Torino - Festeggiare il 25 aprile? Un lettore ci scrive

Non l'ho mai festeggiato in realtà, anche se quando lavoravo ovviamente  dovevo stare a casa. Non ho mai sentito mia, né ho mai trovato ragione di festeggiare, una ricorrenza che, a ben guardare, è  stata il corollario di una sconfitta militare e, di contro, ha il sapore un po' amaro di un voltafaccia, di un salto sul carro del vincitore, eventi purtroppo non inconsueti nell'italica storia .

           

Intendiamoci, non è  un rimpiangere il "prima" , quando "i treni arrivavano in orario" , è  più  che altro un riconoscere che spesso l'affrancamento non è  che un cambio di padrone. Infatti, io non mi sento libero. Non lo ero tre anni fa, quando il Governo "dei peggiori" ha rinchiuso me e altri milioni di italiani in casa, per una pandemia che, ora ce ne siamo accorti, poteva essere affrontata diversamente (l'altissimo numero di morti lo ha dimostrato) e ha provocato danni sociali, sanitari ed economici da cui ci vorranno anni per riprenderci, se mai ci riusciremo. 

           

E tampoco mi sento libero da quando un organismo sovranazionale, a cui nessuno mi ha mai chiesto se volevo aderire, mi ha imposto la sua moneta, le sue leggi che paiono sempre più assurde e punitive per il mio Paese, mi dice cosa devo guidare e come dovrà  essere la mia casa (tutto a spese mie ovviamente), sta cercando di convincermi che i sessi non sono più due ma tre o quattro e che devo accettare con gioia ogni sorta di devianza e aberrazione sessuale e magari portare  questi "sani principî" nelle scuole.

           

Sto parlando, l'avrete capito ovviamente, di quella Unione Europea che ha nientepopodimeno e di fatto dichiarato guerra alla Russia e le  sta scavando intorno un solco sempre più profondo e forse incolmabile , con conseguenze economiche e politiche gravissime.

             

Non sono libero ovviamente di dire che forse la Russia proprio tutti i torti non li ha, che occorrerebbe sentire anche le sue ragioni e cercare la pace invece di mandare armi, scelte sulle quali, ovviamente, io non ho alcuna libertà  di esprimere un parere.

             

Contribuisce anche a non sentirmi libero il fatto che il mio Paese faccia parte di una Alleanza (atlantica) che, nata per contrastare il Patto di Varsavia, ora non avrebbe alcuna ragione di esistere, se non fosse che il suo "azionista di maggioranza", l'America, la utilizza in modo spregiudicato per imporre la sua "democrazia" e , soprattutto , i suoi interessi.

               

Per questo, ed altro, io non mi sento "liberato" più  di tanto e quindi non ho nulla da festeggiare o celebrare .

Rimandero' i "festeggiamenti" a quando il mio Paese si sarà a sua volta liberato dalla farragine e dalla retorica di una storia scritta "ad usum delfini" e parlerà  apertamente anche dei crimini dei cosiddetti "liberatori", quando il mio Paese riuscirà  a fermare l'invasione e l'arrembaggio quotidiano di migliaia di disperati provenienti da ogni angolo del mondo, che dobbiamo ovviamente accogliere, assistere e mantenere, sotto l'occhio vigile e severo dei padroni europei.

                 

Festeggero' se e quando il mio Paese recupererà  la sua sovranità  monetaria e politica, potendo decidere quando e con chi allearsi, quando non costringerà  i propri giovani ad espatriare per ottenere un lavoro consono, quando non vedrà i propri anziani frugare nei cassonetti dell'immondizia per nutrirsi, quando le famiglie saranno formate da un padre, una madre e da figli che non si farà  fatica a mantenere, far studiare e avviare ad un lavoro sicuro e giustamente retribuito.

                 

Solo allora mi sentirò veramente libero e la parola "liberazione" avrà per me un significato reale e non retorico, solo allora e non prima .

 

 Leonardo Incorvaia

                 

             

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 26/04/2023