PD: due punti
Il Quirinale

Riflessioni di Michele Paolo Pastore (foto) e Raffaele Gallo

 

Abbiamo seguito con attenzione quanto emerso nei giorni scorsi negli interventi di autorevoli membri del Partito Democratico e vorremo contribuire esponendo il nostro pensiero.

 

In primo luogo, superata la fase emotiva dei primi giorni dopo le elezioni, vorremo partire da alcune considerazioni relative alla recente tornata elettorale.

 

La prima è ormai un dato di fatto: le elezioni le vince chi sa comunicare meglio.

 

Quindi se il Partito Democratico si vuole proporre per la leadership, deve saper dare risposte efficaci alle esigenze reali della società e deve saper comunicare le proprie proposte in modo convincente e soprattutto chiaro.

 

Su questo punto il Partito Democratico ha ampi margini di miglioramento.

 

Renzi ha avuto il merito di evidenziare che per vincere occorre prima di tutto comunicare e “conquistare” voti nel campo avversario; non basta infatti aver raggiunto una posizione di preminenza all’interno del partito perché poi l’elettorato segua le decisioni della dirigenza.

 

Nei rapporti fra quest’ultima e la base elettorale la distanza sulla percezione delle esigenze e dei problemi concreti è diventata abissale; in questo senso per togliere argomenti all’avversario politico è inutile demonizzarlo, ma occorre rispondere alle istanze che la società sollecita.

 

Il partito, e soprattutto la base, è impegnato quotidianamente a dialogare con le persone, ad ascoltarle e confrontarsi con loro, a cercare di capire i fenomeni, e soprattutto le esigenze: può, e deve, però, migliorare molto nella capacità di elaborare, fare una sintesi ed infine comunicare efficacemente le soluzioni proposte.

 

Le persone hanno bisogno di ricevere risposte ai problemi quotidiani che le affliggono.

 

La seconda considerazione riguarda i nuovi fenomeni emergenti nella politica italiana.

 

La storia del M5S, dei nuovi movimenti e dei partiti di recente costituzione, dimostra che la mancanza di esperienza, di valori omogenei, ma soprattutto di concretezza, genera solo confusione nel momento in cui occorre assumersi delle responsabilità.

 

Criticare non basta, bisogna saper costruire. Senza una leadership veramente pragmatica, anche le migliori intenzioni diventano disordine in un paese che ha urgenza di interventi efficaci, e non di discorsi inconcludenti.

 

Quindi, semplificando, occorre ripartire da due (non otto) semplici punti:

·        definire nuove e più efficaci regole di conduzione della cosa pubblica.

·        valorizzare l’impresa per generare ricchezza e creare occupazione

 

L’opinione pubblica è concorde sulla necessità di cambiare la legge elettorale, di riformare il sistema dei controlli, di razionalizzare i costi della politica, di semplificare la burocrazia. Sono priorità assolute ormai, improcrastinabili e determinanti perché il paese possa riprendere a svilupparsi.

 

Nel contempo occorre intervenire sull’economia reale, facendola ripartire, altrimenti anche con un governo stabile rischiamo nei prossimi anni di “dover emigrare tutti nei paesi emergenti per trovare lavoro”; se il settore pubblico si sostiene sulle tasse pagate dai cittadini, e se questi vivono degli stipendi che ricevono dalle imprese, allora dobbiamo creare i presupposti perché possa crescere il cuore produttivo del paese: l’impresa.

 

Se l’impresa guadagna, ci sono stipendi, se l’impresa guadagna ci sono imposte per gli enti locali, se l’impresa guadagna ci sono tasse versate allo stato, ci sono contributi versati all’Inps, ci sono risorse per il settore pubblico, e soprattutto c’è una maggiore stabilità che ricrea la coesione sociale.

 

Cosa propone il Partito Democratico per l’impresa? E che cosa può e deve fare la classe politica per evitare la moria di imprese e la caduta di occupazione?

·        pagare i debiti arretrati della pubblica amministrazione

·        detassare il costo del lavoro, con beneficio ripartito tra impresa e lavoratore

·        incentivare i settori in grado di creare nuova occupazione (ad esempio la green economy, le start up….)

·        incentivare la collaborazione e la fusione tra piccole/medie imprese per ridurne la polverizzazione e affrontare meglio i mercati internazionali

·        ridefinire le modalità di intervento di Equitalia e, vista la crisi sistemica, mettere a punto strumenti di recupero dell’evasione socialmente più corretti

·        trovare nuove ed efficaci soluzioni, anche normative, ai tavoli di crisi aperti

·        riformare il processo civile

·        investire in formazione ed istruzione

 

In sintesi affrontare finalmente il problema  - origine di tutti i problemi - di progettare per il paese una “politica industriale” in grado di far ripartire l’economia: perché è questo che la classe politica ha omesso di fare negli ultimi trenta anni!

 

Infine una considerazione sul ricambio della classe politica.

 

Personalmente non crediamo che l’origine dei problemi stia nelle questioni anagrafiche, di rappresentatività di genere o di equilibrio tra categorie e classi sociali: solo quando nelle riunioni di partito si comincerà a ricercare le soluzioni concrete dei problemi, le leadership emergeranno naturalmente, sulla scorta della competenza e della capacità di individuare e comunicare efficacemente soluzioni adeguate…

 

Michele Paolo Pastore                  Raffaele Gallo                           

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Articolo pubblicato il 03/04/2013