Basilea ... zero !

Ormai evoca solo la grande difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese italiane

“Basilea” di certo non ricorda più la cittadina svizzera (fonte Il Sole 24 ore). Ormai evoca solo la grande difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese italiane.

 

Gli accordi di Basilea, Basilea 2 e Basilea 3, pur nascendo col presupposto di arginare le crisi sistemiche del settore creditizio, di fatto si sono tradotti in un fenomeno di ampliamento dei cicli economici. Questo perché le regole di “Basilea”, così come definite dall’Accordo, sono pro-cicliche, cioè spingono le banche, in tempo di crisi, a ridurre l’erogazione del credito, rendendo ulteriormente critico il margine di manovra finanziario delle imprese e contribuendo a peggiorare il ciclo economico.

 

I requisiti richiesti da “Basilea” alle banche sono univoci e devono essere applicabili in modo uniforme in tutto il mondo finanziario, ma dobbiamo rimarcare la necessità di poter adattare l’Accordo alle singole nazioni per trovare riscontro in un sistema di appositi contrappesi in funzione delle specificità locali.

 

Se guardiamo ai modelli stranieri possiamo facilmente confrontarci con alcuni correttivi poco o non presenti nel nostro paese:

 

 - un sistema giudiziario che, da una parte presenta procedure di tutela e di recupero del credito tempestive, dall’altro si rifà ad una legge fallimentare che promuove il recupero piuttosto che l’uscita dal mercato da parte delle aziende in difficoltà;

- lo sviluppo di mercati dei capitali alternativi a quello bancario. Ci riferiamo al mercato borsistico per le Piccole Medie Imprese (PMI) dove, quotandosi, quest’ultime possono accedere al capitale di rischio senza dover necessariamente recuperare risorse finanziarie richiedendole al settore bancario;

 - l’incentivazione del Venture Capital, del Project Financing e del Private Equity. In estrema sintesi, il primo è il capitale che finanzia le nuove imprese (spesso definite anche “Start Up”); il secondo è il sistema utilizzato per creare opere di interesse pubblico con il coinvolgimento di capitali privati; il terzo è il capitale raccolto dai privati per investire nell’acquisto di aziende, contribuendo a rendere più liquido e più accessibile il mercato dei capitali.

Tutte modalità di incentivazione ad investire in nuove iniziative ed attività, prerequisito per creare nuova ricchezza e nuova occupazione.

 

Ma in Italia il fenomeno del difficile accesso al credito è sicuramente ampliato da alcune specificità della Pubblica Amministrazione. Innanzitutto i lunghissimi tempi di pagamento alle imprese: mediamente 180 giorni con punte di 1.500 giorni[1], superiori persino alla disastrata Grecia (174 giorni) e molto lontani dai 24 giorni della Finlandia e i 36 della Germania.

 

La cedibilità dei crediti della P.A., attuabile solo tramite atto pubblico, quindi dal notaio con relativi costi e tempi. Problema questo che contribuisce a rendere difficile lo smobilizzo del credito vantato dalle aziende nei confronti della P.A stessa. La non compensabilità tra crediti e debiti nei confronti della P.A. Le aziende sono obbligate a pagare tasse, imposte e contributi tassativamente alle scadenze previste, pur essendo creditrici dello stesso organo impositore.

Il contesto è decisamente penalizzante soprattutto per le Piccole e Medie Imprese (PMI) strette tra le cattive abitudine della P.A., la concorrenza e le “angherie” della grande Impresa.

 

A nostro modesto parere bisogna definire un percorso; se è pur vero che dal 2013 i pagamenti della Pubblica Amministrazione avverranno entro 30 giorni (ipotesi tutta da verificarsi), occorre anche stabilire un serio piano di rientro dello stock di debito arretrato, oggi pari a circa 90 miliardi di Euro! Il debito pregresso deve poter essere facilmente compensato in sede di pagamento delle tasse.

 

I crediti nei confronti della P.A. devono poter essere facilmente cedibili con scambio di corrispondenza certificata da parte dell’ente pubblico all’ente finanziatore, senza oneri per l’impresa; soprattutto e nell’immediato per le PMI. In considerazione della ciclicità del sistema, occorre pensare all’inserimento di appositi scudi ed incentivi fiscali, per favorire l’incremento del patrimonio delle imprese, a presidio delle potenziali perdite di periodo. Operazione questa che rientra nell’ambito delle politiche fiscali necessarie ad equilibrare il sistema finanziario.

 

Da ultimo occorre avere un occhio di riguardo ai Consorzi di Garanzia, la cui tenuta e sviluppo sono un sicuro volano di crescita per il sistema creditizio. Le regole vanno valutate a monte per gli effetti che avranno a posteriori e il contesto finanziario del Paese ha necessità di rivedere le proprie.

 

Se vogliamo, discutiamone pure a Basilea…

 

 

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Articolo pubblicato il 07/11/2012