I guardiani delle soglie di Torino

Di Katia Bernacci

Torino non è una città che ama mostrarsi, per vederne le bellezze ci vuole tempo e costanza, e a volte si devono anche superare delle prove, come è successo a ogni eroe che si rispetti nelle storie del passato.

Torino è una signora piena di fascino, a prima vista molto gradevole, nei suoi giardini curati, le case liberty, i viali declamati già nei secoli scorsi e soprattutto il centro storico, con le sue bizzarre incongruenze; ma dopo, per chi osa di più, per chi non si accontenta di un’occhiata da stanco turista, ecco apparire un mondo di simboli, di piccole storie dietro le quinte, come amava dire lo scrittore e giornalista Renzo Rossotti, che tanto si era occupato della città; si svela, insomma, un mondo altro, spesso enigmatico, a volte esoterico (la fama della città non è immeritata!).

Grazie a Internet e a innumerevoli blogger che pubblicano video sui principali luoghi cittadini, possiamo di certo dire che Torino ha assunto un ruolo di non poca importanza nel panorama legato ai viaggi in Italia, spesso vengono citati i luoghi ritenuti più “cool” da visitare, come il museo Egizio, secondo al mondo; la Reggia di Venaria Reale (qualcuno si ricorda com’era prima della ristrutturazione, una trentina di anni fa?) e ancora il museo del Cinema… ma c’è di più, molto di più, e a volte basta alzare lo sguardo, per scoprire gioielli incastonati nelle case, sulle soglie, lungo le colonne, dentro portoni che celano superbi giardini, tenuti gelosamente al riparo da sguardi indiscreti: sono i mascheroni di Torino, centinaia di maschere, telamoni, inserti, iscrizioni. Beffardi, paurosi o semplicemente bellissimi, i guardiani delle soglie si stagliano nei loro volti granitici, marmorei, dando l’impressione che saranno in quei luoghi per sempre.

L’uso di mettere dei mascheroni sulle soglie di casa è molto antico, come sulla mitica Porta di Ishtar dell’antica Babilonia, eretta tra il VII e il VI secolo a.C., ma anche gli Etruschi e soprattutto i romani, amavano mettere a protezione delle soglie delle figure che fungevano da protettore per la famiglia, o come scaccia-sfortuna.

Il Rinascimento poi ne fece un elemento indispensabile per le costruzioni nobili, creando una vera e propria corsa a chi progettava la casa più imponente e piena di particolari, spesso con simbologie incomprensibili.

A Torino, nel periodo post-unitario, si assistette a un revival di temi legati in qualche modo all’occulto, d’altronde si trattava di una borghesia in crescita, abbastanza istruita, interessata alle discipline iniziatiche, allo spiritismo, alla simbologia, all’egittologia, ma che non disdegnava le tradizioni degli antenati, riutilizzando figure e simboli che fanno parte del mito e delle credenze di determinati luoghi.

Un esempio su tutti è il “green man”, molto presente nelle costruzioni cittadine, l’uso del nome inglese potrebbe far pensare a immagini lontane da noi, che magari riguardano i miti Arturiani, invece no, il green man, o uomo selvatico, incarna da sempre una figura delle nostre montagne e così lo descrive Fabrizio Manticelli, autore del libro Antenati di Pietra: “Rispetto alla maschera apotropaica con caratteri ibridi o zoomorfi, mimetizza il proprio volto attraverso motivi vegetali stilizzati con elementi floreali, a fogliame e racèmi che, messi insieme, vanno a formare un viso, come una sorta di bizzarra composizione all’Arcimboldo.

Dunque il “green man” è la rappresentazione dell’iniziato nel suo cammino e il suo aspetto silvestre, naturalistico, richiama proprio la libertà iniziatica, egli è selvaggio perché è libero ed è perennemente alla ricerca”.

Splendidi esempi torinesi da guardare con il naso all’insù sono quelli di Corso Matteotti 43, oppure Piazza Solferino, Piazza Cavour 3 oppure ancora Via Principe Tommaso 36.

La città offre una carrellata di mascheroni di diverso tipo, come gli arconti, esseri ermafroditi dall’aspetto spaventoso (in Via Giolitti 1 o in Via Alfieri 7), le creature zoomorfe (Un classico esempio di questa tipologia di mascheroni si trova in quella che i torinesi chiamano il Largo degli Animali o la Piazzetta degli Animali, all’incrocio tra via Milano e via della Basilica), oppure i mascheroni con la lingua fuori, come in Piazza San Carlo e le numerose cariatidi, i veri guardiani delle soglie.

Questa ultima categoria è quella che più appaga lo sguardo, poiché le cariatidi e i telamoni si stagliano, enormi, dando l’impressione di reggere da soli interi palazzi, con espressioni cupe, paurose, algide oppure aggressive, come quella che si trova nella palazzina Marzoni Corsini in corso Einaudi n. 8 e in Corso Re Umberto 88, che svetta in forma di fauno, con la postura tipica del telamone, il volto barbuto dalla bocca aperta, mentre si sforza di tenere sulle sue spalle l’intera struttura, gli arti caprini ma senza zoccolo, con due dita ad artiglio.

Si appoggia su una veste drappeggiata che in parte ricorda due corna, in mezzo alle quali si trova un fiore a cinque petali, innestato in una colonna a tortiglione che sembra una corda. Rappresenta l’alchimista e la trasmutazione della materia, come sostenne un noto simbolista?

Non ci è dato sapere, anche perché i fauni non sono propriamente in linea con la tradizione iconografica, certo è che sono suggestivi, così pieni di simbolismi e di storia.

Elémire Zolla, scrittore, filosofo e profondo conoscitore di dottrine esoteriche, sosteneva che l’uomo moderno deve semplicemente prendere l’abitudine di guardarsi attorno, ma con incontenibile esultanza e gioia (da Le meraviglie della natura).

Ed è così che forse potremmo leggere i racconti di quella Torino nascosta che attende di essere svelata, e che per meglio convogliare il proprio messaggio, ha scelto elementi eterni: la pietra, il gesso, il marmo…

Katia Bernacci

Bibliografia

Antenati di Pietra, di Fabrizio Manticelli e Francesco Telamone.

Torino preziosa, di Massimo Centini.

Immagini proposte di Marino Olivieri ph.

Katia Bernacci - Ricercatrice indipendente, si occupa di editoria, ricoprendo il ruolo di direttore editoriale della Yume, e divulgazione.

Ha scritto numerosi libri, collabora con la rivista Mystery in history e con alcune testate sia online che cartacee.

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Articolo pubblicato il 11/06/2023