Amare Torino dai particolari

A cura di Luciano Brussino

Prosegue la proposta delle fotografie di Luciano Brussino, con didascalie da lui elaborate, per offrire ai Lettori di Civico20News la possibilità di cogliere dettagli suggestivi della nostra città (m.j.).

Particolare torinese-veneziano. Siamo in Piazza Solferino, palazzo Assicurazioni Generali, il bel leone ci mostra il libro con la frase con la quale un angelo, apparso in sogno a Marco, gli anticipò che Venezia sarebbe stata la sua patria, dove sarebbe stato venerato e onorato. “PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEUS” e questo ancora oggi è il motto della città di Venezia.

Un particolare sulla facciata del Castello del Valentino. Nel bellissimo scudo si può riconoscere a sinistra l'Arma di Vittorio Amedeo I e a destra, con i tre gigli, quella della di lui consorte Cristina (vero nome Cristiana) Maria di Borbone-Francia.

Dato che stiamo osservando i particolari della facciata del Castello non si può tralasciare questa epigrafe. La possiamo tradurre così  “Qui dove il re dei fiumi rende mansueta la sua ferocia, Cristina di Francia, duchessa di Savoia, regina di Cipro, destinava questo suo luogo ameno al sereno riposo dei regali figli nell'anno di pace 1660”.  

Qui siamo in via Arsenale 21, il palazzo è del 1901, opera dell'ingegner Luigi Beria. Pare che questi draghi sorreggi-lampioni siano tra i più - se non i più - orridi della città. Ma consoliamoci con il fatto che il palazzo è soprannominato “della Fortuna” perché in un tempo lontano da qui venivano spediti i biglietti della Lotteria Italia.   

In via Piave, a fianco della chiesa del Santo Sudario, se alzate gli occhi potrete vedere sulla parete tutta una serie di decorazioni a forma di campanellini. Questo altro non era, a partire dal 1729, che “Lo Spedale dei pazzerelli” voluto nel 1729 da Vittorio Amedeo II per togliere dalla strada questi poveretti che erano dileggiati e maltrattati dalla popolazione. Il segno distintivo dei pazzerelli erano appunto i campanellini. Ancora nel primo Novecento per indicare una persona un po' squilibrata si diceva “Chiel-lì a bat ij ciochin” (oppure “le quercie”), ovvero i coperchi.   

Questo bel bestiario, con pennuti sinistramente pronti a volteggiare su Torino, si trova sulla torretta del palazzo di Via Giacinto Collegno 44.

Luciano Brussino

© 2023 CIVICO20NEWS - riproduzione riservata

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 22/06/2023