Sergio Poliero: Un caporale della Guerra di Liberazione

Di Alessandro Mella

L’armistizio dell’8 settembre 1943 aveva procurato profonde fratture umane e sociali e tutti e tutte erano stati costretti a scegliere da quale parte del mondo stare. Scelte non facili e a volte condizionate anche dal caso e da motivazioni e situazioni incredibili.

Molto si è dibattuto sulle ragioni di quegli eventi drammatici e sulla necessità di impedire che il paese e le sue istituzioni si sfaldassero del tutto. Illuminante risulta il parere espresso da un noto storico quale Lucio Villari:

Sono, in proposito, assolutamente convinto che fu la salvezza dell'Italia che il Re, il governo e parte dello Stato Maggiore abbiano evitato di essere "afferrati" dalla gendarmeria tedesca, e che il trasferimento (il termine "fuga" è, com'è noto, di matrice fascista, però riscuote grande successo a Sinistra) a Brindisi gettò, con il Regno del Sud, il primo seme dello Stato democratico e antifascista, ed evitò la terra bruciata prevista, come avverrà in Germania, dagli alleati. (1)

Fu in seguito a questa scelta che il Regno del Sud poté garantire la continuità dello stato e la nascita del Corpo Italiano di Liberazione e dei gruppi di combattimento che operarono accanto agli Alleati sancendo il riscatto dell’esercito e delle forze armate italiane.

Ed in seno a quei reparti dalle ibride uniformi in cui si mescolavano elementi italiani, americani e britannici furono tanti gli italiani che si impegnarono con coraggio ed onore nel nome d’una Italia libera e speranzosa nel futuro. Tra loro molti giovani come quello di cui daremo cenno in queste righe.

Sergio Poliero era nato a Selvazzano Dentro, in provincia di Padova, il 15 agosto del 1921 figlio di Domenico e di Erminia Moro.

Come tutti, anche lui era stato mobilitato in occasione dell’infausto conflitto mondiale e travolto dall’armistizio si era ritrovato tra le file dell’88° reggimento di fanteria Friuli inquadrato nell’omonimo gruppo di combattimento. Impegnato nella guerra di liberazione, nella risalita verso nord per scacciare i tedeschi occupanti. In divisa inglese con elmetto rotondo mk II in capo e il battle dress indosso. Ma, rigorosamente, con le stellette sabaude al bavero ed il tricolore sulla spalla.

Si era ormai alla vigilia della primavera del 1945, quella destinata a portare alla fine del conflitto, ma ancora si combatteva con forza lungo il torrente Senio nell’Italia alto centrale. I tedeschi resistevano ed in Romagna si lottava ancora con violento furore per spezzare la difesa germanica ed avanzare nella Pianura Padana e poi verso le grandi città.

Nel marzo di quell’anno, dunque, i reparti del “Friuli” puntarono su un casolare rurale che si trovava a quota 92, a nord ovest di Limisano, proprio nei pressi del Senio.

Si trattava di una postazione che i tedeschi utilizzavano per azioni disturbo dirette a colpire il caposaldo alleato-italiano di Vila Zacchia. Quota 92 fu quindi, con un’ardita e rapida azione, occupata e sottratta ai germanici furenti per aver perso un appoggio prezioso per le proprie azioni a danno del nemico. Tanto furiosi che ripetutamente sottoposero lo stabile al loro fuoco non riuscendo, tuttavia, a farlo cedere per riprenderlo.

Esasperati per l’accanita resistenza finirono per minarlo e farlo esplodere con, all’interno, gli ultimi difensori italiani. Disperato e meschino colpo inferto per riprendersi la posizione. Nel crollo, il 14 marzo 1945, morirono e restarono feriti gli eroici difensori del “Friuli”. (2)

Il caporale Poliero si trovava tra quelle mura quando l’esplosivo nazista ne squarciò i muri abbattendo quintali di macerie sui militi italiani. Un marconista era rimasto ferito negli scontri e Sergio, per sostituirlo e seguitare a trasmettere notizie al comando, si era offerto di prenderne il posto. Restò fulminato sotto quel cumulo di mattoni e travi divelte. Solo nel 1947 gli fu riconosciuta una medaglia di bronzo al valore militare alla memoria:

Poliero Sergio di Domenico e di Moro Erminia, da Selvazzano (Padova), caporale 88° fanteria (alla memoria). Partecipava alla difesa di un caposaldo fortemente attaccato, sostituendo volontariamente un marconista ferito, e mantenendo il prezioso collegamento col comando superiore. Rimasto gravemente ferito, continuava il suo importantissimo lavoro finché, fatta saltare la casa del nemico, inutilizzava con un ultimo sforzo l’apparato, consacrando quindi con sacrificio della vita il dovere eroicamente compiuto. Quota 92 (Torrente Senio), 14 marzo 1945. (3)

Morì così il giovane caporale, a soli ventiquattro anni nemmeno compiuti, in combattimento per la libertà e l’indipendenza della sua patria. Soldato del Regno del Sud e del Corpo Italiano di Liberazione. Un eroe da non dimenticare, un eroe tricolore, con al bavero le stellette, icona anch’egli del riscatto delle nostre forze armate nel periodo più tragico della loro lunga storia.

Oggi Sergio riposa in un piccolo cimitero piemontese e chissà quanti, passando davanti alla sua lapide, non sanno che lì ha trovato quiete un giovane eroe di tempi lontani, ma il cui esempio non dovrebbe tramontare mai.

Alessandro Mella

NOTE

1) Corriere della Sera del 9 settembre 2001.

2) Il gruppo di combattimento Friuli nella guerra di liberazione, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, 1945, pp. 53-61.

3) Archivio Istituto del Nastro Azzurro tra Decorati al Valor Militare.

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Articolo pubblicato il 28/08/2023