L’ultima notte di Montsegur
Cattedrale di Albi.

Di Katia Bernacci

La notte prima della resa dei catari di Montsegur, una fortezza situata su di una collina nel sud della Francia, dove si erano rifugiati circa duecento catari, accolti da Raymond de Peréille, signore di Montsegur, circa dieci anni prima, tra le arroccate mura si respirava un’aria di tragedia.

Era il 15 marzo 1244 e da circa dieci mesi il castello stava subendo un assedio terribile, che aveva costretto i catari presenti e de Peréille, che era stato scomunicato ed era incorso nella confisca di tutti i beni, a causa del suo appoggio alla causa eretica, a una vita di stenti e di continue azioni di difesa per resistere agli attacchi dei soldati, che addirittura fecero arrivare un ingegnere che aveva costruito un’arma mai vista prima, che poteva gettare in altezza massi giganteschi, grazie al contrappeso.

Certo i catari professavano la non violenza, quindi la difesa era lasciata nelle mani delle truppe di parecchi signorotti delle località vicine, che si erano dedicati alla causa eretica, non potendone più della prepotente presenza della Chiesa e del comportamento tenuto con la crociata contro gli albigesi, altro nome con il quale venivano definiti i catari.

Molti erano infatti coloro che avevano abbracciato la fede catara, spinti dalla chiarezza d’intenti e dalla conclamata serietà di questi individui che conducevano delle vite irreprensibili, e ricordavano a parecchi i testi dei padri della Chiesa e i primi passi del Cristianesimo, che sembrava ora infangato dalla ricerca del potere e del denaro e soprattutto dalla persecuzione che negli ultimi decenni aveva colpito le popolazioni del sud della Francia, andando a decimare il cuore di interi paesi, con ferocia e senza assoluzione di nessun tipo.

Celebre è diventata la frase che la leggenda sostiene essere stata pronunciata dall’abate cistercense Arnaud Amaury, incaricato da Innocenzo III di eliminare l’eresia albigese, quando un soldato gli chiese come fare a riconoscere i catari dai cristiani: “Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”.

Leggendo le cronache che raccontano di quegli anni, non stupisce la spietata frase, quanto invece la ferocia con la quale i presunti eretici sono stati perseguitati sino a sradicare completamente il credo cataro.

L’assedio era arrivato al suo culmine, gli abitanti del castello non potevano più resistere, sapevano che era arrivato il momento della resa e si predispose per una trattativa che prevedeva che il 16 marzo tutti gli abitanti della fortezza sarebbero scesi a valle e avrebbero deciso se convertirsi oppure no al cristianesimo, chi non l’avesse fatto sarebbe stato condannato al rogo.

Questo era avvenuto circa quindici giorni prima e i catari, preparati a quanto sarebbe accaduto, si riunirono (con una ventina di servitori che invece catari non erano) per partecipare a una messa, un rito di cui ancora oggi non si sa nulla, che ha nella leggenda assunto un’importanza cruciale, tanto che Montsegur è ricordata come l’ultimo avamposto cataro, anche se in realtà in seguito a quegli eventi altre fortezze proteggevano gruppi di eretici, sia nel sud che in altri luoghi, come ad esempio nell’Italia del nord, dove già da qualche anno i catari si erano recati per sfuggire alle persecuzioni.

Tra l’altro pare che alcuni giorni prima del fatidico 16 di marzo, alcuni giovani catari fossero stati incaricati di lasciare la fortezza attraverso i numerosi passaggi segreti di cui racconta la leggenda, per portare in salvo il tesoro degli ultimi albigesi, che qualcuno dice essere stato il Santo Graal.

Del tesoro non si è saputo più nulla e anche se il luogo della fortezza è oggi visitato da molti curiosi e studiosi dell’occulto, non tutti sanno che nel 1244 la fortezza venne interamente rasa al suolo e poi ricostruita negli anni a venire, avvenimento che non ha distolto numerosi cercatori di tesori, compreso Hitler, che era convinto di poter trovare il Santo Graal.

Il gruppo archeologico di Montsegur ha studiato il territorio per diversi anni, arrivando alla definizione che non è rimasto nulla della costruzione di allora, notizia che potrebbe causare una cattiva pubblicità ai tanti tour operator che organizzano viaggi alternativi nei luoghi della repressione catara.

Che cosa accadde la notte del rito? La stranezza è che tutti i partecipanti alla messa, anche coloro che non erano catari, quindi i servitori e anche la moglie e la figlia di de Peréille, decisero di convertirsi non al cristianesimo, ma al catarismo e la mattina successiva scesero quasi allegramente (almeno così dicono le cronache, a seguito delle testimonianze dei soldati) dichiarandosi catari e sottoponendosi al martirio. I soldati furono costretti a chiudere gli eretici dentro un perimetro di tronchi costruito per l’occasione e a procedere appiccando il fuoco, uccidendo così 220 persone e rimanendo traumatizzati per la tranquillità con la quale gli albigesi avevano accolto il loro destino, convinti che questa fine avrebbe purificato le loro vite, consentendogli finalmente di entrare nel vero mondo: il Regno dei Cieli.

I catari, infatti, ritenevano che ci fossero due creatori, il Dio che pensiamo di conoscere, invisibile e creatore della realtà spirituale e quello cattivo, Satana, l’angelo caduto, che aveva invece creato il mondo che vediamo e la realtà attorno all’uomo, tutte le brutture dell’Universo e noi, a sua immagine e somiglianza. Il fine della vita era quindi riuscire a guadagnare la purezza, anche attraverso diverse reincarnazioni, sino a raggiungere un livello tale per cui si potesse accedere al Regno dei Cieli e per creare un terreno atto a far sì che questo accadesse, i catari conducevano vita ascetica, non mangiavano carne, uova e latticini e non praticavano sesso ai fini della procreazione, inoltre erano benvoluti dalle comunità, poiché aiutavano tutti e prestavano denaro senza usura.

Proprio per questo riuscirono, nonostante le vite prive di concessioni che conducevano, a persuadere molti cittadini a seguire il loro Credo. Ed è così che diventarono un pericolo per la Chiesa (nella quale tra l’altro non credevano), che si vide costretta, per proteggere la credibilità e non perdere adepti, a condurre una guerra spietata, inviando addirittura ottanta inquisitori, che avevano avuto l’ordine di sradicare completamente qualsiasi forma di eresia.

Forse non sapremo mai in cosa consistesse il rito della notte tra il 15 e il 16 marzo 1244 e il fatto stesso che le cronache ci raccontano che il giorno successivo anche i non catari (che non erano diventati eretici neppure per tutto il periodo dell’assedio) decidessero senza remore di morire in modo atroce, tra le fiamme dell’inferno in terra, ha alimentato una leggenda che ancora oggi incuriosisce e spinge ad approfondire un credo di origine pagana, così lontano ma anche così vicino a noi.

Katia Bernacci

Fotografie di Marino Olivieri.

 

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Articolo pubblicato il 21/01/2024