Turchia, censurati i Simpson

Cnbc costretta a pagare una multa da 23 mila euro per un episodio ritenuto offensivo verso la religione

Fonte: La Stampa

Guai a chi tocca la sensibilità religiosa in Turchia. L’ultima vittima, in ordine di tempo, è stato il popolare cartone animato «The Simpsons». L’emittente turca Cnbc si è vista comminare una multa da 23 mila euro per aver trasmesso una puntata troppo irriverente. A deciderlo è stata la Rtuk, l’Alto consiglio per la Radio e la Televisione, che monitora i palinsesti.  

«Uno dei protagonisti - si legge nel rapporto della Rtuk - sta abusando della fede religiosa di un altro per fargli commettere dei crimini. La Bibbia è data pubblicamente alle fiamme e in una scena Dio e il Diavolo sono ritratti in corpi umani». La puntata in questione, secondo il Consiglio, era anche un pessimo esempio per i giovani perché incitava a consumare alcol a Capodanno.  

Non è la prima volta che si punta il dito contro un cartone. Era già successo qualche anno fa e quella volta ne aveva fatto le spese il povero Winnie the Pooh.Il tenero orsacchiotto era stato radiato dalla Tv di Stato per colpa del suo amico Piglet, che aveva l’irreparabile difetto di essere un maialino, quindi animale impuro per la religione islamica. Anche in quel caso si parlò di sensibilità offesa. 

Il pianista di fama internazionale, Fazil Say, rischia 18 mesi di carcere per aver fatto commenti sulla fede islamica su Twitter. Il musicista, notoriamente ateo, li ha attribuiti ad altri, dicendo che sono finiti sul suo profilo tramite il meccanismo del retweet. Ma hanno comunque colpito la sensibilità di una parte del popolo della rete, che ho ha denunciato.  

Insensibile anche Bahadir Baruter, vignettista del giornale satirico Penguen, accusato di aver «insultato i valori adottati da una parte della popolazione».Baruter ha provocato le ire degli ambienti più conservatori disegnando un imam e alcuni fedeli in una moschea, con uno di loro che parla al telefono, chiedendo ad Allah di non finire la preghiera perché ha mille commissioni da fare. Fra le decorazioni, in modo quasi impercettibile, si leggeva «Dio non esiste». Ma l’offesa alla sensibilità religiosa sì, e Baruter è finito sotto processo: rischia un anno di reclusione. 

 

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Articolo pubblicato il 04/12/2012