Eroi di bronzo: Il monumento ai caduti di Venaria Reale (TO)

Di Alessandro Mella

Nei primi anni che seguirono la tumulazione del milite ignoto al Vittoriano, avvenuta nel 1921, l’Italia fu invasa da una bella e commovente ondata di devozione per i caduti della guerra vinta pochi anni prima.

Quasi tutti i comuni d’Italia, delle grandi città come dei piccoli paesi, si adoperarono, in sintonia con comitati locali dedicati, per la realizzazione di monumenti civici a ricordo dei morti delle proprie comunità.

Ed è per questo che viaggiando per l’Italia se ne possono incontrare di magnifici anche in luoghi in cui non ci si aspetterebbe di scovarne.

Arrivando a Venaria, dalla grande strada statale che giunge dalle Valli di Lanzo, ci si trova sulla destra, a lato di viale Buridani, il monumento che anche la “Reale” dedicò ai suoi eroi.

Il comitato promotore affidò allo scultore Giuseppe Nori la realizzazione della statua il cui bozzetto mostrava un soldato pieno di vigore che, bandiera alla mano, ne sovrastava un altro ferito ed in terra.

L’opera fu prevista d’una altezza di circa sei metri di cui tre di gruppo bronzeo e tre di basamento come La Stampa accennò già nel mese di giugno:

Col giorno 20 del prossimo settembre Venaria Reale vedrà esaudito un suo nobilissimo voto, vedrà cioè, perpetuato nel bronzo ed inaugurato solennemente l'omaggio che la cittadinanza volle reso ai suoi figli caduti nella recente guerra.

Ed un giovane nostro scultore, Giuseppe Nori, uscito dalla Accademia Albertina, (…) avrà certo il conforto di vedere apprezzata degnamente una sua dignitosa fatica d'arte. Nulla di originale nella concezione del monumento: tema imposto da un Comitato benemerito (…). Ma opera vigorosamente sentita e fermamente espressa.

Due maschie figure di soldati la compongono: l'uno di essi già a terra, ferito; il fucile spezzato, ma ancora brandito minacciosamente contro il nemico; i lineamenti del viso non isconvolti dal dolore, ma contratti dal furore impotente dell'aquila abbattuta. L'altro ritto, fermo in cospetto della morte simbolo di serenità e di forza, mentre la bandiera, che egli palleggia, si gonfia fiera al vento della battaglia e ondeggia intorno all'elmetto, come un'aureola. Qua e là frantumi di obici e di carriaggi.

E, sono, un basamento in granito della Balma, dalla linea larga e semplicissima. Un insieme di quasi sei metri di altezza, dei quali tre per il gruppo, fuso in Torino, dal Chiampo. Contro Giuseppe Nori s'affacciavano dunque difficoltà non lievi. Occorreva evitare quanto di convenzionale e di enfatico domina troppo spesso in composizioni come questa: il motivo della bandiera sventolante poteva costituire un buon elemento decorativo, ma alla sola condizione di saperne evitare la pesantezza attraverso la materia scultoria; in armonia e l'equilibrio delle masse difficile ad ottenere attraverso una linea che doveva correre agile, ma ad un tempo serrata, fra il corpo del caduto, quello del soldato in piedi e la bandiera; questa linea, estremamente movimentata, doveva assodarsi monumentalmente nella larghezza dei plani, in un gioco semplice e forte di chiaroscuro. Giuseppe Nori non girò le difficoltà: piuttosto amò in più punti prenderle di fronte, con audacia giovanile temperata da buon corredo di studi e da un'autocritica rara in molti artisti, che pure vanno per la maggiore. In un modellato largo, vigoroso e fermo cercò un effetto sintetico, nella squadratura dell'insieme la monumentalità. E riuscì.

Così se l'opera d'arte non ci sorprende per novità di concetto o per intima forza creatrice, incatena peraltro la nostra attenzione per quanto è in essa di sentito, epperciò di sicuro e di persuadente. Ove sarà collocato il monumento? Una decisione non sembra ancora presa. E perché? Non sembra infatti predisposta dallo stesso destino la località? Non è essa indicata sullo sfondo magnifico del verde cupo dell'alberata attigua a quel Castello, che in arte ricorda i nomi di Amedeo Castellamonte e di Filippo Juvara e nel fastigio edilizio di un Carlo Emanuele II alberga oggi una parte di quell'artiglieria, che fu tanta parte nella guerra, che il monumento vuole esaltare attraverso il ricordo del sacrificio eroico? E. F. (1)

La cerimonia inaugurale si tenne il 4 novembre 1924 alla presenza del Duca d’Aosta Emanuele Filiberto, figura splendida di Casa Savoia e condottiero della IIIa armata nella guerra 1915-1918. Oratore ufficiale, inviato dal PNF, fu un certo Curzio Suckert alias il celeberrimo Curzio Malaparte, il quale tenne un discorso un poco polemichetto, ma in spirito con il nascente regime e la ricerca spasmodica di un’apparenza di pacificazione nazionale dopo i fatti drammatici di quell’anno difficile tra i quali la morte di Giacomo Matteotti.  Eventi che avevano comprensibilmente fatto traballare lo stesso esecutivo.

La manifestazione raccolse a Venaria Reale popolazione e reduci, associazioni e sodalizi, veterani e militari in servizio:

Alla presenza del Duca d'Aosta, di molte autorità, e rappresentanze, e di una folla numerosissima è stato inaugurato ieri il monumento ai cinquantaquattro caduti di Venaria Reale.

La popolazione ha festeggiato in modo calorosissimo il Principe, giunto in automobile alle 15, anche perché egli fu già comandante del 5.0 reggimento di artiglieria che ha sede in Venaria. Il monumento ai caduti è stato eretto sulla piazza del teatro «Principessa Elena», presso la stazione ferroviaria.

È stato eseguilo dallo scultore Nori e rappresenta un soldato caduto, col fucile spezzato, e protetto da un altro soldato che porta la bandiera spiegata verso una meta ideale.

Alla esecuzione dell'opera di riconoscenza concorsero il Municipio, il 5° artiglieria, le Associazioni cattoliche, le altre varie associazioni di Venaria, gli industriali ed in modo particolare l'avv. Gualino.

La cerimonia di inaugurazione ha avuto un carattere di semplicità e di solennità consono al significato del rito. Dai paesi vicini convennero piccole squadre di fascisti: tulle le autorità, le scolaresche, i sodalizi di Venaria, con i combattenti in prima linea, si adunarono sulla piazza della stazione.

Da Torino giunsero pure una rappresentanza dell'Associazione delle Madri, vedove e famiglie dei Caduti ed una rappresentanza delle scuole medie.

Erano presenti inoltre il prefetto gran uff. Dezza col carpo gabinetto Lattes, e il comandante del corpo d'Armata generale Tiscornin. Molti ufficiali del 5° artiglieria col comandante del reggimento, colonnello Arzani, si trovarono ad onorare la cerimonia ed a rendere omaggio al Principe, profondamente amato dall'Arma di artiglieria.

Sulla piazza fu disposto dal commissario on. Fusari un intenso servizio d'ordine per disciplinare il vasto concorso di pubblico. Al suo apparire nella tribuna reale, costrutta contro la facciata del teatro a fianco del monumento, il Duca d'Aosta venne salutato da una lunghissima ovazione.

Il presidente del comitato generale per il monumento, avv. Rolando, gli rivolse il saluto e il ringraziamento di Venaria che è stata come la culla della nostra artiglieria. L'oratore fece quindi l'appello dei caduti e ad ogni nome i combattenti risposero «presente». Infine il presidente ringraziò l'industriale Canfora, il più attivo organizzatore dell'opera.

Il monumento venne scoperto e salutato dalle bandiere dei combattenti, del «Nastro azzurro» e delle altre associazioni. Il canonico Chiantore, ex cappellano di guerra, dopo avere benedetto il monumento, portò l'adesione e il saluto dell'Arcivescovo mons. Gamba, invocando l'unione degli animi e dei cuori per il bene della Patria.

Parlò infine Curzio Suckert a nome del partito fascista ed oratore ufficiale della cerimonia. Egli esaltò la vittoria, i sacrifici di guerra e le virtù del popolo italiano e biasimò la pace armata che sa di sangue di altre nazioni meno civili dell'Italia. (…) L'oratore terminò con un appello alia pacificazione.

Tutti gli oratori furono vivamente applauditi. Alle fine il duca d'Aosta, accompagnato dal colonnello Montasini e salutato dalla Marcia Reale suonata dalla banda cittadina, lasciò Venaria tornando a Torino. La popolazione e le rappresentanze rinnovarono la dimostrazione di viva simpatia. In serata al teatro «Principessa Elena» ebbe luogo una rappresentazione di gala. (2)

Nel 2017 in occasione del centenario della Grande Guerra fu disposto, grazie all’Unione Edili, un prodigioso restauro dell’opera.

Una decisione benemerita che permise di ridare alla statua l’antico splendore e rendere nuovamente leggibili i nomi di quegli eroi incisi a lettere d’oro nel monumento voluto per ricordare il loro lontano ma non dimenticato sacrificio.

Una scelta, quella del restauro, di cui Venaria può dunque andare ben orgogliosa.

Alessandro Mella

NOTE

1) La Stampa, 147, Anno LVIII, 20 giugno 1924, p. 4.

2) Ibid., 263, Anno LVIII, 5 novembre 1924, p. 6.

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Articolo pubblicato il 14/06/2023