblico può essere quello delle Università della Terza Età oppure di istituzioni e associazioni culturali.

A volte il pubblico è fatto da bambini delle scuole, spesso coinvolti in canti corali di mie canzoni.

Mi è capitato sovente di cantare in scena per commedie di compagnie teatrali con un pubblico eterogeneo.

 

Come vede lo “stato di salute” della canzone in piemontese?

 

Ci sono ancora cultori e cantori della tradizione, e lo stesso accade per il teatro delle compagnie amatoriali. Sono ancora molte le corali che si dedicano al canto popolare piemontese. Forse c’è poco ricambio generazionale.

 

Quale “piemontese” utilizza? (torinese, misto con italiano, strettamente locale o “dialettale”...).

 

Uso la lingua piemontese, diciamo classica. Si sa che ci sono poi le parlate locali (dialetti piemontesi), di cui a volte uso qualche termine per dare forza.

Molte mie canzoni sono “gemelle”: versione italiana e versione piemontese, per due modi diversi di esprimersi.

 

Cosa vuol dire in conclusione a chi non conosce la canzone in piemontese?

 

Le canzoni popolari di qualunque regione rivelano le radici di un popolo. Conoscerle arricchisce perché dà un’identità. Sradicare le parlate locali e dimenticare le tradizioni musicali impoverisce.

La politica sotto questo aspetto è insipiente, e non riconosce il piemontese come lingua, mentre l’ha fatto la Comunità europea. Tratta la parlata locale allo stesso modo che le altre nazioni tratteranno l’italiano, perché anche dell’italiano la politica non si cura.

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 15/06/2013