Essere tassato o non essere tassato, questo è il problema

“madame e monsieur le jeux sont faits”

 

Essere tassato o non essere tassato, questo è il problema

 

 

Un primo approccio alla materia della tassazione ai fini IRPEF delle somme percepite a titolo di risarcimento del danno porta ad intuire che il risarcimento del danno può avere una duplice accezione, ossia quella riferita alla perdita di un reddito e quella relativa ad una invalidità permanente.

Come direbbe il miglior croupier di Casinò madame e monsieur le jeux sont faits: basterebbe solo individuare ciò che è classificato come danno a seguito di perdita redditi, equiparate ai redditi imponibili e quindi tassabili, per evincere ciò che andrà o meno a tassazione… spartizione tutt’altro che agevole…

Infatti la definizione di danno deve essere dicotomizzata come danno emergente o lucro cessante, condizioni differenti che, appunto, danno vita a situazioni diametralmente opposte.

Entrando nel campo del lavoro iniziamo a riscontrare le differenze e le difficoltà nel provare a generare un pensiero definito e definibile giuridicamente.

In primis il riferimento sarà l’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi il quale al comma 1 recita:

Il reddito di lavoro dipendente e' costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d'imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono”.

Ne consegue che la problematica da risolvere coinciderà con il capire se l’indennità trattata sarà da tassare in maniera ordinaria, in quanto derivante da mero rapporto di lavoro, oppure assoggettarla ai sensi dell’art. 17 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi che prescrive di applicare la tassazione separata a tutte le “indennità a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, dei danni consistenti nella perdita di redditi relativi a più anni” o, infine, considerare l’importo in esame come esente da tassazione.

Quale sarà, dunque, la condizione necessaria per poter agire nel modo corretto? Cosa ci dovrà far propendere per una delle soluzioni summenzionate rispetto ad un’altra? Sicuramente, dopo queste premesse, il nostro punto di partenza sarà quello di fornire una definizione certa di ciò che sarà qualificato come ‘danno emergente’ e ‘lucro cessante’.

Un impulso di rilievo giunge sia dalla sentenza n. 11687 del 05/08/2002 in cui la Suprema Corte ha affermato che l’importo da erogare sarà da considerarsi come emolumento soggetto a tassazione, quindi definendolo come “lucro cessante”, a condizione “che risulti accertata la relativa fattuale destinazione a coprire un danno consistito nella perdita di redditi, e non un pregiudizio diverso”, sia dalla sentenza della Commissione Tributaria regionale Lombardia, n. 65 del 09 aprile 2012 che ha confermato come, da un punto di vista fiscale, dovrà essere intesa la natura risarcitoria, con conseguente esclusione di tassazione (danno emergente), solo il rimborso riguardante la diminuzione patrimoniale effettivamente subita.

Sintetizzando avremo quindi importi non soggetti a tassazione quando le indennità percepite saranno state erogate a titolo di risarcimento del danno che, per loro natura, non saranno identificate come elementi del rapporto di lavoro, mentre avremo importi soggetti ad imposizione IRPEF quantificazioni che, considerabili come lucro cessante, saranno state erogate in sostituzione di una perdita di reddito.

L’analisi fin d’ora effettuata ci conduce, in maniera del tutto naturale, a chiederci la giusta interpretazione da assegnare ai vari emolumenti erogati con le diverse finalità in costanza o in fase di cessazione del rapporto di lavoro.

Differente sorte avrà, ad esempio, una indennità corrisposta al lavoratore a titolo di risarcimento danni da demansionamento, ovvero a seguito di danno all’immagine professionale. Nel primo caso, la violazione dell’art. 2103 comporterà, in capo al datore di lavoro, l’obbligo di corrispondere una somma al lavoratore che dovrà essere qualificata come perdita di reddito e, quindi, tassabile ai sensi dell’art. 6, comma 2, DPR 917/86.

Diversamente un risarcimento danno erogato a fronte di una lesione dell’immagine professionale, causato da dequalificazione professionale, determinerà una mera funzione risarcitoria di un danno emergente; tale importo, quindi, non subirà alcuna tassazione.

Limitandosi a leggere l’art. 17 del D.P.R. 917/86 saremo pacificamente d’accordo nel considerare il trattamento di fine rapporto e tutte le altre indennità come l’indennità di preavviso, l’obbligo di non concorrenza o le transazioni relative alla risoluzione del rapporto di lavoro, alla stregua di somme soggette a tassazione.

Di una indennità v’è certezza, ossia dell’incentivo all’esodo. E’ indiscutibile, così come viene constatato anche dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro che, nel parere 20/2012, definendo l’incentivo all’esodo “una somma aggiuntiva, rispetto alle normali competenze spettanti, offerta al dipendente che accetta di risolvere anticipatamente il rapporto di lavoro, a titolo di corrispettivo per esodo volontario”, accertano, dunque, la tassazione con l’aliquota IRPEF del TFR, così come disciplinato dall’art. 19, comma 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Sarà di soccorso l’eccesso di zelo nel cercare soluzioni perfettibili ai molteplici casi che si manifesteranno dinnanzi a noi ovvero dovremmo fornire un’interpretazione a volte più generale, ma che ci tuteli maggiormente tassando qualsiasi somma che vorrà frapporsi dinanzi  al nostro cammino?

 

Dott. Roberto Pizziconi

Consulente del Lavoro

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 21/01/2013