L’EDITORIALE della DOMENICA di CIVICO20NEWS – Enrico S. Laterza : Lotte e lutti titanici

Si svela il cinismo del circo mediatico sulla tragedia del temerario batiscafo di OceanGate, mentre, dal fronte russo, le nazi-valchirie della Wagner han cavalcato in marcia – e retromarcia – su Mosca

Ah, questo mad, mad, mad (and dangerous) World!

 

Per preambolo, focalizziamo l’incendiario scenario del macroniano Esagono francese, bruciato e devastato dai dilaganti tumulti delle periferie “afro-magrebine” (un caldissima “estate araba”?): ecco una nitida fotografia del futuro prossimo della Penisoletta dello Stivaletto nostro, abbordata dai trafficanti di carne umana. Inesauribile carburante per una neo-vetero-cultura destrorsa (mai abbastanza riconoscente al paradosso progressista dei sinistri “accoglienti”), codina e teocratica, conflittuale e illiberale, per nulla “pluralistica”. Imam e Le Pen. Quotidianamente. (In occasione dell’anniversario della nascita, l’appena passato 29 giugno, si renda omaggio alla preveggente – e non fallaceFallaci, che seppe orientarci in merito.)

 

Richiamando da un recente editoriale l’icastica allegoria pittorica della zatterona medusiana di Géricault, paradigma d’un Pianeta alla deriva, torniamo sul tema del naufragio, figurato o reale. La barchetta barcolla e si rovescia, buttandoci fra i flutti...

 

Titanic, Titan, titanio. Termini che evocano avventura e sventura. Gigantesche divinità ctonie e pelagiche che schiacciano l’arrogante hybris di chi osi sfidarle. Fuor di metafora: il temerario batiscafo della OceanGate Expeditions, disperso al largo dei litorali canadesi mentre si tuffava perniciosamente all’esplorazione del relitto del celeberrimo transatlantico, glorificato da Rose e Jack nel parimenti famoso film romantico di Cameron … e my heart will go on… Cinque imprudenti – o intrepidimilionari non hanno esitato a stiparsi nel buio e angusto suppostone sottomarino, costruito con un materiale probabilmente inadatto (coll’affossante senno-di-poi…), e son stati inghiottiti dal mostro degli abissi, commuovendo per giorni l’intero globo terracqueo, ben più affranto per il loro oscuro e disgraziato destino che per la sorte fatale delle centinaia di vittime migranti dei banali “viaggi della disperazione”, uomini, donne e bambini affogati, scivolati nelle fauci dei famelici pescecani (o megalodonti) di Poseidone.

 

A giungere a galla, in tal caso, è stato invece il bieco cinismo del circo mediatico: nonostante la Guardia Costiera USA avesse subito accertato – e comunicato  che il piccolo sommergibile, già nelle prime ore, fosse imploso, disintegrandosi istantaneamente e sopprimendo così i poveri ricchi occupanti, tivù e siti-web internautici di (dis)informazione, sempre freneticamente a caccia di audience e click, per quasi una settimana hanno continuato a rigirare il dito (digitale) nella piaga, ipotizzando le peggiori varianti di macabro esito (tranne quello vero) della tragica vicenda, dall’arrembaggio dei pirati caraibici (dirottati un tantinello a nord…) all’avvinghiamento del mitico kraken tentacolare, al lento soffocamento per esaurimento dell’aria, compiacendosi sadicamente in impressionanti descrizioni delle inimmaginabili conseguenze della carenza di ossigeno sull’organismo in uno spazio claustrofobico, da incubo, quali angoscia e obnubilamento mentale, allucinazioni e convulsioni, isteria, aggressività e, in extremis, l’inevitabile sonno-eterno gelido, the Big Chill.

 

Nel frattempo, dal fronte russo, chi ha cercato giusto di affondare il brutale coltellaccio traditore nella schiena del proprio creatore, signore e padrone (“tu quoque, Eugene, fili mi?!”) è stato il sedicente “macellaio” di Ras-Putin, Prigozhin, che, dopo aver sconfessato e s-mon-ta-to punto-per-punto, sui social (!?!), le “sacrosante motivazioni”, o scusanti, dell’“operazione militare speciale”, cioè l’invasione dell’Ucraina (una poco fulminea Blitzkrieg che si trascina sanguinosamente dal 24 febbraio 2022), accusando apertamente di inettitudine e di scarse audacia e crudeltà il Ministro della Difesa (o dell’Attacco) Shoigu e gli Alti Comandi dell’Armata Rossa (segnatamente il generale Gerasimov), ha tentato di “scatenare l’inferno” – per citare Massimo Decimo Meridio – con le sue truppe: le nazi-valchirie della Wagner han cavalcato, senza ostacoli degni di nota (a parte un paio di elicotteri, che sono stati prontamente neutralizzati), sulla cruciale base logistica di Rostov, trionfalmente, festosamente espugnata, per poi dirigersi – sulle orme incaute di Napo e Adolfo – alla conquista di Mosca.

 

Marcia e retromarcia: le dure minacce del Presidente, presumibilmente preavvertito ed evacuato in fretta-e-furia dai palazzi governativi, e dell’FSB (i servizi federali di sicurezza), insieme alla diplomazia conciliante del malaticcio vassallo Lukashenko – secondo la spiegazione ufficialmente divulgata al popolino-bovino –, nonché forse il mancato appoggio proditorio di una pavida “quinta colonna” dietro le mura del Cremlino (ossia Surokin, arrestato venerdì, e qualche gerarca scontento, da purgare), hanno convinto la rinnegata soldataglia prezzolata a fermarsi a circa duecento chilometri dalla Capitale e a desistere dal fantomatico golpe abortito, poi ridicolmente ritrattato in pubblico dallo stesso ispiratore, “amnistiato”, se non perdonato, ed esiliato a Minsk (dove dovrà evitare di bersi le tipiche tisane aromatizzate al plutonio…); in un avvelenato e torbido clima complottista, da tetra corte dei boiardi di Caterina la Grande, si è insomma sfiorato il rischio di guerra civile nella Superpotenza atomica mondiale numero 1, che ha però bisogno, per i “lavori sporchi”, del gruppo di esperti e spietati mercenari, schierati su molti scacchieri strategici, in Crimea, Siria, Libia eccetera, ma per niente inclini a essere assorbiti nell’esercito regolare, da ieri, 1° luglio, in ossequio all’inerente decreto di scioglimento.

 

Con buona pace dei suoi fraterni fan, parecchi anche italici, lo zarino Vladimiro il Tremendo, suddito del Celeste Imperatore Xi, pur avendo indubbiamente vinta la battaglia e scampato il pericolo di detronizzazione, rinsaldandosi dunque sul cruento scranno della tirannide, domata l’ardita ribellione della riottosa brigata di ammutinati e snidate le serpi allevate in seno, adesso, col palesarsi di inaudite crepe o spac/ca/ture ed insanabili dissidi che covano nei gangli del sistema autoritario incentrato su di lui, sembra aver smarrito l’aura di regale intoccabilità e inviolabilità che lo rivestiva e che gli garantiva lunga vita alla guida dell’immenso Paese eurasiatico ex sovietico, di cui vorrebbe rinverdire i fasti, anziché esser seppellito nell’obliosa polvere della Storia.

 

Auspichiamo che il cardinal Zuppi riaccenda la flebile fiammella della speranza, ultima a morire, e auguriamoci di non cadere dalla padella nella brace, magari finendo per prenderci a testate nucleari.

 

Follemente.

 

Enrico S. Laterza 

 

 

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Articolo pubblicato il 02/07/2023