Gli autovelox in Italia, legittimità o inganno? (Parte 3/3)

Pubblica Amministrazione e legalità non sempre vanno a braccetto.

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Link alla seconda parte: https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=48871

Quale ente è formalmente responsabile per l’omologazione e l’emissione del relativo decreto da pubblicare sulla G.U.?

Stando al già citato art. 45, comma 6 del C.d.S. se ne dovrebbe occupare il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (M.I.T.). Tuttavia alcune altre interpretazioni e/o sentenze (es. sentenza 220/2021 del Giudice di Pace di Belluno) ne ascrivono l’atto tecnico al Ministero dell’Industria e del Made in Italy (già Ministero per l’Industria e lo Sviluppo Economico-M.I.S.E.). 

Nei fatti, il M.I.T. rilascia per lo più Decreti (o delibere) Dirigenziali, che impropriamente vengono citate sui verbali come omologazioni, mentre il M.I.S.E. declina elegantemente l’incombenza con nota 4460 del 08 giugno 2021.

In questa “incertezza” ministeriale, al giorno d’oggi non risulterebbe essere mai stato pubblicato alcun decreto relativo all’omologazione degli autovelox, né di alcun altro strumento di rilevazione elettronica, nemmeno per la segnaletica stradale, da parte di alcuno dei suddetti ministeri. 

La questione, fino almeno a quando il legislatore non si deciderà per una definitiva chiarezza, è destinata a rimanere controversa, soprattutto in ragione di una normativa che risulta farraginosa e si presta ad interpretazioni differenti.

Come conseguenza concreta, che è quello che ci riguarda più direttamente, fino ad oggi nessun strumento di misura, impianto semaforico e segnaletica stradale risulta omologato ai sensi dei succitati articoli di legge e non potrebbe pertanto essere commercializzato, né installato, né tantomeno utilizzato.

Giova tra l’altro ricordare come l’omologazione non sia solo un atto amministrativo, ma anche un fatto tecnico complesso, atto a garantire che uno strumento, come ad esempio l’autovelox, sia corretto e preciso nel suo risultato ottenuto.

Le società produttrici delle apparecchiature come autovelox, photored, ecc. non dispongono del D.M. di omologazione, in quanto inesistente, come abbiamo visto ed hanno finora ottenuto soltanto mere Determine Dirigenziali firmate da un dirigente del MIT, che non certificano il rispetto dei requisiti tecnici circa l’attendibilità funzionale dello strumento al fine di ottenere l’omologazione.

In definitiva la Determina Dirigenziale non è e non va confusa con il Decreto Ministeriale di omologazione pubblicato in Gazzetta Ufficiale come previsto dal citato art. 192 comma 7 del Regolamento di Attuazione del C.d.S.; né può, ovviamente, scavalcarlo.

È opportuno ricordare a questo proposito, che sovente sui verbali relativi ad accertamenti d’infrazioni a mezzo apparecchiature elettroniche vengono scritte frasi del tipo: “omologato con decreto di omologazione n… del …, seguito dal riferimento di una Determina Dirigenziale del MIT” oppure “omologazione Decreto Dirigenziale prot. n… Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del gg/mm/aaaa” o diciture simili.

Si tratta qui di una vera e propria alterazione della verità del verbale da parte dell’agente certificatore, che ricorrerebbe così negli estremi del reato di falso ideologico e/o di falso in atto pubblico, in quanto tale dichiarazione viene redatta nonostante sia ormai giuridicamente comprovata dalla Cassazione la distinzione tra omologazione e approvazione.

Tale consapevolmente erronea dichiarazione presente nel verbale, che è un atto pubblico, in quanto redatto da un pubblico ufficiale che attesta la verità di ciò che dichiara, dal valore probatorio e giuridico, sia in sede giudiziaria, che in sede amministrativa, è aggravata in quanto non vi è dubbio alcuno che conosca tale distinzione più volte pronunciata nelle numerose sentenze di merito.

Altro aspetto non meno secondario è il sito dove vengono posizionate le apparecchiature di rilevamento. Infatti non tutte le strade sono idonee ad accogliere un autovelox. Vedasi, per esempio, l’ordinanza n. 5078 del 17 febbraio 2023 della Corte di Cassazione Civile, Sezione II (https://www.circolazione-stradale.it/Giurisprudenza/Anno-2023/Ordinanza-CC-5078-2023).

Da quanto emerso fin qui, risulterebbe che nessuna apparecchiatura di rilevamento elettronico delle infrazioni stradali, prime fra tutte gli autovelox, fissi o mobili che siano ed i tutors, sia legittima, in quanto la loro installazione ed il loro utilizzo contravverrebbe i termini di legge, non avendo alcuna di esse ottenuto la tanto opportuna, quanto necessaria omologazione.

Alla luce di questi fatti, poiché invece la PA continua imperterrita ad installare apparecchiature di rilevamento elettronico delle infrazioni stradali un po’ dappertutto sul territorio, ci si chiede a buon diritto le ragioni di tale atteggiamento. Non vogliamo affermare qui che si tratti di attività deliberatamente fraudolente, messe in opera dalla PA al solo ed unico scopo di fare cassa; il dubbio tuttavia potrebbe anche sorgere, il che porterebbe a prefigurare addirittura gli estremi per il reato di tentata estorsione, nel caso in cui la malafede venisse provata.

La dissertazione potrebbe continuare ancora a lungo, essendo molti gli esempi che si potrebbero citare e/o le varie sentenze emesse nel tempo a questo proposito (tutte facilmente reperibili sul web, per chi volesse approfondire le abbondanti casistiche verificatesi nel corso del tempo).

Possiamo tuttavia ritenere che le informazioni addotte fin qui possano già costituire una base sufficiente, anche se non esaustiva, del fatto che non sempre, quando ci viene notificato un verbale di contestazione di un’infrazione stradale rilevata a mezzo delle succitate apparecchiature elettroniche, esso rispecchi i termini di legge e si possa pertanto definire legittimo. Anzi, abbiamo motivi per supporre sovente l’esatto contrario.

Per opporsi a questo stato di cose non è tuttavia necessario ricorrere ad atti estremi come quelli citati in apertura. È sufficiente e necessario leggere sempre attentamente i verbali, controllare e verificare ogni singolo elemento contenuto, ogni riferimento ad articoli di legge, così come ai Decreti di omologazione e/o approvazione ivi menzionati (tutte informazioni immediatamente reperibili sul web), al fine d’individuare la correttezza dei dati forniti e/o le eventuali incongruenze e gli elementi di falso in atto pubblico, qualora esistenti.

Sulla base degli elementi raccolti, nel caso in cui se ne rilevassero gli estremi, si può ricorrere al Prefetto o al Giudice di Pace. Ricorso al prefetto entro 60gg. dal ricevimento del verbale. Giudice di Pace entro 30gg.

Entrambe le opzioni sono possibili direttamente, se ce la si sente oppure affidandosi all’ausilio di professionisti del Foro. Se si opta per il ricorso al Prefetto, si richieda come prima cosa l’accesso agli atti (FOIA)1, con particolare attenzione rivolta a Certificati di Omologazione e relativa pubblicazione sulla G.U. Se, nonostante le eventuali evidenze di illegittimità, il Prefetto dovesse rigettare il Ricorso (può capitare), allora si impugna il rigetto presso il Giudice di Pace competente, allo scopo di ridefinire il contenzioso. Normalmente il Giudice di Pace riconosce l’illegittimità del provvedimento, sempre che ne vengano fornite evidenze concrete, come dimostrano abbondanti sentenze già emesse su tutto il territorio nazionale. La mancanza del Decreto di Omologazione è già di per sé motivo sufficiente per l’annullamento della fattispecie.

Altri motivi di annullamento del verbale possono essere gli errori o i ritardi di notifica; ricordiamo che la PA ha dei tempi ben precisi per rispondere alle varie istanze che la coinvolgono, trascorsi i quali il procedimento decade.

Come si vede, nonostante tutto, molteplici sono le possibilità ancora a disposizione del cittadino per veder riconosciuto il suo diritto ad un trattamento a termini di legge e non già a termini coercitivi, vessatori o fraudolenti arbitrariamente decisi da un qualche ufficio della PA che non si conforma alle vigenti normative.

Si potrebbe obiettare che a volte i costi dell’opposizione a tali verbali potrebbero risultare maggiori dell’importo dei verbali stessi. Questo può effettivamente capitare. Ma, come abbiamo detto in apertura di questa dissertazione, lo scopo di queste azioni non è tanto quello di risparmiare dei costi o di farla franca, ma di far pressione sulla PA sancendo il diritto proprio a qualunque cittadino di venir trattato a termini di legge.

Occorre pertanto cominciare a essere ben consapevoli delle norme vigenti, informandosi bene e senza soluzione di continuità, analizzando attentamente i fatti contestati, in forza del principio che non è detto che quanto proviene dalla Pubblica Amministrazione sia sempre e soltanto oro colato; se il numero di ricorsi si moltiplicasse esponenzialmente, si riuscirebbe forse un giorno ad indurre la PA ad agire nel rispetto delle vigenti normative e procedure e non nei termini ingannevoli e sleali perpetrati sino ad ora.

                                                                                           luca rosso

1Il Freedom of Information Act (FOIA), diffuso in oltre 100 paesi al mondo, è la normativa che garantisce a chiunque il diritto di accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, salvo i limiti a tutela degli interessi pubblici e privati stabiliti dalla legge. In Italia tale diritto è previsto dal decreto legislativo n. 97 del 2016 che ha modificato il decreto legislativo n. 33 del 2013 (c.d. decreto trasparenza), introducendo l’accesso civico generalizzato al fine di promuovere la partecipazione dei cittadini all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.

 

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Articolo pubblicato il 15/09/2023