Rosemma Torchio: un caso che fa riflettere
Rosemma Torchio

Sette mesi per un'ingessatura sbagliata

Da sette mesi, giorno in cui si verificò il malaugurato episodio, Rosemma Torchio, cittadina di San Salvario, lotta contro l'ennesimo episodio di malasanità e la burocrazia che le impedisce di poter ottenere un giusto risarcimento dall'Amministrazione comunale.

Su segnalazione del Consigliere della Circoscrizione 8 Maria Luciana Pronzato (Lega Padana Piemont) abbiamo contattato l'interessata per sapere da lei stessa come si sono svolti i fatti

I fatti, per l'appunto, che risalgono al 27 febbraio scorso, giorno in cui la Torchio, camminando sul marciapiede di Via Madama Cristina e giunta nei pressi dell'intersezione con corso Vittorio Emanuele ebbe la disavventura di entrare con un piede in un buco peraltro non segnalato e quindi assai pericoloso per l'icolumità dei passanti.

A causa di ciò la Torchio cadde procurandosi dei danni alla persona di cui ancora oggi ne soffre le conseguenze:

"Sono caduta malamente sul fianco destro con il piede incastrato nel buco cercando di proteggermi il viso con il braccio. Il braccio mi è rimasto sotto il corpo ed il piumino che indossavo (siamo a febbraio) ha attutito l'impatto salvando il femore".

Rosemma Torchio ha comunque riportato le fratture di tibia, perone e caviglia a cui si è aggiunta quella del mignolo della mano destra, rimasta schiacciata, che è quella che ancor oggi è causa di dolore persistente causato da uno sbaglio all'atto dell'ingessatura:

"Domani, 27 settembre, dovrò sottopormi ad un nuovo intervento presso una clinica di San Salvario nelle vicinanze dell'ospedale in cui ero stata ricoverata (tacciamo i nomi per correttezza) per vedere di eliminare se non altro il dolore fisico che continuo a dover sopportare nonostante i farmaci che ormai non fanno nemmeno più effetto".

In pratica alla Torchio è stato ingessato il mignolo della mano destra prima che le ossa interne (quinto radio) avessero ripreso l'allineamento naturale il che ha prodotto una malformazione che lei spera si possa eliminare; un episodio sicuramente riprovevole che non dovrebbe accadere ma che accade, e purtroppo non di rado, ed al quale diventa difficile dare una spiegazione.

Abbiamo perciò chiesto a Rosemma Torchio cosa ne potesse pensare:

"Secondo me è stato un insieme di cose, ma quella fondamentale è che l'ortopedico di servizio era già andato a casa per cui l'hanno dovuto richiamare facendomi attendere dalle 16,30, ora dell'arrivo al pronto soccorso, fino alle 23,30; poi, tra visite e radiografie, sono arrivate le 2 prima che mi ingessassero".

Tempi lunghi, quindi, per una sofferenza dolorosa che ha prodotto, inoltre, il riscontro negativo sul dito mignolo dalla cui radiografia appare il disallineamento delle ossa:

"L'ortopedico - ha proseguito Rosemma Torchio - m'ha preso il dito di sorpresa tirandomelo con forza e disponendo per l'ingessatura senza sincerarsi che ci fosse stato il riallineamento".

Quasi incredibile che si possa ritenere efficace un atto meccanico senza verifica per lo meno con una lastra locale prima di immobilizzare l'arto; ma la cosa più grave è che alla signora è stato suggerito di tenerlo unito all'anulare perchè in quel modo avrebbe recuperato la posizione naturale:

"Dopo trenta giorni di gesso e quindici con il ferretto di sostegno - ha insistito Rosemma Torchio - mi è stato detto che ormai il dito era perso senza darmi peraltro alcuna spiegazione specifica. Ora mi ritrovo a dover subire un'altra operazione perchè non posso stare con un dito che non si piega, mi duole molto e mi impdisce le normali attività del quotidiano. Oltre tutto non mi hanno garantito un recupero totale al cento per cento per  cui sono molto amareggiata, diciamo così, di questa situazione di cui non ho nessuna colpa".

Ma non finisce qui; al problema sanitario si è aggiunto quello del risarcimento del danno, legittimo in quanto causato dalla mancata segnalazione di una situazione di pericolo da parte del Comune:

"Quando ho presentato la domanda alla compagnia assicuratrice del Comune - ha proseguito la Torchio - mi è stato risposto che non ne avevo diritto in quanto ero caduta di giorno".

Una replica che definiremmo, a voler essere buoni, grottesca:

"Da come mi ha detto l'impiegata dell'assicurazione sembrava che la colpa fosse mia perchè dovevo sapere che in quel punto c'era un buco sul marciapiede".

Quasi come se i cittadini dovessero documentarsi su tutte le buche presenti sui marciapiedi per non andarci dentro; nella relazione che la Torchio ha ricevuto si legge:

"A seguito delle comunicazioni pervenute ......... le comunichiamo che non emergono profili di responsabilità a carico dell'Ente assicurato".

Risposta lapidaria e sconcertante, quasi una presa in giro come ha confermato Rosemma Torchio:

"Me l'hanno detto tutti; il problema è che per far ricorso devo farmi rappresentare da un avvocato e io non me lo posso permettere. Oltre tutto se vincessi la causa mi sarebbero quantificati e risarciti i danni ma non le spese di patrocinio legale. Purtroppo mi era stato promesso un interessamento in propositi, e taccio da parte di chi, ma nulla si è visto per cui dovrò arrangiarmi da sola".

Il problema sta nel fatto che Rosemma Torchio, con il male che stava provando, avrebbe dovevuto chiamare l'ambulanza ed i vigili che avrebbero certificato l'avvenuto ed avrebbero provveduto al ricovero. Tutto al condizionale; al presente c'è soltanto che il Comune ha provveduto immediatamente a chiudere il buco eliminando così il ... corpo del reato: il danno e le beffe:

"Purtroppo la situazione è questa; mi hanno subito soccorso due giovani che erano lì e mi hanno accompagnato nel bar vicino dove mi hanno dato subito del ghiaccio da mettere sulla gamba e sulla mano; ho poi telefonato nell'ufficio dove presto opera di volontariato ed è subito venuto un collega che mi ha portato all'ospedale. Per cui ho dei testimoni in merito all'accaduto ma non servono per ottenere il risarcimento dei danni; il mio collega l'ha visto il buco ma non avendo la possibilità in quel momento di scattare le foto non ho praticamente nulla tranne le immagini scattate giorni dopo quando il buco era stato chiuso".

Certo non è accettabile che le parole di una cittadina, confortate dalle testimonianze, vengano messe in discussione poichè non si è rispettata la prassi; certo è altrettanto che in momenti del genere si pensa  subito a rimediare al dolore fisico prima di qualsiasi altra cosa:

"D'altronde - ha proseguito la Torchio -  con i tempi che ho descritto avevo ben altro per la mente che andare a fotografare il buco. Oltre tutto avrei dovuto anche partecipare ad un lutto familiare per cui i miei pensieri erano tutt'altra cosa".

Id quod plerumque accidit, ciò che più frequentemente accade, è putroppo la situazione che Rosemma Torchio sta vivendo e che altri vivono in questo come in altri settori, episodi che purtroppo si ripetono troppo spesso, ma non hanno la giusta risonanza:

"Sono molto amareggiata e delusa - ha concluso Rosemma Torchio - perchè penso che i cittadini abbiano non soltanto dei doveri ma altrettanti diritti; tutto ciò che ho detto è documentato ed in mio possesso per cui non c'è possibilità di equivoco o quant'altro".

Questo un episodio della vita di tutti i giorni che desideriamo mettere a conoscenza dei nostri lettori affinchè sappiano prendere gli opportuni accorgimenti fra i quali sicuramente c'è il guardare bene, di giorno, i marciapiedi su cui passano per evitare buchi o similari che l'Amministrazione comunale non ha fatto in tempo (!?!) a segnalare tempestivamente.

Ci sentiremo nuovamente con Rosemma Torchio per sapere lo sviluppo delle situazioni e soprattutto per sentirci dire che il problema alla mano destra si è risolto positivamente.

Domani pomeriggio, 27 settembre, 27 come il giorno del fatto che Rosemma Torchio ci ha raccontato, ci sarà l'intervento "riparatore": certo sette mesi per recuperare appieno l'uso di un dito ingessato impropriamente ci pare troppo.       

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Articolo pubblicato il 26/09/2012