“La Torino noir” vista e narrata da Milo Julini
La pianta dell'isolato San Federico

Gli scheletri del Vicolo Tre Quartini (Torino, 1932)

Questa storia inizia e si conclude a Torino, nel gennaio del 1932 durante i lavori di demolizione dell’isolato di San Federico per la costruzione della nuova via Roma. L’isolato di San Federico, compreso tra le vie Roma, Santa Teresa, XX Settembre e Bertola, oggi ospita la galleria San Federico e lo storico cinema Lux; dal 1934 al 1968 è stato la sede, non del tutto dimenticata, del quotidiano torinese La Stampa.

 

Prima della costruzione del primo tratto della nuova via Roma (1931-1933), l’isolato di San Federico contava ben tre squallidi vicoli. Sul lato prospiciente via Roma e piazza San Carlo, questo isolato aveva qualche eleganza: in via Santa Teresa vi era l’ingresso della galleria Natta, opera dell’architetto Barnaba Panizza, aperta al pubblico nel 1858, che prendeva il nome dal marchese Natta di Alfiano, che l’aveva fatta costruire.

 

Dal 1876, era stata chiamata galleria Geisser, dal nome del successivo proprietario dello stabile. Era una versione in miniatura della attuale galleria San Federico: alta 9 metri e larga 5, era coperta da cristalli ed aveva un percorso a “elle” per cui si entrava da via Santa Teresa e si voltava a destra per uscire in via Roma. Al posto del tronco nord della attuale galleria che sbuca in via Bertola, la galleria Natta si apriva nel fetido e malsano vicolo dei Tre Quartini, in corrispondenza della via Viotti.

 

Sempre in via Bertola, procedendo in direzione di via XX Settembre, l’isolato di San Federico ospitava anche il vicolo delle Tre Stelle, il cui nome, come per i Tre Quartini, derivava da una antica osteria. Il terzo vicolo dell’isolato di San Federico originava dalla via XX Settembre, all’incirca in corrispondenza dell’attuale portone del civico 54: era il vicolo di San Maurizio, popolarmente detto vicolo dei Sotterratori.

 

Nel 1932, l’isolato di San Federico è di proprietà del senatore Giovanni Agnelli che lo ha destinato ad ospitare il quotidiano La Stampa. È prevista la costruzione della galleria San Federico dove vi era la galleria Natta ma con una pianta a “T” e non più a “L”: il progetto prevede infatti la realizzazione di un braccio che sostituirà il vicolo dei Tre Quartini per aprirsi sulla via Bertola.

 

La sinistra scoperta di uno scheletro umano nelle fondamenta dell’isolato San Federico, avviene il 15 gennaio 1932. La demolizione di tutti i vecchi edifici è già avvenuta e procedono alacremente gli scavi per ottenere i locali sotterranei delle nuove costruzioni. Lo scheletro viene trovato dove il vicolo dei Tre Quartini si apriva nella via Bertola, proprio in corrispondenza del portico di via Viotti, già risanata ed abbellita con la costruzione dei portici su di un lato, durante la realizzazione della via Pietro Micca nel 1897.

 

In questo punto fervono ora i lavori: una squadra di operai piccona le vecchie fondamenta e approfondisce lo scavo, il materiale di risulta viene sollevato da un tapis-roulant azionato da un motore elettrico e così viene caricato sui camion parcheggiati in via Bertola angolo via Viotti. Lo spettacolo ‘tecnologico’ è insolito per l’epoca ed attira una piccola folla di curiosi.

 

Un operaio sta lavorando col piccone nella terra presso le fondamenta del vicolo Tre Quartini, a due o tre metri dall’angolo con via Bertola, quando sente che la punta dell’attrezzo penetra in una cavità. Procede nel lavoro, mette allo scoperto una piccola nicchia, ricavata completamente nella terra, a due o tre metri di profondità, e non rivestita da muratura: dentro questa buca, scopre delle ossa.

 

Lo scheletro viene così alla luce verso le 17,30. Subito l’operaio interrompe il lavoro e avvisa il capo-squadra della sua scoperta. Con cautela, le ossa, in apparenza umane, vengono portate allo scoperto. Intanto è stata avvertito il Municipio, che manda un medico sul posto, mentre interviene un vigile urbano. Il medico esamina le ossa dello scheletro e giudica che si tratti di una persona morta da almeno cinquant’anni e, dopo il suo sommario esame, non si pronuncia sul sesso del morto.

 

Ma, chi ha potuto osservare il teschio, intatto, e in particolare la sua dentatura, completa e assai robusta, ritiene che si tratti dei resti di un uomo giovane. Ma l’ultima parola spetta ai periti medici dell’Istituto di Medicina Legale, dove i miseri resti sono stati trasportati. Indaga anche la Polizia: si è recato sul posto il cavalier Adone, commissario della Sezione di Pubblica Sicurezza Dora, che ha condotto i suoi accertamenti insieme al medico.

 

Per indagini più approfondite sarebbe stato necessario uno stop ai lavori: ma questi procedono a ritmo serrato, anche di notte. Così, in serata, vengono trovate altre ossa, vicino alla nicchia ed evidentemente appartenenti allo stesso scheletro. Anche queste sono portate alla Medicina Legale.

 

Pare non ci siano dubbi che si tratti di un delitto. Lo fa pensare il modo con cui il cadavere è stato sepolto: lo scheletro non è stato rinvenuto internamente alle fondamenta, ma esternamente, cioè il cadavere non è stato sepolto nella cantina, ma al di fuori, sotto la strada e trasversalmente ad essa. L’assassino, per nascondere la sua vittima, ha rimosso nella cantina una parte del muro in corrispondenza del vicolo per ottenere un’apertura abbastanza larga, ha scavato un buco nella terra oltre il muro, in direzione perpendicolare, perché evidentemente gli risultava più agevole.

 

Quando la buca è stata larga e lunga a sufficienza, vi ha deposto il cadavere poi vi ha gettato sopra la terra di risulta ed ha ricostruito la parte di muro da lui perforata: durante i lavori del giorno precedente, infatti, le fondamenta non hanno presentato nessuna apertura.

 

La piccola nicchia del terreno dove lo scheletro è stato scoperto si è formata con la progressiva decomposizione, quando del corpo sono rimaste soltanto le ossa, mentre la cavità che lo alloggiava ne riproduceva, all’incirca, forma e volume.

La scoperta suscita sensazione nel rione. La gente del posto inizia subito a parlare di una delitto ma nemmeno i più anziani fra i residenti, ricordano qualche avvenimento che appaia connesso col macabro ritrovamento.

 

Secondo il cronista che dà la notizia, sono assai poche le probabilità che le indagini sul misterioso caso portino a risultati concreti. Ricorda un altro analogo episodio misterioso: l’anno precedente è stato scoperto uno scheletro di donna durante i lavori di demolizione di una casa in via Luisa del Carretto, e il caso è rimasto insoluto.

 

Dopo il trasporto dello scheletro all’Istituto di Medicina Legale, i lavori riprendono e continuano, al solito, per tutta la notte. Nelle prime ore del mattino del 16 gennaio ricominciano gli scavi nel punto dove è stato trovato lo scheletro e gli operai trovano altre ossa umane. Un’altra volta viene chiamato l’assistente che fa sospendere i lavori e informa le autorità del secondo ritrovamento.

 

Il medico municipale che esamina queste nuove ossa dice di ritenere che si tratti dello scheletro di una donna, sepolto una cinquantina d’anni prima. Non vi sono dubbi che i due cadaveri siano stati seppelliti contemporaneamente, uno vicino all’altro, sotto il fondo stradale del vicolo, dove per cinquant’anni la gente è passata, ignara, sulla loro ‘tomba’.

 

Per gli scheletri del Vicolo Tre Quartini la voce popolare non riesce a trovare una suggestiva ipotesi. Più interessante appare oggi il commento del cronista: nel 1932, infatti, il regime fascista ritiene che la stampa debba esaltare gli aspetti migliori della vita e non diffonderne nella collettività le espressioni più misere, tristi o penose. Il regime non ama le notizie di cronaca nera ed impone di minimizzarle, anche per indurre un falso senso di sicurezza nell’opinione pubblica.

Tuttavia, la notizia del ritrovamento dei due scheletri appare su La Stampa il 16 e il 17 gennaio del 1932 ed ha un certo spazio.

 

Il cronista, sempre scettico sui risultati concreti delle indagini, si augura che i periti nell’esaminare gli scheletri, possano trovare qualche lesione che permetta almeno di determinare con quale arma siano stati uccisi i due sventurati. Sarebbe stata necessaria, alla Medicina Legale di Torino, la presenza di Temperance Brennan, il medico legale che analizza le ossa delle vittime di morte violenta creato dalla fantasia di Kathy Reichs!

Chi erano quell’uomo e quella donna, ammesso che fossero effettivamente una coppia - si chiede il cronista - e come e da chi sono stati uccisi? La scoperta di un secondo scheletro nella stesso punto estende la sfera degli interrogativi: quali erano le relazioni fra i due disgraziati? Si è trattato forse di una vendetta crudele? Ma queste domande, sempre secondo il cronista, ciascuno può rispondere affidandosi alla sua fantasia…

Il cronista forse ricorda che Carolina Invernizio, in un suo romanzo, aveva immaginato il ritrovamento, in una nicchia chiusa, degli scheletri di due amanti che il marito, per vendetta, aveva murato vivi. Ma questo è soltanto un nostro volo pindarico. Una cosa è certa: se i libri di Antonio Parisi (2011), di Gigi Moncalvo (2009 e 2012) e di Giorgio Caponetti (2011) accusano il senatore Giovanni Agnelli di avere degli scheletri nell’armadio, noi possiamo dire con certezza che ne aveva due, nell’isolato di sua proprietà…

 

 

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Articolo pubblicato il 11/03/2013