Dipendenza da cibo. Esiste oppure no? Parte 2

Accademici a confronto su un argomento “scottante”.

In questa seconda parte entriamo nello specifico nel comprendere cosa è la dipendenza da cibo. La storia scientifica fa risalire, in base a quanto affermato sullo lo Yale Journal of Biology and Medicine, che il termine definente la “dipendenza” venne utilizzata, e qui parliamo di cibo, per la prima volta nel lontano 1890. L’alimento ispiratore di tale etichetta era il cioccolato.

La stessa parola poi fa di nuovo capolino, 66 anni dopo. Il suo nuovo tornare alla ribalta lo si deve a Theron Randolph, MD, ricercatore sulle dipendenze, che, esattamente nell’anno  1956, pensò di utilizzare il termine “dipendenza da cibo” nel Quarterly Journal of Studies on Alcohol per descrivere “un adattamento specifico a uno o più alimenti consumati regolarmente a cui una persona è altamente sensibile [che] produce un modello comune di sintomi descrittivamente simili a quelli di altri processi di dipendenza”.

Vicino ai giorni nostri, i ricercatori in psicologia e del comportamento, si tende ad associare la definizione di “dipendenza da cibo” come un atto ripetitivo rivolto a cibi altamente gratificanti.

Si allinea a questa descrizione la D.ssa  Ashley Gearhardt, PhD , ricercatrice e assistente professore di psicologia presso l'Università di Los Angeles. laboratorio di scienza e trattamento degli alimenti e delle dipendenze presso l'Università del Michigan ad Ann Arbor, co-fondatrice di un metodo di analisi predisposto allo studio del fenomeno.

Insieme a suoi colleghi, la D.ssa Gearhardt hanno messo a punto uno schema di valutazione battezzato Yale Food Addiction Scale (YFAS).

Questo metodo analitico basato sul concetto dello scaling valutativo percepito dalle persone è operativo dal 2009. Già in quell’anno lo stesso ha avuto modo di esprimere al meglio il suo potenziale di analisi della dipendenza.

All’interno dello schema di analisi vi sono 25 domande in grado di misurare i vari livelli di dipendenza. Per poterlo farle ci si è basati sui segnali comportamentali, ormai consolidati. Ovvero comportamenti che corrispondono ai criteri diagnostici del DSM-5 per altri tipi di dipendenza da sostanze come le dipendenze da dogre e alcool.   

Le stesse domande puntano a definire quali alimenti possono innescare tali comportamenti disfunzionali da dipendenza in alcune persone.  Il modello di analisi YFAS si è dimostrato efficace. Per questo motivo è stato revisionato e reso ancor più incisivo.  L'ultima versione è stata pubblicata sulla rivista Psychology of Addictive Behavior .

Alcuni segnali premonitori di una possibile dipendenza da cibo possono essere catalogati con:

  • Perdita di controllo mentre mangi. Anche se dici a te stesso smettila, continui a mangiare.
  • Una sorta di disagio, quasi una tristezza al pensiero di smettere di cibarti
  • Sei completamente sazio ma non riesci a smetter di magiare. (qui, entra in gioco il nostro essere italiani. Ogni occasione è buona per mangiare insieme. Questo ultimo punto non vale se si tratta di mangiare con parenti che non si vedono da tempo, nelle feste comandate, e nelle feste da cerimonia. Perché chi di noi non ci cade in questa ultima trappola? Se lo si fa tutti i giorni allora è da considerarsi valido).

Perché tutto il pippone sull’ultimo punto? Perché la dipendenza da cibo si colloca nel ricercare i cibi gratificanti.  E cosa è più gratificante di mangiare con amici o parenti con cui si sta bene insieme?

Nella prossima parte analizzeremo quali sono gli alimenti che maggiormente innescano i recettori cerebrali da stimolare la dipendenza da cibo

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Articolo pubblicato il 11/09/2023