Eugenio Banzola – Un partigiano dal petto d’oro

Di Alessandro Mella

Spesso ho pensato che in fondo la guerra italiana del 1943 – 1945, ben distinta da quella 1940 – 1943 a mio modesto avviso, fu soprattutto, anche se non solo, la guerra dei ventenni e dei giovanissimi.

Tanto tra i partigiani quanto tra i soldati della RSI, la generazione nata negli anni ’20 del Novecento fu quella che pagò il prezzo più alto in quei mesi terribili. Quando, malgrado la giovinezza, toccò scegliere da quale parte del mondo stare.

Scelta non facile, compiuta secondo coscienza, formazione, storia e sensibilità personali e persino secondo il caso alle volte. Pagata troppo spesso con la vita; una lunga, drammatica, scia di sangue.

Eugenio Banzola era nato il 6 maggio del 1924 a San Pancrazio Parmense in provincia di Parma, in una famiglia contadina con quattro fratelli, e come tutti i suoi coetanei crebbe negli anni ruggenti del regime al suo apogeo.

Trovò impiego presso un caseificio, dopo il lavoro nei campi, ma nell’agosto del 1943, era il 17 marzo, fu richiamato alle armi dal Regio Esercito e con le stelle al bavero, presso il deposito dell’8° reggimento alpino, battaglione Gemona, a Tarcento d’Udine, fu sorpreso dall’armistizio in seguito al quale si sbandò e tornò a casa. (1)

Fu richiamato dall’esercito della Repubblica Sociale in un reparto del genio, ma avvicinandosi rapidamente ai partigiani della Brigata Pablo di Giustizia e Libertà ad essi si unì assumendo il nome partigiano “Ricci”. (2)

Tuttavia, un destino infausto l’attendeva poiché il 13 marzo 1945 una colonna composta da reparti tedeschi e delle brigate nere incalzò il suo gruppo a Casatico presso la frazione di Langhirano.

Lui e i suoi compagni si batterono con disperazione, Eugenio rimase ferito da una raffica di mitra alle gambe, un altro partigiano, Enzo “Nappo” Ubaldi, tentò di portarlo in spalle finché a sua volta non fu abbattuto dal fuoco nemico.

In terra, ferito, impossibilitato alla fuga, il nostro ragazzo fu catturato e trasferito a Felino ove tu fu torturato per strappargli notizie sui suoi compagni.

Non cedette, non parlò, non disse nulla e soffrì per lunghissime ore senza dir nulla ai suoi aguzzini desiderosi di ottenere informazioni utili a stroncare la resistenza in zona.

Ma le sevizie lo condussero alla morte, ad un sacrificio estremo, proprio all’alba di quella liberazione in cui aveva così tenacemente creduto.

Solo nel 1976, per iniziativa di Giovanni Leone dal Quirinale con decreto del 6 luglio, gli fu conferita una medaglia d’oro al valore militare:

Partigiano combattente, dopo aver per lungo tempo collaborato con il movimento di resistenza della provincia di Parma, si arruolò nella brigata Pablo. Nel corso di un violento scontro sostenuto da pochi partigiani contro le forze nemiche consistenti in centinaia di uomini, dopo essersi lanciato coraggiosamente per ben due volte al contrassalto, veniva gravemente ferito alle gambe da una raffica di arma automatica.

Immobilizzato, continuava a combattere finché, esaurite le munizioni e scagliate sull'avversario le ultime bombe a mano, veniva sopraffatto e catturato. Veniva interrogato per un'intera notte, nel corso della quale allo strazio delle ferite, l'avversario inferocito, per strappargli i nomi dei compagni e notizie sulle formazioni partigiane, aggiungeva il martirio di altre orrende sevizie.

Irrigidito in uno stoico ostinato silenzio, affrontava serenamente la tortura e la morte pur di non tradire. L'immagine del suo corpo denudato, legato, brutalmente evirato e stroncato dall'ultima rabbiosa raffica rimase ad indicare vergogna per gli aguzzini traditori ed un riferimento di luce sulla vita per l’affermazione dei supremi valori di libertà.

Felino, 14 marzo 1945. (3)

Oggi, presso la località Pettenello di Felino, un cippo ne ravviva il ricordo per tramandarlo ai posteri unitamente ad una lapide posta sul muro di cinta di Villa Caumont Caimi (4).

A Langhirano una via ne tramanda la memoria ai cittadini perché non siano immemori.

Ed immemori non sono le associazioni ed amministrazioni locali che, fortunatamente, non mancano di commemorare periodicamente i due eroi Ricci e Nappo, due ventenni in guerra, due eroi, il cui esempio è doveroso tramandare e trasferire ai posteri ed in specie ai più giovani.

Alessandro Mella

NOTE

1) http://www.noialpini.it/m.o._banzola.htm (Consultato il 25 febbraio 2023).

2) Enciclopedia della Resistenza e dell’antifascismo, VI, 1989, p. 487.

3) Gazzetta Ufficiale, 26, Anno CXVIII, 28 gennaio 1977, p. 667.

4) Partigiani del Comune di Felino. Con il loro sacrificio ci hanno dato la Libertà, Ermanno Lori e Graziana Bottioni a cura di, 2020, p. 90.

 

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Articolo pubblicato il 25/12/2023