Catania: architetti e ingegneri contro lo spreco di idee

Progetti per la città? Chiusi in un cassetto

Fonte: CTzen.it

«Un dibattito costruttivo sul destino dei tanti concorsi che hanno visto Catania al centro di una raccolta di idee». E’ l’idea lanciata su Facebook da quattro architetti e ingegneri catanesi e che è subito rimbalzata tra le bacheche di colleghi e studenti. Perché a conti fatti, negli ultimi vent’anni, nessuno dei progetti per la città vincitori di concorso è mai stato realizzato. Una perdita per i professionisti ma anche per la collettività, secondo gli architetti Andrè Balla e Roberto Forte e gli ingegneri Simona Calvagna e Andrea Guardo, primi firmatari di un documento che ha dato origine alla pagina Facebook Scusi architetto/ingegnere, mi da un’idea? . Lanciato il 27 dicembre, il gruppo oggi conta circa 400 membri tra professionisti, studenti, aspiranti e semplici cittadini curiosi. Un modo per ragionare insieme e capire quale parte del meccanismo continui a incepparsi. Nella speranza di un intervento o anche solo di un’opinione da parte degli Ordini professionali e del Comune di Catania, ancora non intervenuti.

Ma l’idea dei quattro – appartenenti a due diversi studi: quello omonimo di Balla e Calvagna e lo Zero architetti di Forte e Guardo – è di discutere senza polemiche: né con l’amministrazione etnea, che bandisce i concorsi, né con i rispettivi ordini professionali, che spesso li patrocinano. Lo spunto per esprimere il loro malcontento viene proprio dall’ultimo concorso bandito dagli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti: 101 idee per Catania. Le ennesime. «Ma la nostra non è un’accusa, perché il problema è tanto profondo quanto antico», sottolineano in coro. E uno dei primi documenti pubblicati sulla pagina Facebook è stata infatti una cronistoria dei concorsi mancati: 14 solo negli ultimi vent’anni. Sotto amministrazioni e vertici professionali diversi. Ci sono progetti europei, quelli per le cinque piazze botaniche cittadine e due per la zona Sud del quartiere San Cristoforo. «Secondo i dati Europan (organizzazione che bandisce competizioni europee a tema urbanistico ndr), l’Italia realizza il 40 per cento dei progetti vincitori – spiega Andrè Balla – Una media non male, dietro solo alla Spagna e alla Francia, ma fortemente abbassata dai dati catanesi, dove in sei edizioni nessun progetto è mai stato realizzato».

Né fisicamente, né come spunto per studi urbanistici successivi. «A volte non si arriva nemmeno a fare una mostra o un catalogo – spiega Guardo – Che non sono solo la prova del credito acquisito dai professionisti, ma anche occasioni di dibattito e confronto con i cittadini che andranno poi ad usufruire dei nostri progetti. Per non fare piazze cadute dal cielo, per capirci. Anche questi sono modi di fare cultura». E invece i progetti restano abbandonati nei cassetti, anche quando i finanziamenti sono già pronti. Lo sanno bene i quattro: vincitori Forte e Guardo della competizione di idee per una delle cinque piazze catanesi in concorso e Balla e Galvagna per una scuola a San Cristoforo. «In quei progetti ci sono ore di lavoro, passione e competenze spesi ma anche occasioni mancate per la città, che invece avrebbe bisogno di tanto», commenta Guardo. «Ma all’impegno dei partecipanti deve corrispondere anche l’impegno di chi questi progetti li promuove», gli fa eco Balla.

Difficile trovare un’unica causa del problema. «In molti casi servivano solo la volontà politica – analizza Forte – e una migliore programmazione». Soprattutto economica. Perché, per ogni concorso, l’amministrazione sborsa delle cifre consistenti per la giuria, la pubblicità, i premi e i rimborsi spese per chi partecipa, se previsti. Investimenti persi, se poi il progetto resta carta straccia in un cassetto o le cifre a esso destinate vengono stornate in altri capitoli di bilancio. Un malcostume a cui si può ancora porre un freno. Soprattutto nel momento in cui a Catania si discute del nuovo piano regolatore, dopo quasi 50 anni. «Un progetto che potrebbe cambiare la storia della città – spiega Forte – Noi non pretendiamo che il piano cominci proprio da quei progetti vincitori di concorso e mai realizzati, ma sono stati almeno considerati o verranno buttati in un cestino?». Disegni e idee che oggi, comunque, andrebbero riadattati se non ripensati da zero. Per il diverso prezzo delle materie prime, della burocrazia e degli aggiornamenti normativi. «Eppure noi pensiamo ancora che i concorsi di idee siano il metodo migliore per garantire democrazia e qualità», conclude Balla.

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Articolo pubblicato il 09/02/2013