La vera emergenza
Scene sempre più frequenti

L'analisi di Michele Paolo Pastore

… pensavo che con la fine della campagna elettorale, finalmente si sarebbe entrati nel merito degli interventi urgenti e necessari per riavviare l’economia del Paese.

Tocca constatare che l’attenzione ancora una volta si è focalizzata sugli aspetti meramente politici, costringendo gli operatori economici ad un ulteriore attesa.

Personalmente anch’io sono convinto che “costi della politica” e “legge elettorale” sono diventati prerequisiti indispensabili e necessari: necessari per ridare credibilità ad una classe politica (ma sugli effetti di qualunque legge sul finanziamento pubblico ai partiti potremo valutarne gli effetti solo tra 5- 10 anni), indispensabili per dare un governo stabile al paese.

Ma nel frattempo il tempo passa inesorabile e, da fine 2008, l’economia reale non trova rimedi alla crisi che ormai lambisce tutti i settori.

I margini economici continuano ad assottigliarsi e le perdite di bilancio consumano inesorabilmente i patrimoni delle aziende, sempre più esauste ed incapaci di reagire senza nuovi strumenti a supporto dell’attività d’impresa.

Senza necessità di entrare nel merito dei disastrosi numeri che ci raccontano gli effetti della crisi, è facile intuire che ogni impresa che chiude, (micro, media o grande che sia) significa minori posti di lavoro, minori contributi pagati allo stato, tasse e imposte non introitate dall’amministrazione pubblica, minore ricchezza prodotta dal paese, meno risorse per l’amministrazione pubblica oltre ai rischi, importanti, alla tenuta finanziaria dello stato Italia.

Quanto può durare questo stato di paralisi istituzionale senza compromettere in maniera permanente la capacità economica del paese?

La risposta è chiara a tutti: poco, pochissimo.

La vera emergenza è pensare che questo processo sia inesorabile!

Occorre agire, bene e subito.

Indipendentemente dalle maggioranze che si formeranno in parlamento, occorre rimettere al centro dell’attenzione e del programma di governo la capacità di fare impresa per il paese Italia, lavorando contemporaneamente sia per ricreare i presupposti di competitività delle aziende esistenti, sia per incentivare la creazione diffusa di nuove imprese e nuove iniziative (le cosiddette “start up”).

Nel merito è necessario creare “tavoli” di lavoro per singolo settore merceologico, in cui gli attori interessati, unitamente a sindacati e governo, concertino ed indentifichino gli interventi normativi più idonei ad eliminare costi burocratici e propongano nuovi interventi di tutela del valore delle imprese oggi in difficoltà.

Nel contempo sarà d’obbligo identificare le modalità per recuperare risorse necessarie a ridurre il carico fiscale e contributivo delle aziende, senza penalizzare ulteriormente le categorie che già oggi hanno pagato maggiormente i costi del rigore di bilancio.

E’ necessario incentivare gli investimenti in innovazione, ecologia e tecnologia ed obbligare la ricerca a finalizzare i propri brevetti.

Rimessa in moto l’economia reale, create nuove risorse e nuovi posti di lavoro, potremo anche pensare di affrontare gli innumerevoli problemi dimenticati e mai risolti del Paese.

L’alternativa?

La stiamo vivendo….

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 07/03/2013