Contratti Co. Co. Pro: sfruttamento legalizzato
CoCoPro

Lo denuncia Marco Chiasserini, Coordinatore di Alternativa Tricolore per la Provincia di La Spezia

"Grazie al nostro servizio mail  dilloadalternativatricolore@gmail.com, creato per dar modo ai cittadini di comunicarci i loro problemi  con enti, istituzioni o aziende private, attivo su tutto il territorio nazionale, raccogliamo lo sfogo e la delusione di una cittadina spezzina vittima di uno di questi contratti fittizi chiamati “Co. Co.  Pro.” e delle conseguenze ad esso connesse". 

 

Così ha esordito Marco Chiasserini, Coordinatore di Alternativa Tricolore per la Provincia di La Spezia, che ha insistito:

 

"Rispettiamo la sua decisione di tenere anonimo, sia il suo nome che quello dell’azienda con cui ha avuto a che fare, in quanto la signora non vorrebbe incorrere in problemi legali le cui spese non potrebbe sostenere, a differenza dell’azienda in questione tutelata anche dalla ragione sociale “S.r.l.”. 

 

Anche se non a 360 gradi,  la signora ha avuto comunque la forza di scrivere perché spera che la sua testimonianza e l’informazione possa preservare altre vittime da questi contratti-fregatura. 

 

Ma leggiamo la testimonianza:

 

“A La Spezia è appena nata un’area nuova ricca di negozi che ha portato tante possibilità di lavoro in una città che, da questo punto di vista, da molto tempo risultava ormai sterile. Nuove aziende, nuovi negozi, nuove opportunità … quindi tanti curriculum vitae mandati on line nella speranza di trovare finalmente un posto di lavoro. 

 

Un giorno, ad un mese dall’apertura, una di queste nuove aziende, mi convoca per la selezione del personale; erano previsti più incontri. Al primo incontro non parlarono di contratti né di stipendi, ci proposero uno di questi contratti “Co. Co. Pro.” di un mese, dandoci, come obiettivo da raggiungere, una vendita di un certo servizio, senza però fornirci il materiale per la vendita che fu tutto a spese nostre, telefonate comprese. Al termine di questo contratto avrebbero deciso chi tenere e chi no (questo ci avevano fatto intendere).

 

Al secondo incontro parlarono dell’azienda, della loro filosofia, e ascoltarono i nostri desideri di posizione all’interno dell’azienda, ma ancora non parlarono né di contratti, né di stipendi.

 

All’ultimo incontro, tre giorni prima dell’apertura dell’azienda sulla nostra zona, vennero fuori le informazioni su contratti, stipendi e responsabilità, ma il bello che vennero ribaltate le carte in tavola, poiché il contratto “Co. Co. Pro.” che ci avevano fatto per un mese, per chi avesse accettato il lavoro, sarebbe stato sostituito da un altro contratto “Co. Co. Pro.” , sempre di un mese, in cui le provvigioni riconosciute ai lavoratori erano ben diverse da quelle riconosciute nel primo contratto.

 

A quel punto, alcuni di noi hanno percepito la presa in giro e la puzza di fregatura, in quanto  era chiaro che se si voleva continuare a lavorare per quell’azienda, avremmo dovuto accettare questo sfavorevole cambio di bandiera e lavorare moltissime ore per pochi soldi con un contratto che non tutela in niente dato che non prevede liquidazione, ferie, contributi, né malattia.

 

A coloro che hanno detto NO a questa condizione di sfruttamento, me compresa, l’azienda ha cercato in tutti i modi di ostacolarli  nella vendita del servizio con continui disservizi e malfunzionamenti organizzativi, facendoci perdere anche molti clienti.

 

Adesso io penso che è grazie all’esistenza di questi contratti che tale azienda ha avuto modo di farsi pubblicità gratuita per un mese attraverso un gruppo di poveri disgraziati in cerca di lavoro, comprese ragazze giovani, sfruttando le persone che credevano di trovare un lavoro serio, risultato invece un lavoro iper full-time, con una retribuzione incerta (per alcuni lo stipendio era provvigionale), e una grossa responsabilità sulle spalle, visto che l’andamento e i risultati del lavoro a La Spezia incombono  sulle persone reclutate nel processo selettivo  che hanno accettato le loro condizioni , improvvisamente  trasformatesi in altre,  nel giro di tre giorni.

 

Come se non bastasse la poca serietà di questa azienda si è rivelata anche nella fase finale del mio rapporto con essa: ritardando il pagamento  dello stipendio, e dopo averci preso in giro per una decina di giorni, io con altre persone messe nella mia situazione, siamo andate a chiedere che ci pagassero, ammonendoli che se non l’avessero fatto ci saremmo rivolti ad un legale. Dopo varie peripezie siamo finalmente riusciti a farci pagare, ma non ci crederete, gliene andava anche a loro, poiché le facce toste hanno avuto il coraggio di accusare alcuni di noi di diffamazione nei confronti dell’azienda. Beh, dopo aver mancato di chiarezza sin da subito, dopo aver cambiato  contratto e condizioni in tre giorni senza aspettare che scadesse il primo  contratto, dopo averci abbandonato a noi stessi pensando che ci saremmo ritirati, dopo averci ostacolato in tutto nel lavoro che invece ci siamo messi in testa di portare a termine con successo, dopo averci preso in giro in fase di pagamento, e dopo essersi fatti una fama a dir poco raccomandabile e consultabile dalle recensioni su internet di persone che hanno avuto a che fare con questa azienda sia come dipendenti che come clienti, i signori in questione hanno anche avuto il coraggio di fare la parte offesa scrivendoci mail a dir poco ridicole e accusatorie. VERGOGNA!

 

Trovando su internet casualmente questo servizio mail di ascolto al cittadino ho voluto scrivere ad “Alternativa Tricolore” per fare informazione sulle  diffusissime situazioni analoghe presenti sul territorio, per poter intervenire, se possibile, avanzando una proposta di abrogazione di questi contratti-truffa legalizzati.”

 

"Ed ecco - ha commentato Chiasserini - che ci troviamo davanti ad una testimonianza mozza fiato!!! Questa è la realtà di oggi: persone sfruttate con questi contratti truffa. In questi giorni non si fa che parlare dell’Art. 18 con il quale andremo a consegnare l’ennesima arma nelle mani di gente senza scrupoli che non fa altro che sfruttare chi cerca lavoro. Noi di Alternativa Tricolore chiediamo la cancellazione di questi contratti ed un interesse maggiore verso i lavoratori, e naturalmente la non cancellazione dell’Art. 18. Siamo consci che la legislazione del lavoro ha bisogno di una modifica, ma non possiamo mettere in pericolo migliaia di posti di lavoro".

 

I Co. Co. Pro. sono disciplinati dal D. Lgs. 276/2003, meglio conosciuta come legge Biagi: i lavoratori assunti con tale formula non godono di alcuna sicurezza, in quanto:

 

1.                  in caso di malattia il contratto scade  alla data prestabilita senza alcuna proroga;

2.                  in caso di assenza che superi i 30 giorni il datore di lavoro può recedere dal contratto ed è proprio per questa  clausola che il lavoratore, anche in caso di gravi problematiche, decide di non ricorrere all’INAIL  continuando quindi a lavorare anche in presenza di gravi problemi di salute;

3.                  in caso di maternità nell'ambito del lavoro a progetto, se da una parte è espressamente prevista la facoltà (non l'obbligo) per la lavorante in stato di gravidanza di astenersi dal lavoro durante i  5 mesi prima e dopo il parto, godendo della sospensione del contratto e del mantenimento del posto di lavoro, dall’altra  la brevità del contratto potrebbe spingere la stessa a scegliere di celare la gravidanza o comunque di non abbandonare il posto di lavoro finché le è materialmente possibile. Va inoltre ricordato che l'indennità di maternità delle lavoratrici a progetto ammonta all'80% del salario complessivamente ricevuto nei 365 giorni precedenti l'inizio del periodo di maternità, a condizione che la lavoratrice abbia versato contributi per almeno tre mesi nell'anno precedente. Ciò rende più difficile la condizione di quelle lavoratrici che svolgono lavori a progetto solo per alcuni periodi dell'anno. Sempre con riguardo alla maternità, va ricordato che i lavoratori a progetto godono di tutele quali l'astensione facoltativa dal lavoro (per un massimo di tre mesi e fino al primo anno di vita del bambino),e non godono invece di congedi parentali, di permessi per malattia del minore, ecc.; è così possibile che la nascita di un figlio potrebbe anche comportare la cessazione o la riduzione dell'impegno lavorativo. Una "clausola di preavviso" (art. 67, c. 2) di solito è inserita nei contratti a progetto e autorizza il datore di lavoro  a terminare il contratto con uno o più mesi di preavviso, senza specificare il motivo e senza giusta causa. Vi è quindi un maggiore rischio di cessazione del rapporto contrattuale per eventuali assenze dal lavoro: ferie, malattia, infortunio, maternità;

4.                  i giorni di assenza non sono retribuiti, come del resto avviene anche per gli altri lavori autonomi, cui è equiparato il contratto a progetto. Anche in caso di impossibilità a svolgere il servizio, dovuta a cause indipendenti dal lavoratore (come, per esempio, improvvisa chiusura del luogo di lavoro, cause di forza maggiore, ecc.), il lavoratore a progetto, pur essendo a disposizione, non percepisce, di norma, alcun tipo di retribuzione. Specularmente, con il raggiungimento degli obiettivi pattuiti, vi è l'obbligo per l'azienda di pagare i corrispettivi concordati a prescindere dall'impegno prestato.

Premettendo che lavori a progetto ci sembrerebbe più giusto inserirli nella politica, dove non è ammissibile pagare cifre smisurate per personaggi che non portano nessun beneficio al paese e nessun risultato concreto per lo  sviluppo dell’Italia e delle famiglie italiane, riteniamo che la situazione necessiti urgentemente di cambiamento e di attenzione da parte del Governo: il diritto al lavoro non basta, aggiungeremmo noi  “al lavoro DIGNITOSO”.

 

"In questi giorni - ha concluso Chiasserini - è in discussione presso la Commissione Lavoro del Senato, l’introduzione per i lavoratori a progetto di una sorta di salario base, simile a quello indicato nei contratti nazionali di categoria; questo potrebbe dare un po’ di respiro a questa fascia di dipendenti, anche se restiamo dell’idea che questi contratti andrebbero eliminati in quanto rendono schiavi i lavoratori, visti i numerosi vantaggi dati ai datori di lavoro  rispetto alle poche garanzie a favore del lavoratore dalla legge Biagi". 


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Articolo pubblicato il 21/05/2012