3 settembre 1730, Re Vittorio Amedeo II abdica
Vittorio Amedeo II e Anna Maria di Borbone-Orléans partono da Nizza alla volta di Palermo per essere incoronati re e regina di Sicilia nel 1713

Il primo Padre della Patria lascia il potere al figlio Carlo Emanuele III, poi se ne pente

Se la memoria fosse un valore, Vittorio Amedeo II di Savoia sarebbe considerato un Padre della Patria. Per almeno tre motivi: si apre ad una visione “europea” a fine Seicento, allargando il campo d’azione del suo piccolo Stato; è il salvatore di Torino e del Ducato di Savoia, nell'assedio francese del 1706; è il primo Savoia a diventare Re, nel 1713.

E invece… Nasce a Torino il 14 maggio 1666, erede al trono; muore a Rivoli il 31 ottobre 1732, carcerato.

Non ha avuto una vita facile. Orfano di padre a soli nove anni, riesce a liberarsi dal giogo della madre, Giovanna Battista di Nemours, che assume la Reggenza e la mantiene anche quando il figlio raggiunge la maggiore età, intrattenendo rapporti di amicizia e sudditanza con la potente e vicina monarchia francese. Prima si oppone al progetto di matrimonio con l'Infanta di Portogallo poi, nel 1684, elimina la reggenza e comunica ai sudditi, con il proclama di Rivoli del 14 marzo, la propria decisione d'assumere in toto il governo dello Stato sabaudo.

Durante il carnevale del 1687 si reca a Venezia, sotto mentite spoglie, per incontrare il cugino Massimiliano di Baviera. Il viaggio non avrà l'importanza che alcuni storici vollero attribuirgli, ma è il primo gesto politico d'indipendenza e di ribellione contro la Francia.

Vittorio Amedeo II vede con favore la Lega di Augusta, o Grande Alleanza, e vi aderisce nel 1686: la coalizione è formata da Impero, Spagna, Paesi Bassi, Svezia e vari Stati tedeschi, ai quali si aggiunge l’Inghilterra nel 1689; l’anno dopo entra a farne parte anche il piccolo Ducato di Savoia. Nella guerra che ne consegue, Vittorio Amedeo II non ha fortuna contro il nemico francese: è battuto a Staffarda il 18 agosto 1690, fallisce in un tentativo d'invasione del Delfinato nel 1692 ed è sconfitto a Marsiglia il 4 ottobre 1693. Col trattato segreto dì Pinerolo (29 giugno1696), divenuto ufficiale e definitivo a Torino il successivo 29 agosto, ottiene dalla Francia la liberazione delle terre invase, la restituzione di Pinerolo, il ritorno di Casale al duca di Mantova e il matrimonio della figlia Maria Adelaide con il Duca di Borgogna. Sconfitto militarmente, Vittorio Amedeo II riesce a trionfare con la diplomazia: lo Stato sabaudo riacquista l'indipendenza compromessa dopo la pace di Cherasco (1631) ed accresce il proprio prestigio nei confronti degli altri Stati europei.

Il suo capolavoro, strategico e di visione, lo compie nel chiamare in soccorso il cugino Eugenio di Savoia a difesa di una Torino assediata dalla Francia nel 1706, e il “voto” di Superga porterà all’erezione della basilica juvarriana sulla collina torinese.

Vittorio Amedeo II risulta anche un innovatore. Nel 1722 procede alla creazione d'un nuovo codice in cui sia riunita in modo organico la legislazione vigente. L'opera, in cinque libri, viene solennemente promulgata nel 1723, poi ripresa in esame, corretta e modificata, l'edizione definitiva vede la luce nel 1729. Il codice vittoriano non ha carattere innovatore, ma segna un primo temperamento dei diritti feudali vigenti. Nel campo della cultura, pur adottando misure restrittive della libertà di stampa e di pensiero, combatte il monopolio ecclesiastico dell'insegnamento, promuovendo l'apertura di scuole laiche e restringendo i privilegi di quelle religiose, soprattutto quelle tenute dai Gesuiti.

Rimasto vedovo, nel 1728, di Anna d’Orléans, sposa Carlotta Canalis dei Conti di Cumiana, che lo storico Domenico Carutti descrive come “bruna, ben fatta, occhio nero e vivace, bellezza ribelle agli anni, pericolosa all'età prima e alla matura"(1). la Canalis accarezza l’idea di essere regina, come mostra un suo ritratto originariamente al castello di Cumiana, di cui possediamo soltanto la descrizione del Carutti: "era dipinta in piedi, e sopra un tavolino, su cui stendeva la mano quasi accennando, stava il diadema di regina, che forse credea suo, nel punto in cui posava innanzi all'artista e che non dovea esserlo mai...” (1). Per lei aveva comprato il Marchesato di Spigno, confiscato al Conte di Sales.

Arriviamo alla fine della sua parabola: il Re Vittorio Amedeo II abdica all'età di 65 anni, e si ritira a Chambéry, in compagnia di Carlotta Canalis di Cumiana, Marchesa di Spigno, sposata con rito morganatico. L'abdicazione ha luogo nel castello di Rivoli il 3 settembre 1730, di fronte a una grande assemblea di dignitari (2), con una solenne e pubblica decisione, motivata dall’età avanzata, dal corpo infermo, dall’animo stanco.

In seguito, incapace di tollerare la lontananza dal potere e insoddisfatto per il governo del figlio Carlo Emanuele III, che non stima, l’ex sovrano tenterà un anacronistico ritorno al trono, cercando di conservare il controllo sullo Stato, chiedendo dispacci regolari al Marchese Ferrero d’Ormea, che riteneva a lui fedelissimo: rabbia, tedio e solitudine, insieme ad una mente non più lucida, lo hanno convinto a riprendersi il potere.

Padre contro figlio e Re contro Re; all’abdicazione segue un ripensamento represso con la forza, per la ragion di Stato, dal nuovo sovrano. È la storia della successione da Vittorio Amedeo II a Carlo Emanuele III, i primi due Re di Sardegna (3), che segna il passaggio dal dopoguerra del 1706 al periodo di stabilizzazione che si identifica con il lungo regno, ben quarantatré anni, di Carlo Emanuele III.

Un avvicendamento al trono che era sembrato sereno, conseguenza dell’abdicazione di una “Volpe savoiarda” (il soprannome di Vittorio Amedeo II) ingrigita dal tempo, che si trasforma in una rabbiosa ed oscura trama di palazzo, a proposito della quale la storiografia ottocentesca si sbizzarrisce investigando “per quali cagioni Vittorio Amedeo II rinunziasse alla Corona in favore di suo figlio, come poscia cercasse di ripigliare in tutto o in parte il governo dello Stato, e di quale maniera il giovane Re fosse condotto ad assicurarsi della persona del padre suo” (4).

Si sfiora la guerra civile, ma alle porte di Torino Vittorio Amedeo II si ritrova privo dell’aiuto di quei ministri su cui aveva contato, che rimangono fedeli allo Stato, alla dinastia e al nuovo sovrano.  Vittorio Amedeo viene incarcerato nel castello di Rivoli, ove morirà due anni dopo, forse in preda alla pazzia. Oggi possiamo ammirare nei sotterranei della Basilica di Superga, nel braccio sinistro della cripta contenente le Tombe Reali di Casa Savoia, il monumento funebre a lui dedicato; la cripta viene realizzata per volontà di Vittorio Amedeo III, ma la prima idea di un mausoleo per i defunti di Casa Savoia era già nella mente del nonno, Vittorio Amedeo II. Il progetto, affidato all’architetto Francesco Martinez nel 1774, nipote di Filippo Juvarra, sarà concluso nel 1778.

Note

(1) Domenico Carutti, Storia del regno di Vittorio Amedeo II, Firenze 1863, pp. 495 e segg.

(2) Francesco Cognasso, Storia di Torino, Torino, Lattes, 1934, p. 185

(3) La potestà reale viene acquisita dai sovrani di Casa Savoia (fino ad allora Duchi del Ducato di Savoia) mediante l’annessione della Sicilia, nel 1713, con la Pace di Utrecht. Il primo Re di Sicilia è Vittorio Amedeo II. Dopo sette anni, avviene lo “scambio” con la più vicina Sardegna. Da allora, e sino all’Unità d’Italia, i Savoia saranno Re di Sardegna.

(4) Domenico Carutti, Storia del Regno di Carlo Emanuele III, Torino, Botta, 1859, p. 1.

 

© 2023 CIVICO20NEWS - riproduzione riservata

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 03/09/2023