Elezioni europee e la ricerca di sopravvivenza del PPE

Italia terra di conquista?

Dalle parti dell’Unione europea si guarda con preoccupazione alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, perché le consultazioni del 2024 rivestiranno una valenza strategica per il futuro del mondo occidentale.

Per tentare un primo bilancio della maggioranza Ursula, non possiamo che trarre conclusioni molto negative, che cerchiamo di elencare per sommi capi.

Sono stati penalizzati i cittadini europei, con norme vessatorie, volte a minare la libertà delle scelte individuali e collettive ad iniziare dal rinnego della cultura dell’alimentazione.

Si sono adottate politiche ambientali discutibili a scapito delle produzioni industriali e con particolare accanimento verso il comparto agroalimentare. Non di certo per tutelare la salute dei nostri concittadini, ma per compiacere e favorire la penetrazione massiccia nel mercato comunitario, delle multinazionali di oltre oceano e della Cina, penalizzando i nostri produttori.

La UE persegue sotto varie forme l’attacco all’uso del contante a scapito della libertà dei cittadini, contraddicendo, nei fatti, lo spirito stesso dell’Unione Europea.

Per compiacere al malaffare già smascherato dal Qatar gate, sono stati erogati ingenti capitali e salvacondotti a Paesi che cimentano l’odio religioso ed armano il terrorismo. Materia purtroppo di cocente attualità. Il distacco sempre dimostrato verso le invasioni migratorie, penalizzano in modo particolare il nostro Paese.

Inoltre l’immagine ed il ruolo dell’Europa non sono mai stati così marginali, nel contesto degli equilibri mondiali. Caso emblematico la guerra tra Russia ed Ucraina, con le diplomazie mondiali impegnate e coinvolte alla ricerca di nuovi e difficili equilibri, mentre l’Europa impotente e snobbata, sta al palo.

Al momento non sono ancora emerse da parte dei Partiti e Paesi, proposte concrete per una radicale riforma dell’Unione europea che veda il Parlamento europeo arbitro delle scelte politiche e non impotente spettatore delle decisioni della Commissione. Auguriamoci che critiche fondate e proposte coraggiose, nell’interesse dei cittadini europei e della democrazia, siano presentate e discusse nei prossimi mesi.

L’unico elemento palpabile che il cittadino protagonista di tutti Paesi esprime e non da oggi, è l’avversione crescente verso quest’Europa, che non è quella dei Popoli, fondata da De Gasperi e Schumann, ma bensì la portatrice degli interessi e delle lobby, come emerso in molteplici occasioni.

Il PPE è l’azionista principale della maggioranza Ursula, per cui orientamenti elettorali alternativi, penalizzerebbero di conseguenza proprio quel partito.

Con i mutamenti del quadro geopolitico ed i conflitti in atto, la prossima maggioranza che verrà eletta dovrà combattere su più fronti, senza sottovalutare i fermenti nazionali ed autonomisti che scuotono l’Europa.

Il Partito Popolare ha già al suo interno forti contraddizioni, soprattutto con Polonia e Ungheria, ma non solo. In Germania, dopo il voto in Assia e Baviera che ha sancito la netta sconfitta per la coalizione di governo – formata da Spd, verdi e liberali – e l’affermazione di Cdu/Csu e, soprattutto, la crescita di Alternativa per la Germania, i sondaggi elettorali su base nazionale confermano che i risultati nei due Länder si inseriscono in una tendenza generale.

Il voto delle scorse settimane e le rilevazioni confermano, dunque, che AfD si è ormai affermata come seconda forza politica nazionale anche nelle regioni occidentali del Paese, pur mantenendo le proprie roccaforti nei Länder della ex DDR. Analoghe previsioni interessano la Francia ed altre nazioni prossime al voto.  Il PPE quindi non può permettersi di vedere diminuito il suo peso contrattuale se intende conservare la propria egemonia.

Ultimamente le prese di posizione contro il vino ed a favore della carne sintetica e per l’introduzione forzata dell’auto elettrica sono state accantonate, ma l’ambiguità dei popolari europei non promette nulla di buono.

A Bruxelles si sta puntando l’attenzione verso l’Italia che assume una valenza determinante.

Ma anche da noi la formula “Ce lo dice l’Europa” è divenuta oggetto di distacco, se non di disprezzo.

Non c’è più la DC egemone, radicata nel territorio come nei decenni passati, anzi in un recente convegno del partito a Susa, l’on. Francesca Donato, ha motivato tutte le sue perplessità nei riguardi della legislatura in corso, elencando i rischi e le azioni deleterie della Commissione, dimostrando che la sua forza politica non sarà di certo succube ai diktat di Bruxelles.

Non c’è più il carisma di Berlusconi, che aveva una rappresentanza numerica molto consistente e in più circostanze è intervenuto a tutela e difesa del nostro Paese. A prescindere dal conciliatorista Tajani, anche gli azzurri esprimono criticità, nei confronti di scelte antitetiche ai nostri interessi.

Quel pesce lesso di Gentiloni, sul fronte PD, non riscuote di certo l’affidamento dell’elettore moderato e tanto meno della sinistra.

Salvini si è alleato con la Le Pen e la Meloni guida i conservatori. Renzi e Calenda, seppur separati, hanno già espresso la loro propensione verso i socialisti. Rimangono Carfagna, Gelmini e Rosato che pare diano vita ai popolari europei e riformatori. Ma si guarda anche a cani sciolti, come a un Damilano qualunque in cerca di poltrone. E siamo solo all’inizio.

Sommando la precarietà dei suffragi italiani con quel che sta accadendo in altri Paesi, forse se il PPE, imboccasse un coraggioso New Deal, abbandonando gli attuali compagni di strada, cercando l’accordo con i conservatori ed altri gruppi minori, ma soprattutto proponendo politiche a favore dei cittadini e non estranee al comune sentire, potrebbe imboccare la rimonta, ridurre l’astensionismo ed i risultati elettorali potrebbero volgere al positivo.

Avremo modo di riparlarne.

 

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Articolo pubblicato il 23/10/2023