“Il mondo al contrario”

Lo sfogo di un cittadino contro l'irrazionalità del "politicamente corretto”

Nonostante la calura estiva, è scoppiato un boato fragoroso. E’ uscito un libro, uno dei tantissimi presenti sul mercato editoriale, però portatore di buon senso e strabordante di verità, anche ovvie, volte a turbare l’opacità dei canori del conformismo più bieco.

Questo è il libro del generale Roberto Vannacci Il mondo al contrario, balzato improvvisamente alla notorietà per le accuse improprie di omofobia e razzismo sollevate dal quotidiano Repubblica e per la destituzione dell'autore dal suo incarico decisa dal ministro Crosetto. In un batter d’occhio ha polarizzato radicalmente l'opinione pubblica tra demonizzatori e difensori.

Ed è balzato istantaneamente in cima alle classifiche di vendita, venendo brandito come una bandiera da una ampia fascia di quell'opinione pubblica proprio per la speculare distanza dalla "narrazione" dominante che in esso moltissimi lettori hanno percepito. I lanciatori di anatemi e farneticazioni di queste ore, non hanno invece letto il saggio.

Riteniamo opportuno riportare gli argomenti trattati.

Il Buonsenso

Cap. II L’ambientalismo

Cap. III L’energia

Cap. IV La società multiculturale e

Multietnica

Cap. V La sicurezza e la legittima

Difesa

Cap. VI La casa

Cap. VII La famiglia

Cap. VIII La Patria

Cap. VIII Le tasse

Cap. XI La nuova città

Cap. XII L’animalismo.

Cap. IX Il pianeta lgbtq

Si tratta di un’esposizione, di un’analisi di tematiche che incontriamo ogni giorno e sulle quali, una minoranza protervia ed agguerrita ha costruito un nuovo ordine di pensiero cui la maggioranza, in determinati contesti ha dovuto obbedire.

Potremo classificare il testo come lo sfogo di un cittadino comune, per quanto istruito e di provata esperienza professionale nel suo delicato settore, che ha deciso di riunire in un cahier de doleances tutte le sue critiche all'ideologia da lui considerata imposta a senso unico dall'establishment intellettuale, da gran parte della classe politica e dai media.

Uno sfogo tenuto insieme dalla considerazione – evidenziata dall'autore fin dal titolo e dalla premessa – che la sensazione da lui condivisa con molte persone sia quella di vivere in un ambiente socio-politico in cui regna una logica totalmente irrazionale, contraria alla razionalità e al senso comune.

Il libro si presenta quindi come un compendio asistematico, affidato al puro filo conduttore della riflessione personale e autobiografica, di tutte le critiche, le insoddisfazioni, le frustrazioni dell'”uomo della strada” rispetto a un “pensiero unico” onnipervasivo, egemonizzato da un “progressismo” a sfondo moralistico e pedagogico, nelle sue più varie forme: dall'ideologia Lgbtq all'ambientalismo apocalittico, dal multiculturalismo immigrazionista a oltranza al “perdonismo” verso la delinquenza, con la corrispondente indifferenza e insofferenza per le preoccupazioni dei cittadini per la propria sicurezza.

In pochi giorni, il libro di Vannacci è riuscito a far presa su un bacino di lettori molto ampio e trasversale. Proprio per il suo approcciare le questioni trattate senza filtri disciplinari, il volume appare come il “manifesto” di un diffusissimo sentimento.

E viene dunque accolto da una consistente parte della società civile italiana -che non si sente rappresentata né compresa - con un moto liberatorio, a cui si accompagna l'irritazione crescente per il fatto che la destra di governo sembra aver immediatamente “scaricato” l'autore, marcando la propria distanza da lui e abbandonandolo alla lapidazione riservata dal sistema mediatico-politico progressista a tutti coloro che osano mettere in discussione i “totem” e i “tabù” da esso continuamente, monoliticamente somministrati.

Ne derivano alcune domande di fondo alle quali tutto il mondo politico e culturale della destra italiana, nelle sue varie componenti, dovrebbe cercare al più presto di offrire risposte convincenti, perché da esse dipenderà la sua capacità o meno di consolidare la propria presenza e il proprio consenso nel paese.

Perché la destra italiana appare così succube della narrazione “politicalcorrettista”, incapace di contrapporre ad essa una lettura della realtà chiaramente alternativa?

Perché, al di là dell'ovvia (ma a quanto pare non condivisa universalmente nemmeno in quell'area politica) necessità di difendere ad ogni costo la libertà di espressione dalla censura, essa non sa rispondere “no” ai deliri ideologici del relativismo multiculturalista, della dottrina gender, del millenarismo psico-ambientalista, argomentando su basi storiografiche, filosofiche, economiche e giuridiche (delle quali le sue tradizioni culturali non sarebbero assolutamente prive) ma, salvo lodevoli ma minoritarie eccezioni, al massimo balbetta, o tende a rispondere “sì, ma”?

Perché non riesce a sposare e a esporre chiaramente una visione del mondo ispirata all'umanesimo cristiano, alla libertà individuale, alla limitazione rigorosa del potere, contrapponendola con serenità ma con fermezza al contraddittorio relativismo ipersoggettivista ed emotivo delle élites progressiste?

Si tratta di un problema non esclusivo della dialettica politico-culturale italiana ma di tutto l'Occidente, in quanto l'egemonia para-dittatoriale politically correct/woke lega oggi ovunque tra loro poteri politici, economici, finanziari, istituzionali, accademici estremamente pervasivi e invasivi.

E però nel nostro paese esso appare, almeno al confronto con l'area anglosassone e con quella dell'Europa centro-orientale, particolarmente bruciante. In quei paesi, come sostenuto recentemente da Giulio Tremonti, il pensiero conservatore, cristiano e del liberalismo classico possiede, se non altro, sedi consolidate e autorevoli di elaborazione teorica e di ricerca, che possono sostenere il confronto con il progressismo senza troppi timori reverenziali.
In Italia, nonostante qualche primo passo importante in tal senso, ci troviamo ancora di fronte al paradosso per cui il sentimento diffuso di insofferenza verso il “pensiero unico”, in mancanza di riferimenti più robusti e di una classe politica giudicata poco credibile, va in frantumi.  

Non ci interessa al momento conoscere le motivazioni che hanno spinto un valoroso generale ad analizzare tematiche di comune sentire e ad esporsi pubblicamente, pagando di persona. Ci interessa invece rilevare che la maggioranza dei cittadini che sino ad ora ha subito, si sta riconoscendo finalmente sovrana e potrà reagire esprimendo pubblicamente il proprio pensiero dissenso.

Contro i soprusi delle interpretazioni manichee ed evolutive del diritto, tradotte in sentenza da certi magistrati, contro coloro che pretendono di oscurare il crocifisso che è il simbolo della nostra civiltà occidentale, per non creare disappunti al negretto. Contro il preside cialtrone che classifica i genitori per numero, negando in diritto e nei fatti che la maternità è il frutto del rapporto tra un uomo ed una donna divenuti così padre e madre, costituiti in famiglia, quale nucleo insostituibile della società. Contro l’insegnamento gender nelle scuole che intende stravolgere l’evolversi naturale della vita.

Queste sono parte delle tematiche vitali sulle quali si è costruito il potere cinico delle minoranze. Ed è forse giunta l’ora che a prescindere dai contesti politici, il cittadino, il Paese si ribelli e dica Basta!

Grazie generale Vannacci!

 

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Articolo pubblicato il 22/08/2023