Torino - Stop al fondo per il contrasto dei Disturbi dei Comportamenti Alimentari

Matteo Guglielmo: "Una scelta che rischia di mietere vittime"

Nove. Nove è il numero della media delle persone che muoiono ogni giorno in Italia per problematiche connesse ai Disturbi dei Comportamenti Alimentari. Circa 4 mila all’anno. Nonostante il numero ingente, paragonabile ad un bollettino di guerra, l’attuale maggioranza di governo ha ritenuto opportuno eliminare il fondo istituito nel 2021 finalizzato al contrasto di queste malattie. Questo stanziamento nasceva con l’obiettivo di traghettare la situazione attuale verso la piena attuazione della legge art.1 comma 687 689 del 2021. Questa, che inserisce i DCA all’interno dei L.E.A. come ‘malattia autonoma’, consentirebbe l’ottenimento della garanzia da parte di tutte le regioni dei livelli minimi di assistenza.

 

Per semplificare: se anche i Disturbi dei Comportamenti Alimentari venissero considerati (come afferma la legge) vere e proprie patologie con una loro indipendenza legislativa, si potrebbe usufruire di risorse strutturali permanenti e non stanziamenti di fondi temporanei che terminano con lo scadere del fondo. Questo aspetto, che a prima vista potrebbe apparire di natura prettamente burocratica, si traduce concretamente nella vita di ogni malato di DCA. Il significato profondo di questo processo impedisce una linearità nelle cure che è carattere essenziale all’interno di un percorso di guarigione da questo genere di patologie. Basti pensare ad esempio, che il fondo istituito nel 2021 ha permesso l’assunzione di specialisti del settore che hanno iniziato un cammino, già molto complesso, con pazienti dalle grandi vulnerabilità.

 

Naturalmente, ogni professionista assunto tramite queste risorse ha in essere un contratto a tempo determinato che decade automaticamente con la scadenza dei fondi stanziati. Questo, oltre ad essere una problematica seria sul fronte occupazionale, è un danno enorme nei confronti dei pazienti che sono costretti – nel migliore dei casi – ad interrompere il loro percorso terapeutico per riprenderlo successivamente con altre figure obbligandoli alla creazione di nuovi rapporti di fiducia e di conoscenza reciproca assolutamente non scontati. Nello scenario peggiore, queste persone rischiano di arrestare in maniera definitiva le loro cure con conseguenze disastrose.

 

Ciò che va compreso è che questo tipo di scelta, quello di definanziare il fondo e di non procedere col decreto attuativo della legge, è fondamentalmente una scelta di natura politico-culturale. Il vero problema alla base è che, nonostante il progresso degli studi in materia e nonostante il supporto delle statistiche numeriche che forniscono i dati sulle vittime, il governo ha ritenuto ancora sacrificabile le risorse investite per il benessere mentale, in particolare per i DCA.

 

I Disturbi del Comportamento Alimentare sono a tutti gli effetti delle malattie che interessano sia una componente organica, quindi più prettamente fisica, sia una componente mentale e per tale ragione sono patologie che vanno affrontate con un approccio interdisciplinare con equipe formate da specialisti di vari settori. La questione di fondo è che ancora ora, nel 2023, la salute mentale non è ritenuta al pari della salute fisica. Chi ha una gamba rotta in Italia viene curato dall’ortopedico e viene accompagnato in sedie a rotelle, a chi soffre di Disturbi dei Comportamenti Alimentari viene consigliata una buona attività fisica e una corretta alimentazione.

 

Purtroppo, non c’è più tempo. Il momento di agire è ora. Ci sono troppe persone, tre milioni e mezzo nello specifico, che hanno bisogno di sostegno e stanno lanciando un grido di aiuto. Non lasciamolo inascoltato. Questo appello va accolto in maniera unitaria dalla società civile, ma soprattutto è la politica a dover dare delle risposte. Il governo prenda atto della situazione ed agisca. Le morti causate dai Disturbi dei Comportamenti Alimentari sono già troppe e se le cose non dovessero cambiare, aumenteranno inevitabilmente. Se il governo perseguirà questa linea, si dovrà prendere la responsabilità di guardare negli occhi le associazioni, ma soprattutto le famiglie delle vittime di DCA dicendo loro che qualcosa poteva essere fatto, ma che è semplicemente mancata la volontà di farlo.

 

 

Matteo Guglielmo (Azione Piemonte)

 

 

 

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Articolo pubblicato il 15/01/2024