“La Torino noir” vista e narrata da Milo Julini
Piazza Hermada

Lo scheletro di donna di via Luisa del Carretto (1931)

La piazza Hermada, al fondo di corso Giuseppe Gabetti, è una zona di Torino legata al vecchio cinema torinese. Quando questa zona si chiamava ancora del Ponte Trombetta, nel 1911 vi erano stati costruiti gli uffici e i teatri di posa della casa di produzione cinematografica Itala Film: giganteschi capannoni di ferro e vetro che oggi ci ricordano delle eleganti serre.

 

L’attuale via Luisa del Carretto si chiamava strada privata Itala Film. In questa zona sono avvenuti due episodi che potrebbero costituire la trama di due film, uno in stile “commedia all’italiana” ed uno del genere horror.

 

Il primo episodio è il clamoroso furto di pellicce ai danni delle sorelle Gori, avvenuto nel 1914. Una banda di ladri, dopo avere rubato pellicce per un valore astronomico di 63 mila lire, tenta di venderle all’astuto commissario di polizia Achille Intaglietta che si è presentato come un ricettatore disposto a pagarle bene. Morale: il furto è stato commesso nella notte tra il 10 e l’11 dicembre e già al 15 dicembre la maggior parte dei ladri delle pellicce sono stati arrestati e le pellicce recuperate. La refurtiva era nascosta in una casa di corso Quintino Sella al n. 20. Un vero colpo degno dei “soliti ignoti”, una storia divertente ma che racconteremo un’altra volta.

 

Oggi preferisco narrare la trama del film horror che emerge, invece, alcuni anni dopo in seguito al fervore di rinnovamento della viabilità cittadina torinese, anche periferica. Nell’aprile del 1931 e precisamente il giorno 14, fervono i lavori per abbattere la casa posta al numero 8 di via Val San Martino. Il Municipio ha deciso di acquistarla per abbatterla in modo da poter aprire il passaggio fra la strada Val San Martino e la via Luisa del Carretto.

 

Gli operai lavorano ormai da alcuni giorni alla demolizione, hanno già tolto di mezzo parte del muretto di cinta tanto che è possibile il passaggio pedonale fra le due strade. Della casa sono stati abbattuti i muri fino all’altezza del primo piano.

Il 14 aprile, verso le ore 18, gli operai iniziano a demolire un balcone del primo piano che si affaccia sul piccolo cortile in corrispondenza del cancello dell’ingresso. Quando tolgono le due mensole di pietra che sostengono il balcone, vedono delle ossa cadere a terra insieme ai calcinacci. Tra la meraviglia ed il turbamento degli operai, si capisce subito che sono ossa umane e i lavori vengono subito sospesi.

 

Arrivano il cavalier Patti, commissario di polizia della Sezione Borgo Po, e il dottor Andruetto, medico municipale. I due procedono ai primi accertamenti del caso, mentre la notizia del macabro ritrovamento si sparge e dai dintorni accorrono numerosi curiosi. Le ossa cadute sono accuratamente raccolte. Ma non sono le sole: nei vani corrispondenti alle due mensole del balcone vengono trovate nuove ossa che sono messe insieme alle precedenti per l’esame medico. Il dottor Andruetto stabilisce che si tratta dello scheletro di una giovane donna, il cui cadavere è stato murato circa 25 anni prima. Dopo le constatazioni legali, i resti vengono trasportati all’Istituto di Medicina Legale e sono avvertite l’Autorità Giudiziaria e di Pubblica Sicurezza.

 

Questo macabro ritrovamento suscita nella località una comprensibile sensazione e fra gli abitanti del luogo ben presto iniziano i commenti più diversi. Sicuramente si è di fronte ad un crimine, su questo non vi sono dubbi: il corpo della povera giovane è stato tagliato in due pezzi, poi murati in due diversi punti, utilizzando due cavità preesistenti del muro della casa. Il muro esterno, infatti, è stato costruito con due vuoti o “cassoni”, disposti verticalmente, che dall’altezza del tetto scendevano fino a livello del pavimento del primo piano, in corrispondenza delle mensole di sostegno del balcone. Si tratta di due grossi “tubi” verticali che percorrevano il muro fin dalla sua costruzione.

 

Questi due vani, che hanno accolto i due monconi del cadavere, non sono quindi stati praticati appositamente ma l’assassino, o gli assassini, li hanno trovati già pronti. Ecco perché il muro non era stato neppure parzialmente demolito per essere poi ricostruito, né dall’esterno né dall’interno e non presentava nessun segno di accomodamento in corrispondenza delle due lugubri cavità. Con ogni probabilità, l’assassino, o gli assassini, dopo aver fatto a pezzi il cadavere, hanno gettato le due metà nei “cassoni” dalla loro apertura superiore, in corrispondenza del solaio, poi le hanno accuratamente murate. Il processo di decomposizione del cadavere è così avvenuto senza che all’interno della casa si percepissero fetori sospetti.

 

In verità, sul muro della casa era sempre stato notato un particolare che ora può essere ricollegato al macabro ritrovaménto. In corrispondenza delle mensole del balcone si osservavano due macchie di umidità e anche all’interno della camera che dava adito al balcone, due macchie, attribuite ad umidità, alteravano la parete. Gli inquilini si lamentavano e si preoccupavano di queste macchie, ma certo nessuno di loro poteva immaginarne la raccapricciante origine! Erano, senza dubbio, la conseguenza della decomposizione del corpo della vittima del delitto, emerso dopo tanti anni.

 

Se appare abbastanza agevole appurare il modus operandi degli assassini, sicuramente crudele ma certo razionale ed efficiente, è per contro molto difficile formulare delle ipotesi sulla loro identità. La casa in demolizione, costruita trentun’anni prima, è una costruzione modesta e, nel tempo, è stata data in affitto a vari inquilini con un turnover piuttosto frequente, tanto da rendere malagevole la ricostruzione di un loro dettagliato elenco.

 

Alcune persone già anziane che abitano da lungo tempo nella zona del Ponte Trombetta dicono di non ricordare che una giovane donne abitante da quelle parti fosse improvvisamente scomparsa. Si deve quindi pensare che la vittima abitasse altrove e questo elemento accresce il mistero e fa scatenare commenti e discussioni.

 

Per lo scheletro di via Luisa del Carretto la voce popolare riesce a trovare ben presto una suggestiva ipotesi: ad alcuni anziani residenti torna alla mente il clamoroso arresto dei ladri di pellicce delle sorelle Gori, avvenuto - dicono - proprio in via Val San Martino, nella casa dello scheletro mentre la refurtiva era stata trovata in una casa di corso Quintino Sella. Così la gente del posto conclude col mettere in relazione la rocambolesca storia del furto alle sorelle Gori con il delitto appena scoperto.

 

Le indagini dell’autorità giudiziaria non porteranno a nessun risultato.

 

Noi proponiamo questa vicenda, sommessamente, come idea per una trama ai tanti volenterosi scrittori torinesi di romanzi gialli …

 

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Articolo pubblicato il 25/02/2013