L'utopia del marxismo

Riflessione Critica di Alternativa Tricolore

Da Laura Costa, Responsabile Nazionale del Progetto Alternativa Tricolore, ci giunge questa "Riflessione" che pubblichiamo nell'ottica della pluralità di informazione che è la nostra peculiarità assoluta.

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"Cominciamo con cercare di capire realmente l’essenza dell’ideologia di Marx, per vedere poi in seguito i punti che la rendono inattuabile e utopistica.

 

Il marxismo è una teoria politica e sociale basata sul pensiero attributo a Marx ed Engels, filosofi tedeschi del XIX secolo, oltre che economistigiornalisti e rivoluzionariMarx sviluppò una critica rivoluzionaria della società moderna. Egli raccolse questa critica nella sua opera fondamentale (benché rimasta incompiuta ): Il Capitale.

 

La società del pensiero di  Marx è  una comunità armonica e compatta, in cui l'uguaglianza si fonda sulla solidarietà; in cui quindi non c'è separazione tra "stati sociali"; in cui l'individuo si identifica col corpo sociale, che ne costituisce l'essenza.

Per giungere a questo tipo di società Marx individua  la necessità dell'abolizione della proprietà privata, fonte di tutte le contraddizioni tipiche delle società borghesi e principale ostacolo per l'attuazione di un'autentica uguaglianza.

 

Per Marx nella società borghese l'operaio è considerato merce; il salario è il prezzo della schiavitù; il lavoro ha valore solo in funzione del capitale; il capitale è il risultato dello sfruttamento; la miseria dell'operaio è proporzionale al suo potere produttivo e alla quantità della sua produzione; il rapporto capitale-lavoro e capitalista-operaio non può essere se non conflittuale; la società borghese è quindi scissa immediabilmente in due classi, quella dei capitalisti e quella dei proletari; la "concorrenza", che è la legge su cui si fonda l'ordinamento capitalistico, determina la progressiva scomparsa dei capitalisti "piú deboli", cioè determina l'accumulazione del capitale in poche mani, e la progressiva estensione quantitativa dell'area proletaria.

 

Per Marx lavoro e capitale sono interdipendenti, ma sono anche radicalmente opposti; è vero che si generano l'un l'altro, ma è pur vero che si negano reciprocamente. Pertanto la società borghese si fonda sul conflitto tra operaio e capitalista, tra lavoro e capitale. Per eliminare questa contraddizione - poiché non è possibile alcuna conciliazione - bisogna eliminare uno dei due termini opposti; ma in tal caso non c'è scelta: non resta che distruggere il capitale.

 

In che modo deve avvenire questo passaggio dal liberalismo al comunismo?

Attraverso la “rivoluzione proletaria” il cui scopo è quello di abbattare lo Stato Borghese e le sue forme istituzionali. Secondo Marx la trasformazione rivoluzionaria che porterà dalla società capitalistica alla società comunista passerà necessariamente nella fase chiamata “ Dittatura rivoluzionaria del proletariato”.

 

Se lo Stato nel capitalismo esprime il “dispotismo” o la “dittatura di classe” della borghesia, risulta ovvio che il proletariato, se vuole davvero costruire il comunismo, non può fare a meno di instaurare una sua dittatura che , a differenza delle altre dittature storicamente esistite, che sono sempre state dittature di una minoranza di oppressori su di una maggioranza di oppressi, appare invece come una dittatura della maggioranza degli oppressi su di una minoranza di (ex) oppressori, destinata a scomparire.

La dittatura del proletariato si configura dunque , per Marx, come la misura politica fondamentale per la transizione dal capitalismo al comunismo.

 

Secondo Marx la dittatura del proletariato è solo una misura storica di transizione (sia pure a lungo termine ), che mira al superamento di se medesima e di ogni forma di Stato.

 

Al fondo del comunismo marxista vi è dunque un ideale di tipo anarchico. A differenza degli anarchici, Marx ritiene tuttavia che l’auspicata società senza Stato non si possa raggiungere subito, ma solo in una prospettiva futura.

Il modello marxista si differisce anche dal sistema socialdemocratico, poiché a differenza di quest’ultimo che vuole conquistare lo Stato dall’interno ed utilizzarlo per i propri scopi, secondo il modello marxista il proletariato deve “spezzare” la democrazia e il parlamentarismo borghese, sostituendolo con una sua democrazia di tipo diretto.

 

Solo quando l’edificazione del socialismo sarà compiuta, lo Stato , secondo Marx , potrà davvero estinguersi , e far posto all’ideale di un autogoverno dei produttori associati in cui il dominio sugli uomini sarà completamente sostituito dalla semplice amministrazione delle cose.

 

Com’è stato notato più volte dalla critica , la dottrina di Marx, ben lontano dal mettere capo ad un prototipo ideale dettagliato della futura società comunista, si limita ad accennare ad essa in modo piuttosto frammentario e in scritti non destinati alla pubblicazione.

 

Che questo “filosofo del comunismo” non abbia specificato il volto della nuova società è stato diversamente interpretato. Da una parte ci sono coloro che  ritengono che Marx si sia rifiutato, per usare una sua frase, di “prescrivere ricette per l’osteria dell’avvenire”, manifestando così una positiva mentalità “scientifica” ed antiutopistica, tesa a parlare con rigore del presente e ad evitare discorsi nebulosi sul futuro.

Dall’altra parte ci sono coloro che ritengono invece tale decisione come un grave “vuoto teorico”, destinato a pesare in senso negativo sul futuro movimento comunista mondiale, che si troverebbe a predicare la distruzione del capitalismo senza avere in mente un preciso modello di società e di Stato con cui costruirlo.

 

Vorremmo esprimerci  in merito al primo gruppo di opinionisti ponendoci delle domande: come mai ritengono essi manifestazione di una mentalità scientifica ed antiutopistica la scelta di Marx di evitare discorsi nebulosi sul futuro, quando l’ideologia marxista è fondata sulla risoluzione e sulla  distruzione del capitalismo che come dichiarato dallo stesso Marx è programmata e prevista, non nella realtà imminente, ma nel futuro?

 

E ancora ci chiediamo: come può essere ritenuta possibile  la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, la società come unico datore di lavoro di se medesima, rendendo  gli individui tutti uguali ?

 

Questo “ugual diritto” che consiste nel misurare in egual misura il lavoro erogato non tiene conto delle differenze individuali , limitandosi ad annullare astrattamente le persone e dimenticando che “l’uno è fisicamente o moralmente superiore all’altro, e fornisce quindi nello stesso tempo più lavoro, oppure può lavorare durante un tempo più lungo ... Inoltre un lavoratore è ammogliato, l’altro no; uno ha più figli dell’altro" ... insomma un modello di società che voglia essere il modello del futuro non deve tener conto oltre che delle capacità degli individui , anche dei bisogni?

 

E’ vero che nella seconda e più elevata fase della società comunista pensata da Marx egli vede l’individuo come realizzato secondo le sue capacità e i suoi bisogni, ma  risulta un po’ difficile pensare come attuabile l’idea di una società senza Stato, caratterizzata dalla socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, quindi al passaggio dal liberalismo al comunismo attraverso la realizzazione, e il successivo superamento di sé, della “Dittatura del proletariato”, senza però avere chiaro nel dettaglio il modello definitivo di società e la forma di organizzazione che la deve caratterizzare!

 

Vogliamo citare il libro molto interessante di Diego Fusaro (studioso di Storia della Filosofia presso l’Università di Torino): Filosofia e speranza. Ernst Bloch e Karl Löwith interpreti di Marx.

Nel libro l’autore  cerca di addentrarsi in uno dei maggiori problemi inerenti al marxismo: quello della speranza, affrontato dal punto di vista di due dei più lucidi interpreti di Karl Marx che il Novecento abbia avuto.

NOTE DI COPERTINA:Uno dei maggiori problemi irrisolti che Karl Marx ha lasciato in eredità ai suoi interpreti riguarda la legittimità della speranza in sede pratica e teoretica, tanto nella cornice del suo pensiero quanto nel più ampio orizzonte della filosofia. L’intera opera marxiana sembra enigmaticamente in bilico tra le opposte dimensioni della scienza e della speranza. La linea interpretativa adottata da Ernst Bloch e da Karl Löwith scorge in Marx il filosofo della speranza più che della scienza, riconoscendo nella sua riflessione un’ineludibile tensione utopica rispetto alla quale la scienza sarebbe un fenomeno secondario e funzionale. Entrambi sostengono la centralità del momento della speranza in Marx, ma in forza delle concezioni antitetiche di questo sentimento che essi fanno valere all’interno della propria riflessione filosofica, finiscono poi per valutarlo in maniera opposta.

 

La prova del nove che testimonia l'utopismo  del marxismo è rappresentata dalle molte sfaccettature tiranniche e dittatoriali di cui i suoi esponenti  si fecero portavoce , i quali , più che l'uguaglianza sociale, hanno saputo produrre migliaia di morti commettendo abominevoli stermini!

Allo stesso modo del Nazismo anche il  Comunismo vuole  costruire una società perfetta eliminando tutto ciò che si oppone al raggiungimento dello scopo. Eppure il primo è ricordato come un incubo, il secondo è solo rimosso dalla coscienza. Che gli orrori del comunismo siano in Italia un tabù, è noto.

 

I crimini del comunismo non sono mai stati sottoposti a una valutazione legittima e consueta né dal punto di vista storico né da quello morale, o almeno in maniera troppo superficiale se paragonata al grande approfondimento che viene fatto sul nazismo, ma anche senza il paragone bisogna dire che l'argomento è troppo poco trattato.

 

Per quantificare gli orrori perpetuati dai regimi comunisti nel mondo, come spesso è stato fatto per nazismo e fascismo, possiamo fornire un bilancio in cifre, che, pur essendo ancora largamente approssimativo e necessitando di lunghe precisazioni, riteniamo possa dare un’idea della portata del fenomeno, facendone toccare con mano la gravità:

 

ñ   Urss, 20 milioni di morti,

ñ   Cina, 65 milioni di morti,

ñ   Vietnam, 1 milione di morti,

ñ   Corea del Nord, 2 milioni di morti,

ñ   Cambogia, 2 milioni di morti,

ñ   Europa dell’Est, 1 milione di morti,

ñ   America Latina, 150.000 morti,

ñ   Africa, 1 milione 700.000 morti,

ñ   Afghanistan, 1 milione 500.000 morti,

ñ   movimento comunista internazionale e partiti comunisti non al potere, circa 10.000 morti.

Il totale si avvicina ai 100 milioni di morti. La lista delle vittime è stata presa dal seguente testo: Libro nero del Comunismo, di Stéphane Courtois.

95.000.000 di vittime: questo il costo del comunismo.

Com'è potuto succedere che un ideale di emancipazione, di fraternità universale si traducesse già all'indomani dell'ottobre 1917 in dottrina dell' onnipotenza statuale, in discriminazione generalizzata di interi gruppi sociali o nazionali, in deportazioni di massa e in atroci stermini?

Il libro nero del comunismo rompe il muro del silenzio. Il rifiuto sempre più generalizzato del comunismo, l'accesso a numerosi archivi fino a ieri segreti, il moltiplicarsi delle testimonianze contribuiscono a mettere in luce una verità destinata a diventare presto scontata: i paesi comunisti si sono dimostrati molto più efficenti nella produzione di gulag e di cadaveri che in quella di grano e di beni di consumo.

 

Ma il pensiero di Marx non era quello di una dittatura del proletariato,  volta a costruire il comunismo, la quale con questo scopo doveva essere, a differenza delle altre dittature storicamente esistite (che sono sempre state dittature di una minoranza di oppressori su di una maggioranza di oppressi) , che rappresentasse invece  la dittatura della maggioranza degli oppressi su di una minoranza di (ex) oppressori?

 

Marx inoltre pensa una società egualitaria senza Stato, ma in una società del genere non deve essere condizione necessaria per la sua esistenza un’elevata  capacità da parte degli individui di autodisciplina, controllo delle proprie azioni e propensione a perseguire il valore del Bene?

Che succederebbe ad una società senza Stato che non avesse queste caratteristiche?

 

Pensate che sia una condizione realisticamente possibile?

È chiaro che l'utopismo del marxismo è reale, e ne è prova la sua completa inattuabilità, come ne è  prova il fatto che  il tentativo di attuarlo economicamente, politicamente e socialmente abbia portato solo  a deformazioni dell'idea di Marx,  producendo dittature generanti povertà, sofferenza, disuguaglianza e morte.

 

Una delle sfaccettature più ridicole del comunismo, che si è sviluppata nel nostro secolo, è quella italiana: basti pensare a esponenti politici che si dichiarano comunisti, e che predicano  l’abolizione della proprietà privata, ma che paradossalmente vivono come dei lord inglesi: tanto per  dirne una, per i loro  abiti confezionati  su misura scelgono stilisti  londinesi rinomati, e sono proprietari di diverse abitazioni. Stiamo parlando di Fausto Bertinotti che, dopo la sconfitta nelle elezioni del 13 e 14 aprile 2008, conferma il proprio ritiro da incarichi di direzione politica, come aveva già annunciato ancor prima della candidatura per la Sinistra l'Arcobaleno: "La mia vicenda di direzione politica termina qui, purtroppo con una sconfitta [...] Lascio ruoli di direzione, farò il militante. Un atto di onestà intellettuale impone di riconoscere questa sconfitta come netta, dalle proporzioni impreviste che la rendono anche più ampia". 

Al termine del suo lavoro parlamentare, Bertinotti ha maturato un TFR di 121.068 euro e un vitalizio di 3.217 euro mensili.

Ma ce ne rendiamo conto che predicando valori di uguaglianza sociale Bertinotti per il 2006 ha dichiarato un reddito di 213.195 € che ne fa il quarto politico più ricco della Camera? Pensate che fosse questa l’idea del padre del comunismo Karl Marx?

 

Lo stesso Bertinotti in un intervista di Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera, il 3 Marzo 2005 risponde così alla domanda “ Lei sogna ancora il comunismo ideale?”: “«No. La mia è l’utopia concreta di Bloch. L’ispirazione a essere liberi e uguali. La critica alle basi materiali dell’ineguaglianza e dell’alienazione, che hanno assunto le forme della globalizzazione ma portano ancora il nome terribile di capitalismo. E la base da rimuovere restano i rapporti di proprietà ». Un obiettivo da lungo periodo. «Certo: la proprietà privata non si può abrogare per decreto. Ma è un obiettivo».

 

Beh, riflettendo sui fatti, oggi possiamo dire che l’unico obiettivo raggiunto è un vitalizio di 3.000 euro al mese che grava come al solito sui cittadini italiani, ridotti sempre più alla miseria.

Se si cerca di capire la vera idea del marxismo (il cui fine ultimo era l'uguaglianza sociale), certi esponenti odierni di quella idea, che si è dimostrata storicamente un utopismo, risulterebbero palesemente ridicoli, perfino agli occhi dello stesso Marx.

 

Noi di Alternativa Tricolore riteniamo che, per direzionarci verso un futuro migliore, si debbano avere in mano gli strumenti per conoscere, la logica e la ricerca della verità come metodo verso la conoscenza, onde evitare di farci  prendere per i fondelli da chi usa il sapere per ammaliare e vincolare la scelta dei meno abbienti, ma soprattutto per seppellire scomode verità".

 

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Articolo pubblicato il 02/05/2012