In Giappone esplode la paura di Tor e del dark web

La National Police Agency giapponese vuole proporre agli ISP di bloccare l'accesso alla rete Tor. Sarebbe più facile intercettare alcuni crimini, ma la sensazione è che gli inquirenti siano rimasti segnati dalla storia di Yusuke Katayama

 

Fonte: Tomshw.it -- Vi rimandiamo inoltre al nostro articolo sul Deep Web

La Polizia giapponese vorrebbe convincere gli Internet Service Provider abloccare l'accesso alla rete Tor per favorire la lotta al cybercrimine e non solo. Il dark web di Tor (The Onion Router), com'è risaputo non viene indicizzato dai motori di ricerca ed è esclusivamente accessibile tramite specifiche applicazioni che rendono anonima ogni operazione.

Ebbene, National Police Agency, secondo il quotidiano The Mainichi , starebbe iniziando a considerare la ricerca di anonimato online come una sorta di presunzione di colpevolezza per crimini di vario genere. La questione non è semplice, anche perché effettivamente Tor non solo ospita il mercato nero online più grande del mondo, chiamato Silk Road , ma consente un livello di "privacy" ideale per ogni genere di attività illegale. Si parla di reati finanziari ma anche di abusi sessuali, compravendite illegali, spaccio, etc.

 

L'opinione pubblica è stata segnata anche dalla vicenda di Demon Killer, un hacker giapponese che ha tenuto a lungo sotto scacco l'intero paese. Yusuke Katayama si è fatto beffe degli inquirenti fino alla cattura proprio sfruttando le potenzialità di Tor. Per altro il paese ha iniziato anche a interrogarsi sulla qualità delle cyber-difese nazionali.

Un comitato speciale, incaricato per far luce sulla vicenda, ha confermato che per contrastare alcuni tipi di crimine online l'unico modo è bloccare l'accesso aTor. "In base alle raccomandazioni, National Police Agency inviterà l'industria degli ISP e altre entità di fare sforzi volontari affinché vengano attivati blocchi", si legge nella nota ufficiale del comitato.

Il problema è che Tor viene usato anche come uno spazio di comunicazione per gli attivisti che vivono in paesi con regimi repressivi. Insomma, è uno strumento che si presta a usi diversi. Meglio renderlo inaccessibile per evitare il peggio o rispettare il desiderio di privacy estrema di alcuni? 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 23/04/2013