La parità di genere aiuta la crescita economica

L'analisi di Luigi Cabrino

Aver conosciuto Renato Brunetta come politico negli ultimi decenni in cui è stato parlamentare e ministro più volte, ha fatto dimenticare che prima di tutto nasce come economista.
La sua elezione alla presidenza del Cnel permette a chi non ha conosciuto questo suo aspetto, determinante nel suo cammino, di scoprire il Brunetta economista.
In una intervista ha analizzato i risvolti positivi che una maggiore partecipazione delle donne alla vita economica, lavorativa e sociale porta benefici non solo sul piano civile ma anche su quello della crescita del PIL.

Renato Brunetta, in una intervista al “Sole 24 Ore” spiega che “le disparita’ tra uomo e donna nel mercato del lavoro, il fenomeno odioso della violenza economica hanno un forte impatto sulle performance economiche di un paese. Dove c’e’ minore disuguaglianza di genere il reddito pro capite e’ piu’ elevato”. “La parita’ di genere nei diritti e nelle opportunita’ – continua Brunetta – si associa a livelli piu’ alti di sviluppo economico, migliora la mobilita’ sociale, promuove l’inclusione, stimola la crescita attraverso un migliore utilizzo delle competenze e una migliore allocazione della forza lavoro”.

Da economista del lavoro, l’ex ministro cita dati che evidenziano come nei paesi Ocse i divari tra i sessi generano una perdita media di reddito del 15 per cento, di cui il 40 per cento e’ dovuto alle ricadute negative nel campo dell’imprenditorialità ‘. “La parita’ di genere e’ una fantastica medicina per aiutare le economie a riprendersi piu’ rapidamente dallo shock – sostiene Brunetta -. La parita’ rafforza la resilienza, e’ anche un importante fattore di stimolo della produttivita’ e riduce il rischio di povertà. Rende più resilienti le donne nell’intraprendere percorsi di uscita dalla violenza domestica. Insomma, divario di genere e violenza economica sono due facce della stessa medaglia”.

C’e’ dunque un legame tra la lotta alla violenza di genere e la crescita economica: “E’ cosi’. L’Ocse osserva che colmare il gender gap sul piano occupazionale potrebbe aumentare il Pil di circa il 10 per cento entro due decenni o poco piu’. Ricordiamoci che la Convenzione di Istanbul, cioe’ il Trattato europeo per la lotta alla violenza contro le donne, individua quattro forme di violenza di genere: fisica, sessuale, psicologica ed appunto economica. acquisire e utilizzare risorse economiche, oppure di trovarsi un lavoro o di intraprendere un percorso di studi, questa e’ violenza economica”.

Ma in Italia le donne devono fare i conti ancora con troppi ostacoli, sul versante dell’organizzazione del lavoro, ma anche retaggi culturali del passato, che fanno si’ che il nostro Paese si collochi nelle ultime posizioni in Europa per il tasso d’occupazione femminile: “Vanno assolutamente recuperati alcuni ritardi storici e strutturali del Paese – rileva il presidente del Cnel – L’Italia ha il tasso di occupazione femminile piu’ basso d’Europa.

Sfiora appena il 52 per cento. Il differenziale rispetto al tasso di occupazione maschile e’ di 18 punti percentuale, anche qui il dato peggiore in Europa. Senza parlare dei divari territoriali. Nel Mezzogiorno solo un terzo delle donne lavora e, quel che e’ peggio, col passare del tempo non si registrano grandi progressi. Il Nord ha appena raggiunto il 60 per cento, obiettivo che l’Europa si era dato per il 2010”.

Avere una donna premier può’ contribuire a riequilibrare, almeno a livello di élite, il rapporto tra i generi, considerando che nella politica, ma anche nella Pubblica amministrazione la presenza di donne in posizioni di vertice e’ ancora assai limitata: “Certamente si’. La premiership di Giorgia Meloni e’ simbolicamente decisiva per ridurre il ‘soffitto di cristallo’. Rispetto alle posizioni di potere nell’ultimo decennio il nostro Paese ha fatto alcuni progressi ma molto lenti.

Ma nella politica – nota il presidente – e nel management, anche pubblico, vediamo ancora una forte sottorappresentazione femminile. Basta pensare all’Università’ e alla Sanita’, settori a maggioranza femminile, ma con poche ordinarie e pochi primari (superano di poco il 20 per cento)”. “La parita’ di genere – conclude Brunetta – conviene a tutti, occorre mettere questo obiettivo al centro della contrattazione, a tutti i livelli. I corpi intermedi sono gli attori che possono portare a compimento la piu’ rilevante rivoluzione dell’ultimo secolo, la rivoluzione femminile”.

Luigi Cabrino 

 

© 2024 CIVICO20NEWS - riproduzione riservata

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 05/01/2024