La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

L’uccisione della signorina Ughetto, un delitto «vigliacco»

La signorina Lucia Ughetto è una artigiana torinese di 76 anni, in pensione, che abita nel Borgo Vittoria al civico 24 bis di via Boccardo, in un alloggio al piano rialzato di un caseggiato a quattro piani. È una donna minuta, in precarie condizioni di salute. È rientrata dall’ospedale giovedì 23 maggio, dopo un ricovero di sei mesi, e continua a preoccupare i suoi numerosi nipoti, perché indebolita dalla degenza ospedaliera, con problemi circolatori e difficoltà di movimento alle gambe.

Lunedì 27 maggio 1996, al mattino, una cugina le consegna la pensione che ha ritirato per suo conto nei giorni precedenti, per un ammontare di più di due milioni.

Poco prima delle 17:00, la signorina Ughetto parla con una nipote al telefono. Alle 17:00 le suona il campanello una vicina di casa, che abita anche lei al pianterreno: la signorina ha perso le sue chiavi di casa, e in quel pomeriggio ha pregato la vicina di andarne a far fare una copia. Quando la vicina le porta il duplicato, la signorina le dice di essere sofferente e le riferisce che, poco prima, la nipote e il medico curante l’hanno convinta a ritirarsi in un istituto. Poi la vicina torna nel suo alloggio.

Trascorrono 45 minuti.

Un’altra vicina di casa, Pierina Tasso, mentre rientra, passando davanti all’alloggio della signorina Ughetto, le suona il campanello, poi bussa alla sua porta. Lei, e gli altri coinquilini, sono soliti farlo, per salutarla e chiederle se abbia bisogno di qualcosa. Pierina non ottiene risposta, pensa che la signorina stia dormendo e sale a casa sua, al secondo piano.

Alle 19:00, un’altra nipote telefona a Lucia Ughetto. Ma l’apparecchio squilla a vuoto. Uno, due tre tentativi inutili, poi la nipote manda il marito a controllare. Verso le 20:00, l’uomo va in via Boccardo, suona al campanello di strada senza risposta. Si fa aprire il portone da una vicina. Suona inutilmente all’alloggio. Decide di passare dal cortile ed entra con una certa facilità dal balcone. La porta finestra è aperta: nel cucinino trova le scie di sangue che lo portano al bagno, dove la zia è riversa, in una pozza di sangue, massacrata con colpi alla testa. Sarebbe stata aggredita nel cucinino, poi trascinata nell’ingresso e di qui nel bagno, dove è stata abbandonata agonizzante.

Iniziano le indagini. Si occupa del caso il dottor Claudio Cracovia, capo della Omicidi della Squadra Mobile. L’orario dell’uccisione viene collocato tra le 17:00 e le 17:45. Nessuno dei vicini ha udito rumori sospetti dall’alloggio della signorina.

È stata colpita alla testa più volte con un oggetto contundente non identificato, inizialmente si parla di un tubo. Il medico legale descrive la testa fratturata e il torace sfondato, ipotizzando che sia stata colpita con un soprammobile. I colpi, inferti con forza selvaggia, hanno provocato una morte straziante: un delitto definito «vigliacco», perché l’anziana vittima non poteva difendersi.

Il minuscolo alloggetto è stato messo a soqquadro dall’assassino che non ha trovato soldi e gioielli, neppure i due milioni di pensione, nascosti in una scatola da scarpe su un piano dell’armadio in camera da letto.

Alla certezza sull’orario, si contrappongono domande che non troveranno precisa risposta. Come è entrato l’assassino? Ha suonato e lei gli ha aperto la porta? È passato dal balcone sul cortile, dove la finestra è stata trovata aperta, come ha fatto il parente che ha scoperto il cadavere? Se è stata lei ad aprirgli, è probabile che lo conoscesse, perché a detta dei parenti, era prudente e diffidente nell’aprire la porta.

Un’affermazione praticamente costante per questi omicidi, forse per non svalutare il buon senso della vittima. In questo caso, è in parte smentita da una vicina, la quale racconta che sabato 25 maggio, alle 11:00, un ragazzo sui 20-25 anni ha suonato per mettere nelle buche dei volantini pubblicitari. Lei ha visto che la “prudente e diffidente” signorina Ughetto gli parlava insieme, dopo aver socchiuso la porta di casa. Un comportamento pericoloso, tanto più che nel caseggiato si sono verificati ripetuti furti: tre anni prima la signorina ha trovato la porta forzata mentre era da una vicina. Le hanno preso dei soldi e una catenina d’oro.

Resterà così in dubbio se la vittima conoscesse il killer e se questi sapesse dei due milioni della pensione da poco consegnati alla signorina.

Non è nemmeno chiaro se l’assassino sia fuggito dalla porta d’ingresso oppure dal cortile. Si ipotizza che sia stato disturbato dalla scampanellata della signora Tasso: ha rovistato nell’appartamento, ma alcuni cassetti non sono stati aperti. E questo potrebbe indicare una fuga precipitosa.

La signorina aveva perso le chiavi di casa. Dove? Qualcuno le ha trovate e usate per entrare? Pare di capire che non si trattasse di una serratura molto complicata.

Elemento certo per gli inquirenti è un’impronta digitale parziale, un tratto del pollice della mano destra, trovato dalla Scientifica sulla porta d’ingresso, forse la firma dell’assassino. Ma non emergono corrispondenze.

Il cronista Ezio Mascarino registra una crescente paura fra i tanti anziani che vivono da soli nel quartiere, spaventati dalla presenza di balordi, spacciatori, tossicodipendenti. Si evoca anche un’alcolizzata che mendica nel quartiere e, da ubriaca, diventa cattiva. Forse per questo, ci si chiede anche se l’assassino possa essere una donna.

Il 1° giugno 1996 si svolgono i funerali in partenza dall’Istituto di Medicina Legale. Viene portata al Cimitero Monumentale per la cremazione, ma questa non viene eseguita, in attesa del nullaosta del magistrato: i parenti si dichiarano risentiti per questa decisione che aggrava la loro rabbia e il loro dolore legati al fatto di non conoscere l’assassino.  

Dal 2 giugno non compaiono più notizie giornalistiche fino al 3 luglio, quando viene annunciato che un super testimone ha visto l’assassino: un residente di via Boccardo, nel pomeriggio dell’omicidio e nell’ora del delitto, ha notato un balordo sui 25 anni che si aggirava nei pressi dell’alloggio della signorina.

L’identikit, consegnato il 6 luglio ai giornalisti dalla Mobile, dà questo volto all’assassino: 20-25 anni, 1,70 m di altezza, corporatura normale, capelli castani. Sarebbe un tossicomane che vive in zona o conosce bene il quartiere, in cerca di soldi per la dose quotidiana di eroina. Si conferma così l’aggressione per rapina. Purtroppo, non si hanno ulteriori sviluppi.

L’11 luglio la nipote Maria Grazia Giordano lancia un appello tramite La Stampa: «Chi ha visto qualcosa parli. Aiutateci a dare pace alla zia Lucia».

Nel luglio di quell’anno in cronaca cittadina torinese tiene banco il furto alle Poste, noto come il colpo degli uomini d’oro. Il 14, oltre alla notizia della scoperta a Bussoleno dei cadaveri di due partecipanti al colpo, ne compare una seconda: i killer di Lucia Ughetto sarebbero addirittura due, il ragazzo del primo identikit e una giovane donna sui 20-22 anni, alta 1,55-1,60 m, con corporatura normale e capelli castani. Questo secondo identikit è fornito dai Carabinieri, che hanno scoperto la ragazza, forse, grazie all’appello della nipote. I due sarebbero tossicodipendenti alla ricerca del denaro per la dose di eroina.

Si torna a parlare di una prossima soluzione del caso che, purtroppo, non si concretizza: il caso di Lucia Ughetto tornerà più volte alla ribalta delle cronache in occasione di analoghi delitti.

© 2023 CIVICO20NEWS - riproduzione riservata

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 01/09/2023