Notizie dall'ospedale

I rumori nella notte elettronica

Alle 23 si spengono le luci, l'attività rallenta, la camera sprofonda in un altro mondo di drammi personali ed evoluti macchinari. Ognuno ha un ritmo abbinato al suo paziente e un suono ticchettante.

Al mio ho dato il nome di “Bi bii Biriri”, è un monitor che indica la saturazione di ossigeno del sangue, i battiti del cuore e la frequenza del respiro, uno di quei guardiani che poi quando fanno “biiiiiiiiii” non è buon segno perché la linea diventa piatta e sei morto. Attaccato al mio corpo da un intrico di cavi, per il momento mi ha salvato la pelle.

Nelle interminabili ore della notte le camere dell'ospedale si fanno cupe foreste per incubi e affanni, dove si muovono sinistre suggestioni stimolate dai farmaci a spasso tra le vene che imbrogliano i cervelli. Talvolta l'affanno sale e gridare aiuto scaturisce naturale. La casa dov'è?

Nei tempi semi eterni tra un ticchettio e l'altro, intervallati da respiri e lamenti, le macchine spietate sono macchie di colore che suonano un concerto da seguire con calma. Una fa “Tic tic” non ho capito dov'è, sembra lontana da me.

I ventilatori sono i più diffusi. Si allertano spesso, ogni volta un momento d'apprensione, uno suona nella stanza, avvertenze il personale con il suo “biro biro biro”. Lo ripete velocissimo confondendo la mente. Arrivano le infermiere e la notte buia si anima di voci, talvolta una luce, registrano qualcosa, non voglio disturbare ma lo chiederò lo stesso. Ho male anch'io: “Infermiera per favore, qualche goccia per dormire”.

E' il momento di lasciarsi trasportare dai suoni vicini e ticchettii lontani. Il peggiore è formato da note che ho abbinato a un altro nome che fa così: “Cativen stivens”. Lo so che suona strano, ma ha il suo tono musicale.

“Ti Tan” non smette quasi mai o forse non me ne accorgo, mentre il più pressante canta: “Vidoc Vidoc Vidoc…”, proprio come il celebre ispettore francese. È svelto e regolare come un metronomo, non si ferma e con il suo oscillare sembra bloccare il tempo. Un minuto non finisce mai.

Sono riuscito a scovare un orologio, è piccolo, sulla destra del monitor. Si esce da un sogno lentamente o forse è stato un suono, poi si riconosce il posto. Svegliarsi di quando in quando tra i “Tic tic”, i “Biri biri” ei lamenti, sapendo perlomeno a che ora, non modifica lo stato delle cose, eppure è un sollievo, talvolta una sorpresa.

Gli occhi si schiudono. E' passata un'altra notte. Le campane annunciano che un nuovo giorno scorrerà, gentile e crudele con il mondo così come per noi il tempo vuole. Forse non sarebbe stato male non risvegliarsi affatto.

 

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Articolo pubblicato il 26/06/2023