I Misteri di San Besso

Il Santo che conquistò i montanari e gli antropologi

Di tutte le espressioni di devozione che nei secoli hanno preso vita e forma in Canavese, il culto di San Besso rappresenta forse uno dei casi più singolari e stimolanti sotto il profilo religioso, storico e persino antropologico. In una linea immaginaria che parte dalla città di Ivrea – dove Besso è co-patrono assieme a San Savino - e che attraverso il Canavese giunge fino alle alture della Val Soana, per poi scavalcare nella valle di Cogne, il culto di questo Santo ha mantenuto forza nei secoli. Se nell’immaginario popolare la mente vola immediatamente all’omonimo, suggestivo santuario sotto l’ala di roccia del Monte Fautenio, per gli studiosi la vicenda di San Besso costituisce un eccellente paradigma di continuità tra paganità, cristianesimo e immaginario popolare.

Per affrontare la sua storia e le sue vicende non si può fare a meno di ricordare la leggendaria Legione Tebea: creazione agiografica più che realtà storica, tale milizia romana ebbe origine sotto il dominio dell’Imperatore Diocleziano e del generale e co-imperatore Massimiano, ed era costituita per lo più da cristiani di origine africana, anzi, egizia per la precisione, poiché lo stesso nome ci ricorda Tebe in Egitto. Sebbene siano stati sollevati dubbi sull’esistenza stessa della legione, guidata niente meno che da San Maurizio, la leggenda ha resistito nel tempo in virtù del clamoroso “massacro di Agaunum” (285 d.c.), avvenuto quando i suoi legionari, trovandosi nei pressi dell’odierna Svizzera (Agaunum, oggi Saint-Maurice, non è distante da Martigny), si rifiutarono di attaccare i popoli locali in quanto cristiani come loro. Una versione leggermente diversa sostiene invece che essi si rifiutarono di adorare divinità pagane, o ancora non riconobbero la divinità dell’Imperatore. In qualunque modo, l’impietosa mano del generale Massimiano non perdonò la disobbedienza, e sterminò gli insubordinati in disprezzo alla stessa fede cristiana, all’epoca ancora poco tollerata. Se i soldati della Legione Tebea vengono venerati come martiri, alcuni di essi tuttavia parvero scampare all’immediato martirio, e Besso è senza dubbio uno di questi. Fuggendo verso sud, l’ex milite trovò rifugio presso le nostre Alpi, nel versante della valle di Cogne e, successivamente, in quello piemontese di Campiglia Soana, e visse a lungo come eremita, aiutando le popolazioni locali nelle loro attività. Come vedremo, questo aspetto non è estraneo ad alcune credenze più antiche…

L’evitamento della pena di morte, tuttavia, non fu definitivo: secondo una delle versioni più attestate, il Santo partecipò ad un banchetto i cui commensali si rivelarono ladri di bestiame. Essendosene accorto e avendo manifestato il suo disappunto, rifiutandosi di mangiare carne di animali rubati, venne scaraventato dai medesimi manigoldi dall’alto del monte Fautenio, e in seguito braccato dai legionari romani. In virtù di questo, la sua protezione viene spesso invocata contro malviventi e criminali, sebbene altre versioni della sua morte raccontino di una cattura diretta da parte dei legionari romani.

Non solo della sua morte, ma della sua stessa vita esistono poi versioni differenti, come quella che riporta di un Besso non soldato, ma eremita e pastore fin dall’inizio. Di animo buono, esperto nell’arte di sopravvivere in condizioni estreme quali quelle della montagna, questa versione di Besso – più diffusa sul versante di Cogne – lo vede morire ancora una volta per mano di criminali, montanari invidiosi del suo florido bestiame. Esiste poi una terza versione di Besso, ipotetico Vescovo di Ivrea, ma in questo caso si tratta forse di personaggio completamente diverso, vissuto in epoca più tarda (sec. VIII), ma la cui immagine andò successivamente a confondersi con quella del Besso più antico.

Se il Santo soldato non ebbe difficoltà ad affermarsi, grazie al mito della Legione Tebea, la versione dell’eremita che dispensa sapienza a coltivatori e pastori ha invece attirato l’attenzione degli studiosi: non è infatti sfuggito come la variante di Besso eremita riprenda per certi aspetti, compreso il dispensare insegnamenti ai contadini e ai pastori, la figura dell’Uomo Selvatico, soggetto comune a buona parte del folklore europeo. E le radici ancestrali di questo culto non si fermano qui: durante i pellegrinaggi verso il Santuario, che si svolgono il 10 di agosto e il primo dicembre, riaffiorano gli stretti legami con antichi culti litici. Ancora oggi, infatti, si è soliti “scheggiare” un frammento di roccia all’interno dello stesso santuario, in un gesto che richiama ancestrali culti della fertilità. C’è chi non manca di notare un legame tra la figura dell’Uomo Selvatico, la fertilità e lo stesso nome di Besso, che richiama Bes, un’antica divinità egizia dalle caratteristiche sgraziate (come il Selvaggio) ma strettamente connessa coi rituali della fecondità.

Tra il culto di Besso e l’antropologia, d’altronde, c’è sempre stato un particolare legame, causa di reciproca fortuna. Fu proprio un noto esponente di questa disciplina, l’antropologo francese Robert Hertz, allievo di Emile Durkheim, che dedicò all’argomento un intero capitolo del suo “Mélanges de Sociologie Religieuse et Folklore” (1912), ed è opinione diffusa che proprio con questo articolo nacque ufficialmente l’antropologia culturale di montagna. In “Saint Besse: étude d’un culte alpestre” - questo il   titolo – Hertz riporta le affascinanti ritualità che ogni anno coinvolgono sia i fedeli di Cogne, sia quelli di Campiglia, sul cui territorio sorge il Santuario dedicato al Santo. Al netto delle tensioni tutt’altro che amichevoli tra le due popolazioni (esistono serie testimonianze di violentissimi scontri tra i devoti dei due versanti), il pellegrinaggio verso il Santuario mantiene un fascino senza tempo, con la sua tradizionale processione intorno alla chiesa e coi suoi richiami ad antiche ritualità, la cui origine si perde nella notte dei tempi.

Herz evidenzia la complessità della figura di Besso – il cui nome richiama anche l’antico termine francofono besse, montone, a cui è collegato l’episodio dei ladri di bestiame –, sottolineando come la popolazione si affidi a lui per ogni tipo di protezione, trascurando la sostanziale indefinitezza del personaggio. Lo stesso antropologo sottolinea che, se noi chiedessimo ai Campigliesi o ai Cogneins cosa ha fatto di particolare San Besso, otterremmo solo risposte vaghe, ma la loro fede nei vari pellegrinaggi e rituali è fuori discussione. Il 10 agosto o il primo dicembre sono date che vanno vissute con fede e abbandono, e preparate con quella pazienza - essa stessa rituale - tipica delle popolazioni di montagna, e totalmente estranea al nostro attuale modus vivendi. Quello che conta è l’assoluta immedesimazione in uno stato d’animo fuori dal tempo e dallo spazio, un momento rituale in cui la tradizione non vede distinzione – perché non esiste - tra la Santa Messa e le azioni legate al culto litico, tra la preghiera e la superstizione. Voci appena accennate e mai confermate sussurrano dell’usanza di portare gli infanti morti senza battesimo al Santuario di San Besso affinché, risvegliandosi per un istante, potessero ricevere il sacramento dal sacerdote…

A conclusione, non resta che un dubbio: per quale motivo San Besso, sia esso legionario o eremita di montagna, è giunto fino alla città di Ivrea? Ancora una volta la leggenda si confonde con la realtà storica: si narra di cattivi cogneins - ma in altre versioni semplici ladri di reliquie - che trafugarono la salma del Santo dal suo originale sepolcro montano, e per cause non chiare la abbandonarono in quel di Ozegna, nella chiesetta oggi nota come Madonna del Bosco. Fu poi Arduino d’Ivrea (955-1015), a torto o a ragione considerato primo Re d’Italia, a traslare in pompa magna le spoglie di Besso da Ozegna alla Cattedrale di Ivrea, dove riposano tuttora, e a depositarle in un sontuoso sarcofago. Episodio, questo, che ci offre la misura di quanto fosse nota e rilevante la devozione popolare per il santo montano.

Un’ultima curiosità: in un dipinto presente nella cattedrale   di Ivrea, san Besso viene rappresentato con piume di struzzo sul capo, a evidenziarne l’origine africana. Le stesse piume che ornano le raffigurazioni dell’antico dio egizio Bes…

Dario Noascone

 

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Articolo pubblicato il 24/12/2023