Biotech/Ogm, uno sguardo globale

Il primo Ogm fu messo in commercio nel 1996 e da allora la superficie mondiale deputata alla loro coltivazione è aumentata, al contrario il numero di persone che soffrono la fame non è sceso di pari passo: quale il destino per i prossimi anni?

Fonte: SlowFood.it

Come ogni anno, è uscito il Rapporto globale sullo stato della commercializzazione delle colture biotech/Ogm , che fornisce i numeri delle coltivazioni di Ogm nel mondo per l’anno 2012. Il rapporto, redatto dal Servizio Internazionale per l'Acquisizione delle Applicazioni nelle biotecnologie per l'Agricoltura (ISAAA), dà indicazioni interessanti e, confrontandolo con quelli degli anni passati, permette di capire se e come stanno evolvendo alcune situazioni.

Osservando la diffusione delle coltivazioni biotech vengono alla luce alcuni parametri che meritano attenzione. Si vede, ad esempio, che rispetto al 2011 il numero totale di Paesi che coltivano Ogm nel mondo è sceso da 29 a 28, anche se la superficie totale è aumentata di circa il 6%, oltrepassando di poco i 170 milioni di ettari. È interessante, però, cercare di capire di quali Paesi e di quali coltivazioni stiamo parlando. Di questi 28, infatti, 20 sono Paesi in via di sviluppo e 8 sono Paesi industrializzati; per la prima volta, inoltre, il 2012 ha visto crescere la superficie coltivata a Ogm più nei primi che nei secondi.

Questo di per sé potrebbe essere un dato importante, perché, come sostiene lo stesso ISAAA, dimostrerebbe come gli Ogm stiano aiutando a risolvere e affrontare il problema della fame e della sottonutrizione. Eppure qualche dubbio permane. Ad esempio rimane il fatto che gli Ogm hanno al loro attivo un storico sufficiente per poter dire se hanno risolto o meno la questione della fame nel mondo. Il primo Ogm, infatti, fu messo in commercio nel 1996 e da allora la superficie mondiale deputata alla loro coltivazione è aumentata, al contrario il numero di persone che soffrono la fame non è sceso di pari passo: se in questi 17 anni non hanno rappresentato l’ago della bilancia nell’affrontare il problema, cosa può far pensare che lo faranno nei prossimi anni?

C’è poi un’altra questione che ancora rimane aperta, il tipo di piante che vengono coltivate. La maggior parte degli Ogm approvati per la coltivazione e per la commercializzazione, infatti, sono rappresentati da mais, soia e colza, tutte piante impiegate prevalentemente nell’industria mangimistica. Il quadro generale che si delinea, insomma, vede i paesi in via di sviluppo (ben 20 a fronte degli 8 industrializzati), poveri di sistemi politici e di investimenti pubblici indipendenti, coltivare ettari di Ogm che servono per produrre mangimi, i quali sono a loro volta utilizzati negli allevamenti da cui esce la carne venduta sui mercati dei paesi sviluppati. Un sistema un po’ strano per sostenere che possano risolvere la fame nel mondo.

A livello generale, comunque, la situazione non cambia molto rispetto agli anni passati: due soli nuovi Paesi hanno iniziato a coltivare Ogm per la prima volta (Cuba e Sudan) e gli USA continuano a dominare il mercato, restando al primo posto nella classifica dei Paesi produttori con 69,5 milioni di ettari coltivati. A riprova del fatto che la coltivazione di Ogm ben si adatta a quei sistemi di agricoltura intensivi e monocolturali, che necessitano  di estensioni di terra enormi e che sono quanto di più lontano ci sia da quell’agricoltura di piccola scala che la FAO propone come modello di sviluppo sostenibile.

In Europa la situazione non è molto diversa dal resto del mondo. Dopo lo stop della Polonia, solo cinque Paesi continuano a coltivare Ogm (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania), per un totale di 129 mila ettari, una percentuale minima della superficie agricola comunitaria. Peraltro, nonostante la superficie coltivata a Ogm sia aumentata nel 2012 rispetto al 2011, l'aumento è molto minore rispetto a quello registrato l'anno scorso (+13% nel 2012 contro un +26% nel 2011).

Sulla situazione europea rimane ancora in sospeso la questione del rinnovo del mais gm MON810, l’unica pianta al momento approvata per la coltivazione in UE. L’approvazione per la sua coltivazione è scaduta nel 2008, ma, nei termini previsti dalla legge, la Monsanto, produttrice delle sementi, ha fatto domanda di rinnovo; la Commissione Europea tarda ora a prendere una decisione sul tema e finché non lo fa, i semi del MON 810 possono continuare a essere venduti e seminati. Una decisione molto attesa, insomma, che in un modo o in un altro non potrà non avere ripercussioni significative sul sistema agricolo europeo.

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Articolo pubblicato il 12/03/2013