La forza antidolorifica dell’amore
tratta da caos calmo

Utilizzare emozioni positive come terapia

 

Da sempre si è chiesto se il dolore emozionale è vero dolore oppure è solo una idea. Da qualche mese si è trovata una risposta.

Attraverso l’utilizzo delle tecniche di neuroimaging si è potuto constatare che le regioni cerebrali coinvolte nell’elaborazione del dolore emozionale  sono le stesse che registrano il dolore fisico.

Gli studi di Panksepp, 1978 - Eisenberger, 2003 - Master et al., 2009 - De Wall et al., 2010 - Kross, 2011 - hanno dimostrato, negli anni, come il dolore emozionale provocato sia da esclusione sociale che da perdita di un partner coinvolgano le stesse aree cerebrali.

Fortunatamente grazie alla ricerca del Prof. Master (UCLA) si è potuto scoprire come il supporto sociale possa invece alleviare il dolore fisico  al pari di un analgesico.

Per scoprirlo sono state coinvolte 25 donne con una relazione di coppia soddisfacente da  almeno 6 mesi e sottoposte a sperimentazione alla presenza dei loro partner. Nelle varie fasi di determinazione delle soglie di dolore e di reazione, le donne sono state invitate ad avere contatti diretti o indiretti con il partner.  

Nei contati indiretti, durante la stimolazione di sensibilità dolorifica vi era solo una varietà di elementi visivi ( foto del partner, guardare il partner, guardare uno sconosciuto,  o un oggetto senza valenza emozionale); mentre nei contatti  diretti vi era una varietà di elementi cinestetici quali: tenere la mano del partner, la mano di uno sconosciuto,  tenere in mano un oggetto a valenza emozionale.  

I risultati emersi hanno dimostrato che  il contatto con il partner – sia visivo che diretto – portava le donne a percepire meno  il dolore. Avere il proprio partner vicino è come avere un analgesico a portata di mano.

Da questo studio ne è partito un altro dedicato alla “love analgesica indotta” capitanata dal Paul Gilbert, neuropsicologo dell’Università di Derby, dal quale si evince che la dopamina prodotta nelle relazioni amorose sia ancora più forte della stessa morfina come analgesico.

Purtroppo questo effetto va via via diminuendo col tempo e proporzionalmente al coinvolgimento affettivo  perché nel cervello si attiverebbe una sostituzione della dopamina con l’endorfina (simile nei tratti ma meno intensa come qualità).

L’amore dunque è una analgesico potente e aumenta di potenza in modo proporzionale al sentimento provato. In questi tempi di crisi avere qualcuno che si ami e che ci ami, può essere una terapia alla depressione e al dolore di esclusione sociale.

Sergio Audasso – Neurocounselor – Psicosomatista.
Professionista disciplinato ai sensi della legge n.4/13 

 

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Articolo pubblicato il 23/05/2013