Liquid modernity

Epoca di continui cambiamenti

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Zygmunt Bauman, filosofo e sociologo polacco di origini ebraiche, cui di liquido piacevano solo alcune cose che beveva, ha dato un nome suggestivo all’epoca che ha visto i natali con questo nuovo millennio: Liquid modernity – Modernità liquida.

Quando scrisse il libro così intitolato, dato alle stampe nel 2000, aveva 75 anni. Morto 17 anni dopo, è vissuto quindi abbastanza per rendersi conto che ci aveva visto giusto: il nostro tempo, per lui, era quello della modernità liquida, nella quale le persone si sono emancipate dalla società, hanno conquistato tutta la propria libertà di agire e vivono una forma quasi estrema di individualismo, che non conosce vincoli di relazione.

Interprete delle evoluzioni in chiusura del secolo scorso, per gli anni che ancora gli restavano da vivere e per quelli che stiamo vivendo oggi e che ancora verranno – non sappiamo fino a quando – più di vent’anni fa, quindi, Baumann ha previsto la fluidità precaria delle relazioni sociali e dei rapporti di coppia, la rapidità dei cambiamenti economici e culturali, la instabilità ondivaga degli indirizzi politici, la insicurezza del lavoro, lo sfilacciamento delle istituzioni genitoriali, le mine della procreazione non naturale e quelle del fine vita a domanda, sull’orlo di atteggiamenti delittuosi.

Liquid modernity, per Bauman è mancanza di solidità, ma a me pare che ci sia oggi anche la ricerca, talvolta spasmodica, d’una solidità che dia senso alla vita. In questo contesto di liquidità disgregante, sballottati come in un mare agitato, immediata sorge, infatti, la reazione che, per sopravvivere e non affogare, spinge innanzitutto ad adattarsi e a sviluppare poi nuove competenze, alla ricerca di basi diverse, che diano la sicurezza di solide aggregazioni innanzitutto socioeconomiche.

Occorrono però, a mio parere, soluzioni capaci di convogliare la modernità liquida, che pure è progresso, nell’alveo di un qualche canale capace di portarla a una meta di valori comunque aggreganti, diversi da quelli d’un tempo o anche come quelli del passato, ma rivisitati.

Per altro, ritengo che le acute osservazioni di Bauman non riflettano appieno la situazione italiana. Nel nostro alquanto complesso apparato sociale c’è gente, infatti, estremamente liquida, che forse tollera male a convivere con chi è ancora arroccato alla solidità d’un tempo, che ormai ha fatto il suo tempo. È una affermazione che trova conferma, nel mondo del lavoro, al rapporto tra i giovani e gli altri, i quali un tempo si dicevano vecchi, perché così trattati anche dalle norme sul welfare – termine comparso nel 1951 - e che oggi amano considerarsi solo meno giovani, quantunque dovrebbero riconoscersi almeno anziani.

Per il patrimonio consolidato delle esperienze loro attribuibili, i meno giovani godono di fatto di privilegi, evidenti nella maggiore stabilità del loro posto di lavoro e nella propensione ad essere assunti, o nuovamente assunti; peraltro, i contratti a tempo indeterminato li rende certi di una pensione e tanti già ne beneficiano, avendo fatto versamenti contributivi commisurati, un tempo, alla prospettiva di pochi anni di vita ancora, dopo la cessazione del lavoro. Ma questa prospettiva supera oggi gli 80 anni e la solidità del passato, quindi, è sempre meno attuale anche per loro, perché, a cominciare dalle esigenze sanitarie che impongono spesso ricorsi al privato per le deficienze del sistema nazionale, le sopravvenute necessità non hanno visto proporzionali incrementi di valore delle pensioni e questo spinge i più bisognosi anche a cercare lavoretti, retribuiti in nero off course, ovviamente (Anche questo zabaglione di lingue del nostro parlar comune, che pare ci distingua, è segno della moderna liquidità, mentre si levano grida inascoltate a difesa di un italiano, dalla solidità così compromessa).

Diversa è invece la situazione dei giovani d’oggi, che non sono tutti bamboccioni viziati e poco maturi, i quali pare amino farsi mantenere dai genitori e restano a loro carico nella stessa stanza dove un tempo vagivano in culla. Con ansia, infatti, che diventa angoscia quando urgono problemi di coppia in cerca di spazi propri per un menage di domestica convivenza, ne vediamo tanti, troppi, alla ricerca di una collocazione stabile che ponga fine all’alea di rapporti di lavoro precari, ai continui adattamenti personali e ai salti acrobatici di corsia da una incombenza all’altra.

Si manifesta così la liquidità del presente, che nello switch-tasking, nello spostarsi da una attività a un'altra con la rapidità necessitata, quindi non proprio degli sprovveduti, prepara al multi-tasking, alla capacità di svolgere più attività in contemporanea: è la solidità futura, diversa da quella di un tempo, perché nel mondo, che è sempre lo stesso ma non è più lo stesso, ci si muove oggi, ci si confronta e ci si relaziona alla velocità di internet switchando – trasferendosi – in un istante, da uno spazio all’altro con link – collegamenti - che sono migliaia, che danno accessi immediati anche contemporanei, che ti impongono una produttività esasperata senza alcun cartellino di presenza ad attestare entrate e uscite dal lavoro, che non ti lasciano mai soli e sono stati capaci perfino di violare il lockdown, l’isolamento imposto della esiziale pandemia di Covid, rimediando così alle complesse ricadute psicologiche della segregazione imposta.

La vita media si è allungata e il prolungato godimento pensionistico dei boomers – i nati tra il 1946 e il 1964 - sta già sottraendo risorse ai bisogni dei loro figli che, a differenza dei padri, non godono della solidità d’un tempo, la quale pure sta perdendo resistenza, e vivono invece nella liquidità lavorativa di contratti precari poco protetti, poco sindacalizzati, senza la prospettiva di pensione neanche di breve periodo, ma con la prospettiva, invece, d’una solidità che potrà derivare solo dalla capacità di un multitasking a vita, tale da garantire ogni giorno quel che serve per le necessità del giorno. E il domani?

GPT, con la sua IA, la Intelligenza Artificiale tanto decantata e temuta, a domanda risponde che il futuro potrebbe essere di continui progressi oppure di lento degrado. Beh! Di fronte alla ovvietà di questa risposta, ritengo preferibile non abbandonare la vecchia via additata dal nostro Orazio che, con sottile ironia ricca però di tanto buonsenso pratico, invitava a godere di ciò che la vita ti dà giorno per giorno, in risposta a quello che hai fatto; così ogni giorno sarà un tassello del tuo domani: Carpe die. Sì, Cogli l’attimo, ma coglilo se è stato un fiore, e lo vedrai domani nel vaso che adornerà la tua casa.

Si vales, vàleo.

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Articolo pubblicato il 08/12/2023