Sogno di una notte di mezzo autunno
Foto di repertorio

A rimetterci devono sempre essere i soliti

Se in conti non tornano, vuol dire che a rimetterci devono sempre essere i soliti, non ancora sospetti, che come burattini sono mossi non a compassione, ma a mera discrezione dei burattinai.

A farne le spese sono stati i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche che hanno per un attimo sorriso e creduto di poter essere paragonati ai dipendenti privati nella quantificazione del TFR per poi essere burlati e sbeffeggiati, come nei più classici cinepanettoni.

 

Ma iniziamo col seguire un certo senso logico delle vicende di questo sogno di una notte di mezzo autunno.

La normativa aveva previsto, sino alla data del 31 dicembre 2010, un accantonamento complessivo, da parte del datore di lavoro, del 9,60% sull’80% della retribuzione lorda, con una trattenuta a carico del dipendente dell’Amministrazione pari al 2,50% da calcolarsi sempre sull’80% della retribuzione.

 

Con riferimento agli interventi previdenziali il D.L. 31 maggio 2010, n.78, l’art. 12, comma 10 prevede che con “Con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (…) per i quali il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive non è già regolato in base a quanto previsto dall’art. 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto, il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile, con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento”. L’articolo sopra menzionato ha previsto, quindi, che il computo dei trattamenti di fine servizio del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche, che non sia già sottoposto al regime TFR, a partire dalle anzianità contributive maturate dal 1° gennaio 2011, si effettui secondo le regole di cui all’art. 2120 c.c. concernente il trattamento di fine rapporto.

 

La normativa ha, apparentemente, modificato la materia previdenziale prevedendo che, dal 1° gennaio 2011, non sarebbe stata più legittima la ritenuta del 2,5% sull’80% della retribuzione dei lavoratori delle amministrazioni pubbliche con al conseguente illegittimità del cumulo dei due istituti, ovvero la trattenuta del 2,50% sull’80% dei redditi, in aggiunta all’istituto previsto dalla Legge 122/2010.

Una ulteriore conferma a tale indirizzo arriva dalla sentenza n. 53/2012 che ha sancito “la nuova normativa possiede ed esplicita un chiaro effetto novativo dell’istituto, dal momento che disciplina ex novo la medesima materia, introducendo una differente modulazione del  contributo, esaustivamente regolata richiamando la disciplina dell’art. 2120 c.c., e dunque la disciplina civilistica del trattamento di fine rapporto, nell’ambito della quale la rivalsa del 2,50% a carico dei dipendenti non è praticata, perché non prevista in alcun modo”.

 

E’ stato oltremodo osservato dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n.223 dell’11 ottobre 2012, che “fino al 31 dicembre 2010 la normativa imponeva al datore di lavoro pubblico un accantonamento complessivo del 9,60% sull’80% della retribuzione lorda, con una trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50%, calcolato sempre sull’80% della retribuzione. La differente normativa pregressa prevedeva dunque un accantonamento determinato su una base di computo inferiore e, a fronte di un miglior trattamento di fine rapporto, esigeva la rivalsa sul dipendente di cui si discute. Nel nuovo assetto dell’istituto determinato dalla norma impugnata, invece, la percentuale di accantonamento opera sull’intera retribuzione, con la conseguenza che il mantenimento della rivalsa sul dipendente, in assenza peraltro della ‘fascia esente’, determina una diminuzione della retribuzione e, nel contempo, la diminuzione della quantità del TFR maturata nel tempo”.

 

La Sentenza conclude riconoscendo “… allo Stato una riduzione dell’accantonamento, irragionevole perché non collegata con la qualità e quantità del lavoro prestato e perché – a parità di retribuzione – determina un ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, non sottoposti a rivalsa da parte del datore di lavoro, la disposizione impugnata viola per ciò stesso gli articoli 3 e 36 della Costituzione”.

 

E’ stata quindi pronunciata l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 10, del D.L. n. 78 del 2010 “nella parte in cui non esclude l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva, prevista dall’art. 37, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032”. Tale norma è specifica per la “indennità di buonuscita del personale statale, per gli enti locali l’istituto è definito “indennità premio di servizio” e la norma regolatrice è la legge 8 marzo 1968, n. 152, che, all’articolo 11, stabilisce la ritenuta nella identica percentuale.

 

A questo punto essendo stata ritenuta illegittima la trattenuta del 2,50% da parte dell’Amministrazione vi è stato un sussulto generale, si erano aperte le porte per una nuova rivoluzione copernicana; in men che non si dica tutte le sigle sindacali hanno fatto una corsa per predisporre modulistica varia al fine di intimare e diffidare le singole Amministrazioni a voler provvedere all’immediata cessazione della ritenuta del 2,5% sull’80% della retribuzione, illegittimamente praticata, e la restituzione degli importi fino a quel momento trattenuti dal 1° gennaio 2011, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi di legge maturati dalla data di ciascun periodo.

 

Tale dichiarazione era sempre accompagnata da un’ultima sottile minaccia nella quale ci si riservava di agire innanzi alle sedi giudiziarie competenti.

Ciò che Annibale fece nel 218 a.C. giurando all’inizio della campagna ” Io metterò tutto a ferro e fuoco per arrestare il destino di Roma,” forse era ancora poco paragonandolo al vento di guerra che si poteva percepire nell’aria…

 

Ma come nelle migliori partite di poker c’è sempre chi ci fa credere di vincere per poi, nel massimo della tensione, tira fuori un asso dalla manica e ci fa capire che siamo stati abbagliati da una facile vittoria e niente più. Infatti il Consiglio dei ministri, considerato il forte impatto economico della Sentenza n. 223, ha deliberato con una velocità da far rimanere impietrito anche Bolt un Decreto Legge ad hoc il 26/10/2012, dal titolo assai poco rassicurante “Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici”.

 

Sono stati infatti presi i seguenti provvedimenti: - Ripristino del trattamento di fine servizio (TFS) a decorrere dal gennaio 2011; - Riliquidazione del trattamento di fine servizio (TFR), ora di nuovo TFS, per dipendenti che sono andati in pensione o hanno lasciato gli enti pubblici nel biennio 20112-2012; - Estinzione di tutti i processi in corso sul caso relativo alla trattenuta TFR del 2,5%.

 

Quindi i dipendenti pubblici tornano al trattamento di fine servizio, come se non fosse mai stato applicato il trattamento di fine rapporto; il Governo ha infatti ripristinato il vecchio sistema relativo al TFS che prevedeva la tanto contestata trattenuta. A seguito quindi dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 185/2012 nulla cambia per quanto riguarda l’assolvimento degli obblighi contributivi, poiché, essendo state ripristinate le regole previgenti a quelle introdotte dall’art. 12, comma 10, del D.L. 78/2012, il contributo previdenziale sulla retribuzione contributiva utile rimane dovuto, anche per il periodo successivo al 31 dicembre 2010 sia per i dipendenti in servizio, sia per quelli cessati successivamente al 31.12.2010.

Nel vivere mesi di attesa per ripristinare le singole situazioni contributive di alcuni clienti, l’arrivo del Decreto Legge 78/2012 ha gelato all’istante mesi di studio e di fatiche… ha iniziato quindi echeggiava nella mente una frase significativa tratta un capolavoro di Bryan Singer, I soliti sospetti che sembrava riassumere in maniera precisa ciò che era accaduto “Il più grande inganno che il diavolo ha fatto all'umanità, è stato fargli credere di non esistere… e c

                                                                                                                          Roberto PIzziconi

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Articolo pubblicato il 15/02/2013