Domenico Marri – Un eroe per Gorizia italiana

Di Alessandro Mella

La Grande Guerra fu una fornace terribile nella quale persero la vita milioni di innocenti a causa dell’inadeguatezza dei politici e dei diplomatici del tempo. E maggiormente per l’Italia che, come ben aveva ipotizzato Giolitti, avrebbe potuto risparmiarsi quella strage facendo buon uso di politica e diplomazia. (1)

Nondimeno il Regno d’Italia entrò in guerra contro l’Austria imperiale nel maggio 1915 iniziando la campagna militare attraverso la quale ci si proponeva di liberare le ultime provincie italiane irredente.

Prima tra tutte Gorizia ancora sottoposta al dominio ed al giogo asburgico sempre meno tollerato e sempre più detestato. Ma tra il Regio Esercito e la città c’era la linea difensiva che il nemico aveva posto sul monte San Michele, baluardo naturale a sinistra del basso Isonzo. Quattro vette carsiche a guardia della via del Vallone, la principale strada per raggiungere l’obbiettivo agognato.

Dopo diverse battaglie e tentativi gli italiani riuscirono a prendere il San Michele solo il 6 agosto 1916 a costo di gravi perdite, ma permettendo così alle forze mobilitate di raggiungere finalmente Gorizia. Avrebbero tenuto il monte e le sue posizioni e trinceramenti fino al fatale ripiegamento di Caporetto dell’anno successivo.

Tra i molti soldati che quel 6 agosto presero parte agli scontri vi anche un giovane di soli 23 anni. Domenico Marri era nato a Faenza il 22 marzo 1893 figlio di Antonio e crescendo aveva maturato una vivace attitudine per gli studi classici tant’è che, quando fu mobilitato, egli già si trovava al quarto anno presso la Facoltà di Lettere della Regia Università di Bologna. (2)

Fu anche per questo, per la maturità classica già conseguita, che venne avviato al corso allievi ufficiali dal quale uscì con la stelletta alle manopole da sottotenente di fanteria della Milizia Territoriale. Al fronte, poi, ottenne la promozione a tenente in organico alla Brigata Brescia.

Il Marri dimostrò subito di possedere sangue freddo e coraggio e si guadagnò, già nel 1916, una medaglia di bronzo al valor militare:

Marri Domenico da Faenza (Ravenna), sottotenente milizia territoriale reggimento fanteria. Nell’occupazione di una nuova posizione a pochi passi dalle trincee avversarie, sotto il fuoco nemico, cooperava, dando esempio di attività e di sprezzo del pericolo, ai lavori per un primo rafforzamento della posizione. Manifestatosi, durante i lavori, un improvviso violento contrattacco nemico, assumeva il comando di un tratto di fronte e con pochi uomini, infondendo loro, col suo contegno, calma e fiducia, seppe mantenere la posizione fino all’arrivo dei rincalzi. Monte San Michele, 21 giugno 1916. (3)

Forse il nostro non ebbe nemmeno il tempo materiale, in prima linea com’era, di ricevere la sua medaglia, il suo bronzino dal nastro azzurro, che la sorte gli giocò un brutto e fatale tiro.

Venne, appunto, il giorno del 6 agosto 1916 quando gli italiani riuscirono a sfondare la difesa nemica fino a conquistare, dopo mesi di lotta, il Monte San Michele e l’accesso verso la sospirata Gorizia.

Il sottotenente Marri si trovava lì con i suoi uomini, nella furia dei combattimenti, quando il suo capitano restò ferito e toccò a lui prenderne il posto per trascinare la truppa verso l’obbiettivo. Lo fece, come sempre, con calma e perizia, con quello spirito saldo che lo caratterizzava, e lo fece finché il piombo austriaco ebbe purtroppo ragione delle sue virtù e l’atterrò lasciandolo inerme per sempre.

Ebbe, quindi, una seconda medaglia, questa volta d’argento ma alla memoria, al valore militare:

Marri Domenico da Faenza (Ravenna), sottotenente milizia territoriale reggimento fanteria. Era di bell’esempio ai propri dipendenti, lanciandosi arditamente alla conquista di più linee di trincee avversarie. Essendo stato ferito il comandante di compagnia, assumeva il comando del reparto e lo guidava con mirabile calma, perizia e coraggio, finché cadeva colpito a morte. Monte San Michele, 6 agosto 1916. (4)

Non gli fu possibile, quindi, godersi la vittoria tanto ambita, ma il suo sacrificio, e quello di tanti altri, permise quel giorno di andare a liberare Gorizia. Il Marri ne fu martire e la sua memoria merita d’essere custodita e tramandata ai posteri. Anche lui icona di una generazione falciata dalla furia della guerra.

Alessandro Mella

NOTE

1) A riguardo si vedano i volumi biografi di Aldo A. Mola e di facile reperibilità.

2) Bollettino Ufficiale del Ministero dell’Istruzione Pubblica, 26, Anno XLIV, 28 giugno 1917, p. 1333.

3) Bollettino Ufficiale, Ministero della Guerra, Dispensa 100, 18 novembre 1916, p. 6048.

4) Archivio Istituto del Nastro Azzurro fra Decorati al Valor Militare.

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Articolo pubblicato il 24/07/2023