Mali, la diaspora dei tuareg

Traditi dai qaedisti. Odiati dall'esercito maliano. Ora i guerrieri del deserto rischiano di rimanere vittime della jihad

Fonte: Lettera43

Volevano una Catalogna del deserto abitata da “bianchi” berberi. Nomade e laica come, per cultura, fondamentalmente sono le leggendarie tribù dei guerrieri del deserto.
Ma i tuareg hanno abbandonato i liuti e le chitarre elettriche della musica ancestrale per imbracciare i fucili e stringere un patto del diavolo con i jihadisti. Perché il sogno degli Anni 60, proclamare uno Stato libero dell'Azawad nel Nord del Mali, sembrava a portata di mano.
Le armi libiche abbondavano nel deserto. I mujaheddin di al Qaeda erano pronti a dar loro man forte. E compagni tuareg come il ribelle Iyad ag Ghali, passato tra le fila degli islamisti di Ansar Dine, potevano servire a chiudere il cerchio.
JIHADISTI CONTRO I TUAREG. Invece la quadratura non c'è stata. La sharia e la legge del taglione si sono rivelate incompatibili con il loro popolo, e i capi tuareg hanno dovuto soccombere nella fulminea presa di Timbuctu .
Schiacciato dagli integralisti del Mujao (Movimento per l'unicità e la Jihad nell'Africa Occidentale), il Movimento nazionale per la liberazione dell'Azawad (Mnla) si è ritrovato sconfitto nella patria che voleva costruire.
Traditi dai qaedisti e odiati dall'esercito maliano, i tuareg hanno perso credibilità e prestigio. Assistendo, alla fine, al disintegrarsi della loro identità millenaria, in una lotta quasi fratricida tra fazioni.
RAPPRESAGLIE DELL'ESERCITO. Nel Mali del Sud, si incolpano i tuareg per aver regalato mezzo Paese ai gruppi di al Qaeda nel Maghreb (Aqmi), come Mujao e Ansar Dine. Ma proprio dai jihadisti i tuareg sono stati martoriati e calpestati.
Tra le macerie di Timbuctu, dove si teneva lo storico Festival del deserto, i soldati francesi e maliani hanno ripreso il controllo dell'antica città. Ma tuareg e arabi, scampati alle rappresaglie jihadiste, scappano ora dalle vendette delle truppe regolari.

La sconfitta degli indipendentisti del Mali. Tuareg nel mirino di jihadisti e maliani

Organizzazioni non governative come Human rights watch hanno infatti denunciato esecuzioni sommarie di tuareg. E i generali dell'esercito hanno ammesso di punire severamente gli abusi dei soldati, contro miliziani e civili: dunque, le esecuzioni ci sono davvero.
Mentre i qaedisti in ritirata bruciavano migliaia di manoscritti antichi di Timbuctu (patrimonio Unesco dell'umanità), nell'estremo nord di Kidal le brigate tuareg laiche dell'Mnla hanno annunciato, in tono trionfale, di aver scacciato gli ex alleati di Ansar Dine dalla loro roccaforte.
Ma davanti a sé hanno trovato una città fantasma, orfana del proprio popolo. Proprio da Kidal oltre 25 mila tuareg sono fuggiti in massa verso l'Algeria, per scappare dai raid aerei e, a terra, dalle violenze indiscriminate delle truppe in arrivo.
LE VIOLENZE DELLA LIBERAZIONE. Gravi aggressioni contro i bianchi del deserto si erano già consumate nella capitale Bamako.
Villaggi arabi e berberi del Nord, durante la “liberazione”, avevano subìto saccheggi e abusi: le donne erano state violentate e i bambini reclutati come combattenti da tutti gli schieramenti.
La responsabilità di una simile barbarie è anche dei nomadi indipendentisti dell'Azawad. E i primi a saperlo sono le tribù vassalle di artigiani e pastori tuareg che, nella loro rigida società strutturata in caste, rimproverano ai signori fasciati di blu alleanze dubbie e commistioni d'affari pericolose con i predoni del Sahara, seguaci della jihad.
MERCENARI DI GHEDDAFI. Dopo la fallita rivolta degli Anni 90, molti guerrieri tuareg del Sahel si erano infatti rifugiati in Libia, vendendosi al soldo di Muammar Gheddafi. La degradazione del popolo, in fondo, era cominciata da lì. Dai guerrieri aristocratici diventati mercenari nel sottobosco di traffici, in mano anche ai salafiti e ai qaedisti nascosti nel Sahara.
«Se gli Ansar Dine sono tuareg come noi, perché ci hanno fatto tutto questo?», hanno raccontato, traumatizzati, gli abitanti di Timbuctu. «Sono entrati in centro, hanno razziato i negozi e terrorizzato la popolazione».
Mohamed, tuareg riparato tra i profughi del Burkina Faso, non perdona ai mercenari l'invasione della sua città. «Vivevamo di capre e cammelli, organizzavamo carovane per trasportare le merci nel deserto», ha raccontato alla stampa internazionale. Durante il festival di arti e musica di Essakane, «la mia famiglia vendeva pelli e stoffa della nostra cultura, accompagnava i turisti nel deserto».
LA RIVOLTA DEI TUAREG. Poi però musica e balli sono diventati vietati. Dalla scorsa estate, in migliaia sono fuggiti dal Nord del Mali, traumatizzati dalla furia jihadista. Eppure, questa folle guerra e l'avanzata jihadista sono partite proprio dalla rivolta dei tuareg nell'inverno del 2012.
Ambiguità e commistioni tra Mnla e islamisti non sono mai state sciolte. Così alle armi di Gheddafi si sono aggiunti i troppi petrodollari sauditi dei qaedisti wahabiti. Macchiando, forse in modo indelebile, la storica lotta dei tuareg dal gioco colonialista e per l'autonomia dell'Azawad.

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Articolo pubblicato il 29/01/2013