Altro che agenda digitale, stiamo tornando alla penna ed al calamaio

 

Fonte: Espresso Repubblica.it

Ha davvero dell’incredibile la vicenda che si apprende sfogliando il bollettino dell’Autorità Garante per la concorrenza e per il mercato dello scorso 22 aprile.

Una società condannata a pagare quindicimila euro – poco meno del 20% del suo fatturato annuo – per essere stata troppo veloce a realizzare e pubblicizzare una soluzione di firma elettronica avanzata ovvero l’ultimo nato dei quattro tipi di firma elettronica introdotti nel nostro ordinamento nella speranza – sin qui vana – di digitalizzare il Paese.

La storia – al netto di alcuni passaggi tecnico-giuridici – è più o meno questa.

Nel dicembre del 2010, il legislatore, interviene sul Codice dell’amministrazione digitale, introducendo, tra l’altro, una nuova tipologia di firma elettronica, appunto quella elettronica avanzata e stabilisce che, per la più parte degli atti e contratti, possa essere utilizzata in alternativa alla firma digitale, il cui utilizzo, peraltro, non è mai davvero decollato.

La firma elettronica avanzata è uno strumento più agile e “usabile” rispetto alla firma digitale e, dunque, una soluzione capace di segnare davvero – forse – una svolta nella digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei rapporti tra privati.

Il legislatore, nell’intervenire sul Codice dell’Amministrazione digitale, stabilisce che toccherà al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro da questi delegato varare le regole tecniche che disciplineranno, più in dettaglio, l’uso delle firme elettroniche avanzate ma non detta alcuna disciplina transitoria e non subordina l’entrata in vigore delle nuove disposizioni relative alla firma elettronica avanzata all’approvazione di tali regole tecniche.

Imprenditori e società, salutano con favore la novità ed iniziano a sviluppare soluzioni e sistemi per impiegare le nuove firme elettroniche avanzate per la digitalizzazione della loro attività.

Lo stesso Governo, attraverso il servizio “linea amica”, rassicura cittadini ed imprenditori circa la circostanza che “Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o firma digitale è valido a tutti gli effetti di legge e soddisfa il requisito della forma scritta”.

Frattanto il Governo e chi dovrebbe occuparsi di varare al più presto le nuove regole tecniche, se la prendono straordinariamente comoda.

Passa il primo anno, passa anche il secondo e si arriva alla primavera del terzo, senza che le regole tecniche vengano definitivamente approvate.

Uno schema di tale regole viene, però, pubblicato sul sito di DigitPa, oggi assorbita dalla neonata Agenzia per l’Italia Digitale.

A scorrerlo ci si rende conto che le tanto attese regole tecniche non sono molto di più di una parafrasi – ed in qualche raro caso una specificazione – della disciplina già contenuta nel Codice dell’Amministrazione digitale.

E’ per questo che ha dell’incredibile apprendere, poi, che l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto ingannevole la pubblicità con la quale una società promuoveva la propria firma elettronica avanzata, stabilendo che, allo stato, in assenza delle regole tecniche, la firma elettronica avanzata sarebbe solo un istituto giuridico inutilizzabile.

Non è così, non solo per una lunga serie di argomenti giuridici che l’Autorità Garante avrebbe fatto bene ad approfondire ma soprattutto perché, l’imprenditore in questione, non ha detto niente altro di quanto, continua a campeggiare, in grassetto, proprio sotto il logo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Se davvero, dunque – come ritiene l’Autorità Garante – le firme elettroniche avanzate, allo stato, in assenza del varo delle regole tecniche, sono solo un istituto giuridico inutilizzabile, l’ingannevolezza e la disinformazione è partita proprio dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero dall’organo deputato a varare le tanto attese regole tecniche.

Delle due l’una, quindi.

O la Presidenza del Consiglio ha sbagliato due volte nel tardare l’emanazione delle regole tecniche e nell’informare i cittadini della piena utilizzabilità delle firme elettroniche avanzate o a sbagliare – e parecchio – è stata l’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato che ha considerato ingannevole una pubblicità che non fa niente altro che ripetere quanto dice la legge e conferma il Governo.

D’accordo essere uno dei Paesi dell’Unione europea meno moderno ed innovativo ma, almeno, smettiamola di remare contro il progresso.

 

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Articolo pubblicato il 30/04/2013