Il cubo di Terragni – Un curioso monumento a Como

Di Alessandro Mella

Giunti a Como, percorrendone le vie verso il lago, ad un tratto ci si trova con un parallelepipedo assai curioso, bianco, candido, a lato della strada sull’odierna piazza del Popolo al numero 4. Oggi sede di un presidio della Guardia di Finanza, edificio assolutamente particolare e facilmente distinguibile.

Per alcuni bello e per altri brutto, ma, del resto, l’estetica è parametro soggettivo. Certo il sito è pieno di storia ed in qualche modo è specchio di un’epoca lontana, difficile, contestata, poco studiata, molto vituperata, oggettivamente meritevole di non poche critiche, mai realmente storicizzata.

Quel grande blocco in calcestruzzo armato, con muri in laterizio, fu a suo tempo la Casa del Fascio o Casa Littoria di Como al tempo in cui il fascismo tentava di imporsi come fenomeno anche sociale perfino attraverso l’architettura.

A Como un primo progetto era stato pensato nel 1928, ma con una maggiore armonia rispetto al contesto cittadino in cui l’edificio sarebbe dovuto sorgere. Si pensò anche di collocare la sede del partito nel palazzo del Credito Italiano, ma la trattativa, nell’autunno 1930, si rivelò fallimentare per cui il federale ridiede incarico al Terragni per la progettazione.

Ottenuto il terreno dal comune, nel 1933, si iniziarono i lavori tuttavia con una revisione totale del progetto che venne riammodernato secondo il gusto razionalista.

E non fu facile condurre il cantiere visti i costi, le molte critiche per la modernità ritenuta quasi eccessiva, le lungaggini della burocrazia statale, le pressioni del partito e così via.

Fu tra il 1935 ed il 1936 che la struttura iniziò a prendere servizio pur tra i mal di pancia dei comprensibili detrattori le cui voci il regime tentò di “smorzare”:

Quando si dice architettura moderna, architettura 900, architettura razionale, difficilmente si riesce a far intendere ciò che si vuol definire. Questi termini che classificano uno stile non sono chiari per la varietà degli esempi proposti e considerati.

Perciò torna opportuna la pubblicazione di un intenso fascicolo della rivista Quadrante, diretta da P. M. Bardi e dall'Accademico d'Italia Massimo Bontempelli, rivista che, come noto, ha svolto una fervida polemica per l'affermazione delle nuove idee nell'arte del costruire.

Questo fascicolo è dedicato interamente alla Casa del Fascio di Como dovuta all'architetto Giuseppe Terragni. Un edificio integralmente moderno, e tale da testimoniare la conclusiva e originale opera della giovane architettura italiana, e dare così un'idea precisa sul valore pratico della definizione dello stile edile contemporaneo.

La Casa del Fascio di Como è realizzata con criteri che rivoluzionano la maniera di costruire sia dal punto di vista dell'impiego del materiale sia dal punto di vista della fattura; è una casa in cui il vetro pare il protagonista in senso materiale e morale, tanto da far pensare alla definizione: «la casa del fascio è una casa di vetro in cui tutti possono guardare» una casa fatta diversa dalle altre case, che ispira però un grato sentimento di aderenza delle idee espresse con arte e buon senso. (1) 

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la nascita della Repubblica Sociale Italiana la struttura divenne sede del Partito Fascista Repubblicano e quindi della locale Brigata Nera.

La Casa del Fascio di Como fu in qualche modo testimone di grandi eventi storici come la caduta definitiva del fascismo, i fatti legati a Dongo e le vicende non molto trasparenti della Federazione Comunista comasca che ivi si era installata nella tarda primavera del 1945 insieme ad altri partiti del Comitato di Liberazione Alta Italia.

Infatti, in quei locali furono probabilmente ospitati parte dei valori del cosiddetto “oro di Dongo” le cui vicende sono state spesso oggetto di grandi dibattiti:

Il primo di essi riguarda quanto trasportato, nella mattina di domenica 29 aprile, da Pietro Terzi, Giuseppina Tuissi e Carlo Maderna da Dongo alla sede della Federazione Comunista di Como, nell'ex Casa del Fascio di Terragni.

Le sei/sette valige e il cofanetto consegnati al segretario Dante Gorreri contenevano quattrocento milioni di lire in contanti e gioielli di varia natura. (2) 

Secondo alcuni gli affreschi del pittore Mario Radice furono devastati dai tedeschi, ma pare più probabile una loro rimozione dopo la liberazione come sostenuto da altre fonti. (3) 

Dieci anni dopo vi fu installato il locale comando della Guardia di Finanza, la quale presto si trasferirà per consentire un uso museale del palazzo. Quello che per i più ha perso la fama ingenerosa di orrore architettonico acquisendo quella di gioiello dell’arte ed architettura razionaliste italiane.

Alessandro Mella

NOTE

1) L’Alfiere, 43, Anno XVI, 24 ottobre 1936, pp. 3-4.

2) Ombre sul lago. I drammatici eventi del Lario nella primavera-estate 1945, Giorgio Cavalleri, Arterigere Chiarotto Editore, 2007, p. 209.

3) Il comunista Benito Mussolini, Antonio Ciangrande, StreetLib, 2020, p. 206.

 

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Articolo pubblicato il 20/12/2023