Orta - Un modello per i Sacri Monti

Sulle tracce di San Francesco

Vent’anni fa i Sacri monti del Piemonte e della Lombardia sono stati inseriti dall'UNESCO nella lista dei patrimoni dell'umanità. Proponiamo quindi una serie di articoli che ripercorrono la storia e la cultura di queste importanti testimonianze dell’arte e della devozione e create sulla spinta delle istanze sorte in seno al Concilio di Trento.

 

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È una delle perle più belle della collana dei Sacri Monti italiani: ciò sarà dovuto alla collocazione geografica e alla splendida armonizzazione tra architettura e paesaggio, di certo comunque il Sacro Monte di Orta è un complesso di straordinario fascino. Anno in cui può essere individuato l’incipit di quell’impresa che si concretizzerà nell’attuale Sacro Monte, il 1583. Allora, la comunità di Orta decise di realizzare, nella “Selva di San Nicolao”, un gruppo di cappelle intorno a un convento che avrebbe dovuto accogliere, per volontà di Carlo Borromeo e dall'abate novarese Amico Canobio, i frati francescani cappuccini.

 

Non indenne dall’influenza del simile complesso di Varallo, il Sacro Monte di Orta fu progettato dal frate cappuccino Cleto da Castelletto Ticino (1556-1619): raccoglie venti cappelle (originariamente il progetto ne prevedeva trentasei) con alcune vicende più rilevanti della vita di San Francesco, qui considerato imitatore di Cristo.

Il Sacro Monte di Orta, distribuito su un territorio in fondo ristretto e nel punto più elevato dell’area, propone venti strutture architetture di notevole qualità, alcune decisamente affascinanti, come quella del “Cantico delle creature”.

 

Nucleo antico del complesso la chiesa dedicata a San Nicolao da Mira, già presente nel IX secolo e parte integrante di un complesso fortificato che occupava quella posizione poiché oggettivamente strategica (incontreremo un esempio del genere nel Sacro Monte di Belmonte). Va effettivamente osservato che il campanile presenta caratteristiche che lasciano intravedere una sua precedente funzione di torre, anche perché si trova in diretto rapporto visivo con quella del Buccione.

 

La struttura romanica della chiesa è stata trasfigurata dall’inserimento di varianti in tempi successivi e da tutta una serie di restauri. Merita di essere osservata la statua lignea detta “della Pietà” o “Madonna delle Grazie”, già da tempo ben presente nella locale tradizione devozionale locale per le sue presunte doti taumaturgiche. È probabilmente un’opera di scuola tedesca del X secolo.

 

Al Sacro Monte si accede attraverso un arco trionfale, posto sulla strada che da Orta conduce al complesso devozionale e di cui sappiamo dell’esistenza solo dal 1648, anno in cui fu indicato nel corso da una visita pastorale del vescovo di Novara. Nel 1661, monsignor Giulio Maria Odelscalchi chiese che sulla sommità dell’arco fosse posta una statua di San Francesco: l’opera venne realizzata da Dionigi Bussola e posta il loco nel 1666.

 

Con venti cappelle interamente affrescate e trecentosettantasei statue in grandezza naturale, il Sacro Monte di Orta è nella condizione di restituire tutta la dimensione mistica che circonda l’immagine del “poverello d’Assisi”.

Seguendo un’interpretazione tipicamente controriformista, questo complesso devozionale si poneva, agli occhi del fedele del XVI-XVII secolo, come un teatro nel quale andava in scena una rappresentazione colma di umanità, in cui l’esperienza di San Francesco risultava facilmente comprensibile da tutti.

 

Se padre Cleto fu – secondo i risultati degli studi più recenti – il promotore dell’iniziativa che avrebbe dovuto concretizzarsi nel Sacro Monte, chi operò perché il passaggio dall’idea all’azione si realizzasse, fu l’abate novarese Amico Canobio. Funzionario di papa Pio IV, finanziò l’edificazione della prima cappella, ma morì poco tempo dopo. L’impresa continuò grazie al contributo e all’appoggio della comunità di Orta, fu inoltre rilevante la partecipazione del vescovo Bascapè, figura che, come abbiamo visto, fu molto attivo nel Cusio e di fatto regista del Sacro Monte.

 

Come dimostrato dalla critica, il merito di aver dato corpo alla maggior parte delle cappelle va a padre Cleto da Castelletto Ticino: architetto cappuccino che oltre agli edifici disegnò anche lo splendido pozzo ottagonale, il convento e operò per il rifacimento della chiesa.

 

Le venti cappelle, come detto, riprendono alcuni degli episodi salienti del Santo di Assisi: Nascita del santo; Il crocifisso parla a San Francesco nella chiesa di San Damiano; Rinuncia dei beni del mondo; San Francesco ascolta la messa; Vestizione dei primi seguaci; San Francesco invita i discepoli a predicare - i primi miracoli; L’approvazione della regola da parte di Innocenzo III; San Francesco visto dai frati su un carro di fuoco; Vestizione di Santa Chiara; Vittoria del santo sulle tentazioni; Il santo ottiene da Cristo il privilegio dell’indulgenza della Porziuncola; Approvazione della regola da parte di Cristo; San Francesco fa dimostrazione di umiltà facendosi condurre nudo per le vie di Assisi; Il santo davanti al sultano d’Egitto; San Francesco riceve le stigmate sulla Verna; San Francesco ritorna ad Assisi dalla Verna, poco prima di morire; Morte del santo; Nicolo III, un vescovo e il segretario sulla tomba del santo; I miracoli sul sepolcro di San Francesco; La canonizzazione di San Francesco; Il cantico delle creature.

 

Quest’ultima cappella, la più recente di Orta (iniziata nel 1788), risulta strutturata sulla verticalità e si inserisce armonicamente nel punto in cui è stata costruita, anche se presenta un’impostazione architettonica del tutto diversa dalle altre cappelle del Sacro Monte.

 

Strutturalmente il complesso di Orta può essere suddiviso in tre blocchi, corrispondenti ad altrettante fasi costruttivi: la prima, ha origine intorno al 1590, quando ebbe inizio il cantiere, e si conclude nel 1630, caratterizzando le opere che la contrassegnano con un’impronta marcatamente manierista. Da quell’anno, fino alla fine del XVII secolo, lo stile caratteristico è quello barocco, contrassegnato da linee stilistiche fortemente aderenti alla poetica di questa forma estetica e culturale. Nel terzo periodo l’impostazione barocca risulta più “libera”, lasciando intravedere l’intrusione di elementi stilistici di diversa origine che comunque ben si armonizzano all’insieme del complesso architettonico.

 

L’impianto decorativo è di ottimo livello, le statue (376) e gli affreschi si amalgamano con limpidezza, dando sostanza ad un insieme dominato dall’armonia, che riesce così ad evocare le vicende di San Francesco con una straordinari lucidità e un notevole verismo.

Nel corso della prima fase costruttiva furono coinvolti nel progetto artisti che ebbero maggiore credito presso il Bascape, anche in relazione alla loro attività svolta presso il Sacro Monte di Varallo. Tra gli altri ricordiamo gli scultori Giovanni d'Enrico e Cristoforo Prestinari, i pittori Giovanni Battista e Giovanni Mauro della Rovere detti i “Fiammenghini”, Pier Francesco Mazzucchelli detto il “Morazzone” e Antonio Maria Crespi detto “il Bustino”.

 

Nella fase successiva, in cui a prevalere è soprattutto la linea barocca, operò attivamente lo scultore Dionigi Bussola, che ci ha lasciato tracce della sua notevole maestria anche in altri Sacri Monti: Varallo, Varese e Domodossola.

 

Importante il contributo dei fratelli Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone, della cui arte abbiamo due esempi emblematici nella cappella dedicata alla “La vittoria i San Francesco sulle tentazioni” e in quella  della “Morte di San Francesco”.

 

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Articolo pubblicato il 25/09/2023