Metano delle mie brame

Tutti lo vogliono a casa propria... ma col rigassificatore a casa d’altri

Un problema complesso, posto da alcuni alla attenzione di tutti: nel pomeriggio del 10 di settembre appena trascorso, lungo l’arenile, che va da Savona a Spotorno, seguiti anche da bagnanti vacanzieri, i residenti hanno formato una catena umana, lunga più di cinque chilometri, per manifestare, in modo civile e democratico, il proprio dissenso contro il previsto posizionamento di un rigassificatore che, per un paio d’anni, sembra, dovrebbe stazionare su una grande nave, all’ancora di una boa galleggiate a un paio di chilometri circa dalla costa davanti a Vado.

Nella calura agostana appena trascorsa, sulle pagine elettroniche di questo giornale, Giancarlo Guerreri ha dedicato alcuni articoli al rigassificatore, che minaccia - egli dice - di invadere un territorio caratterizzato dall’Area Marina Protetta di Bergeggi e della sua isola. Il nostro è intimamente, emotivamente legato a questo angolo della riviera , suo buen retiro a lui molto caro, dice chi lo conosce bene, e comunque luogo di ispirazione delle pagine esemplari di alcuni suoi libri di ricerche iniziatiche e di diffusione della conoscenza del nostro sommo Poeta, da lui metabolizzata tanto, a partire dalla Divina commedia, da poter dare alle stampe anche una intrigante storia scritta in molta parte in terzine dantesche nella rima e nel linguaggio, attribuibili d’acchito all’Alighieri. È Cicero pro domo sua, quindi, Giancarlo Guerreri che considera un progetto insensato questo rigassificatore? Mah!

Di tali impianti, in Italia ce ne sono 4, in mare aperto, rispettivamente al largo di Livorno, Rovigo, La Spezia e Piombino. Quest’ultimo, qui da pochi mesi, dovrebbe essere spostato fra tre anni nel golfo di Savona. Si trova a bordo di Golar Tundra, una Float Storage and Regasification Unit (Fsru), che batte bandiera delle isole Marshall ed è di proprietà della SNAM, società italiana attiva nel trasporto, nello stoccaggio e nella rigassificazione del metano, al quale, in vista della auspicata transizione energetica, pare non si possa più rinunciare.

Nell’area di mare di Vado ligure, quando la sua grande centrale termoelettrica era alimentata a carbone, i velieri cercavano di stazionare il meno possibile, perché sporcava le loro bianche vele il fumo nero di quelle quattro ciminiere. Oggi ne resta solo una, che svetta riconoscibile da lontano. I suoi pochi pennacchi di fumo non velano più di grigio il cielo: la centrale è alimentata a metano.

Questo gas, estratto dai grandi giacimenti non sfruttati adeguatamente, presenti sul nostro territorio e in prossimità di alcuni lidi del nostro Paese, non ci basta. Per sopperire alle nostre necessità, ne acquistiamo dall’estero, donde arriva spinto a pressione per centinaia di chilometri, dai luoghi di produzione, nei gasdotti (pipe line). Questi tubi di acciaio, di diametro anche maggiore di un metro, sotterranei o sottomarini, entrano in Italia, a nord, a Passo Greis in Piemonte e a Tarvisio in Friuli; a sud, a Mazara del Vallo e Gela in Sicilia, e a Melendugno in Puglia.

La riduzione delle forniture di gas dalla Russia, come conseguenza della sconsiderata guerra mossa da questo Paese all’Ucraina, ha indotto l’Italia a rifornirsi dell’indispensabile metano acquistando anche grandi quantità di Gas Naturale Liquefatto (GNL), miscela di idrocarburi con più del 90% di metano. Il GNL, portato a 160 gradi centigradi sottozero, riduce di circa 600 volte il proprio volume; ciò ne rende quindi conveniente il trasporto via mare con grandi navi metaniere, che lo scaricano nelle Fsru, dove viene stoccato. In seguito, il processo di rigassificazione prevede di immettere il GNL in uno scambiatore di calore, in cui scorre acqua di mare, con la quale non viene mai a contatto. L’acqua di mare, decisamente più calda, nei tempi previsti riporta il GNL allo stato gassoso.

Le strutture altamente tecnologiche usate per vaporizzare il GNL non sono indenni dalla possibilità o dalla probabilità che si verifichino eventi indesiderati o imprevisti, dalle conseguenze negative o dannose. I rischi maggiormente temuti per i rigassificatori, che sono impianti di particolare complessità, riguardano inquinamenti, perdite di gas, incendi, esplosioni; ma, in modo responsabile, bisogna chiedersi se questi rischi siano probabili o solo possibili. Orbene, gli elevati standard di sicurezza continuamente monitorati lungo la catena, che va dal trasporto del GNL alla distribuzione del gas fino ai luoghi di utilizzo anche domestici, portano a considerare questi rischi assolutamente non probabili e solo in astratto possibili. Comunque, anche per questi ultimi, come per tutti gli altri ipotizzabili, di qualsivoglia natura o entità, esistono piani aziendali per fronteggiali. Oltre quelli imposti da norme di legge recenti, che prevedono una rigorosa gestione della sicurezza negli impianti di rigassificazione, questi piani aziendali lasciano poco alle invenzioni del momento circa le azioni per contrastare e gestire emergenze d’ogni tipo, specie se prevedibili come gravi.

C’è chi azzarda ipotesi estreme di atti di terrorismo a danno dei rigassificatori, ma, a tal proposito, si deve ragionevolmente considerare che questi impianti, oggi componenti essenziali dell'infrastruttura energetica del Paese, per la loro importanza socioeconomica sono comunque oggetto della massima tutela da parte delle istituzioni del nostro Stato.

C’è, inoltre, chi teme tanto gli scarichi in mare dei prodotti usati nel trattamento del GNL quanto lo shock termico dell’acqua di ritorno dallo scambiatore di calore al mare: gli uni e l’altro potrebbero comportare, infatti, modifiche degli equilibri ittici, dei fondali della zona e del suo sistema ecomarino. Si interrogano quindi, queste persone, sull’impatto ambientale del rigassificatore e sull’inquinamento delle acque della area marina protetta di quel mare, che bagna – dice Guerreri - la più lunga striscia di arenile della Liguria, da 23 anni consecutivi premiata con il prestigioso riconoscimento della bandiera blu, dove sono presenti numerosi stabilimenti balneari.

Nella logica delle cose, pertanto, è naturale che i residenti di quell’arenile siano particolarmente interessati a preservare la bellezza naturale del loro territorio e del loro mare. Come sempre, però, nel sociale devono essere contemperate le necessità di alcuni con quelle della collettività; ma in questo caso gli “alcuni”, nel pomeriggio del 10 settembre scorso, erano una catena umana. Non ne consideriamo la lunghezza in chilometri (5? - 6?), ma il numero delle persone che la formavano: 12 mila? 16 mila? 20 mila? I numeri riflettono il punto di vista e l’interesse personale, indubbiamente anche politico, di chi ha riportato queste cifre sui media, ma di certo erano in tanti, in tantissimi a dire no al rigassificatore, anche perché forse tra loro, azzardiamo, serpeggiava un poco di preoccupazione per quel che non conoscevano. Non è infatti da tutti sapere tutto sulle problematiche tecniche, logistiche, di sicurezza, di un impianto come questo, di rilevantissima portata anche sotto il profilo ambientale, socioeconomico e politico.

Circa l’aspetto della politica nazionale: i nostri giacimenti di metano sono ricchi, secondo i sondaggi noti, ma un tempo il nostro Governo decretò di soprassedere – qualcuno aggiunge: purtroppo – al loro razionale sfruttamento e, anziché favorire la produzione in proprio del metano necessario, ne congelò i luoghi di estrazioni a quelli già in atto e decise di acquistare sulla piazza il resto del gas occorrente; quello della Federazione russa fu considerato conveniente.

Circa l’aspetto della politica internazionale: per decisioni dei nostri Governi passati, la Federazione russa è stata per anni, fino a qualche mese fa, la nostra principale fornitrice di metano. La tensione dei rapporti con quello Stato ha imposto, dopo, complesse valutazioni nella scelta di altri Stati fornitori e nelle modalità per trattare con essi gli acquisti. Qualcuno si chiede: perché le enormi quantità di metano dei nostri giacimenti sono riserve patrimoniali intangibili?

Ancora una volta, quello del gas è quindi un problema eminentemente politico. Un tempo i Governi decisero in merito d’autorità (qualcuno dice: per ordine dei partiti che li rappresentavano); oggi, il Governo in carica dovrebbe considerare la possibilità di un compromesso, nel "Rispetto della popolazione" di quel tratto di costa ligure, rispetto spesso invocato sui media riguardo al trasloco del gassificatore di Golar Tundra, che fu, e continua in qualche modo ad essere ancora contestato anche in quel di Piombino.

È sommo interesse dei governati, e forse ancor più dei governanti, che il gas ci sia e un compromesso, essenza della politica, si rende in merito necessario.

Sì al rigassificatore, quindi, ma lontano dagli occhi di quella popolazione, che ha manifestato i propri desiderata in modo democratico estremamente civile, con una catena umana impressionante.

Ad ogni buon conto, Golar Tundra dovrebbe arrivare tra tre anni che, se misuriamo lo spazio-tempo nell’epoca in cui si viaggia alla velocità di Internet, sono tantissimi. Poiché occorre dare tempo al tempo per la realizzazione di grandi progetti, di tempo, quindi, ce n’è tanto prima del trasloco della nave. Basta non sprecarlo, questo tempo, soprattutto ottimizzarlo.

Quella catena umana dei giorni scorsi, espressione d’un disagio collettivo stemperato da un caldo pomeriggio di fine estate, ha avuto il collante del passa parola tra gli stabilimenti balneari; collante che, trovato in poco tempo, ha tenuto per il breve tempo di un mezzo pomeriggio. Potrebbe però anche rompersi quella catena e i suoi anelli, sfilati, potrebbero ammassarsi in folla di piazza che, come ognun sa, manifesta in altri modi, specie sotto il pungolo di agit prop, di agitatori e propagandistici politici, magari anche prezzolati sobillatori, spesso chiamati a raccolta da lontano, con la rissa come unico credo da condividere.

Per quanto si sa, nulla sappiamo, perché non abbiamo accesso alle schede segnaletiche delle indagini certamente in corso. Per quanto si è visto, vociante quasi come a festa, con gente di quel posto e vacanzieri d’altri posti anche stranieri, abbiamo visto la riva di quel mare d’incanto che, appena mosso quel giorno, conosce anche la furia improvvisa delle tempeste da naufragio.

 

Si vales, vàleo.

 

Foto di G. Guerreri, per sua gentile concessione

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Articolo pubblicato il 15/09/2023