Cronaca dai quartieri - Gerry Di Fonzo: “Magaz. Dora MMCXXII”

Italo Calvino: "L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose"

In questi spazi le cose hanno si linee severe ma mai algide, appartengono orgogliosamente a una delle narrazioni **architettoniche del suo tempo.

Con il trascorrere dei suoi 110 anni, ha maturato una sua estetica, oggi i suoi segni sono una valorosa testimonianza del vissuto, i quali non sottraggono nulla alla bellezza originale, anzi gli elementi attuali e quelli originali si sommano e gli conferiscono una nuova livrea più consapevole scevra di codici convenzionali.

La danza che avviene negli spazi della mente di chi osserva ha forme variabili diverse, queste mutuate dal  bagaglio del proprio vissuto, e quindi l’indagine sull’immaginario e le sue forme diventa una ricerca sulle immagini che popolano la nostra memoria individuale culturale non di rado collettiva. Condividere queste visioni è un po’ come ridistribuire generosamente un regalo che a suo tempo si è ricevuto.

La memoria del suo passato, non la conosci bene come le linee della tua mano, tuttavia quel luogo ti accoglie e rassicura come fosse la tua patria. Potresti  descriverne oltre che l’ elegante velario in vetro e calcestruzzo armato, ogni spigolo, griglia, finestra, viali, carico e scarico merci, scale, infernotti, terrazzi, montacarichi e i paesaggi che si possono rimirare dal terrazzo.

Ecco che come in un «déjà vu» arrivando ai Docks Dora la meraviglia ti pervade ogni volta e ti cattura in un viaggio esponenziale, lei femmina intesa come «un’enclave» altra città dentro la città, contiene varia umanità impegnate a espletare le sue professioni, agevolare i propri sogni d’arte.

Ti si propone con la sua maestosa scenografia urbana, per la sua originalità architettonica conferisce a Barriera di Milano una caratteristica di bellezza senza paragoni, emana un vissuto che neanche lei non sa di avere, ti accoglie come una «boiserie» che riabbraccia un romanzo che libero di viaggiare e tornare.

Tornando altrove I luoghi fisici e anche quelli della mente fanno fatica a ricollocare al loro posto quei dettagli estetici che ce lo rendono più umano. Sembra un corpo che ha vissuto e che non ha più orpelli per coprirsi, mostrando
la verità. Tornando vuol dire che ci siamo già stati, è forse un «deja vu!». Altrove perché è in un’altro luogo in cui vorremmo capitare.”

** (Sistema dell’ingegnere civile  François Hennebique, un innovativo sistema edilizio
basato sui primi utilizzi del calcestruzzo armato, il complesso daziario fu realizzato

dall’impresa Porcheddu, che all’epoca ne era concessionaria."

 

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DOCKS DORA - MMCXXII biosphera2 - STEAMPUNK

 

• duemilacentoventidue.

 

Passeggeri della stessa crociera temporale, al vascello che ci ha accolti tutti a vario titolo, non sono bastate le varie umanità che hanno occupato le sue cabine a cambiarne l'aspetto.

 

Incurante dei venti contrari, lui non ha una precisa rotta, ogni folata prova a imprimere uno scarroccio ma lui ha ancore immaginate per librare nella bellezza oltre l'immaginabile, frangiflutti come armonie a sottolineare e nascondere quell'opera che viva e vivida colora il sottopensiero.

 

Continua la navigazione nonostante le illusioni del tempo, lui è un vascello navigato ha visto cose che risiedono nelle sue memorie, è custode di arte e bellezza provenienti da diversi mondi, tutto questo le è stato portato a bordo senza dover attraccare in porti lontani.

 

Dalla rada in prossimità del centro centro, sornione osserva e si compiace che sono stati in molti a venire a bordo e altri ne vengono e ne verranno, il ponte conserva tracce dei loro scarpinare, lungo le murate sono evidenti le tracce dei navigatori e a prestare attenzione se ne odono i brusii e gli armonici cicaleggi.

 

La brezza anche se non salmastra è portatrice dei profumi e odori dei cambi di stagione, sui ponti più alti e il colore lilla a dominare il pavè, a dare linea all'opera viva ci sono stratificati lustri di pavimentazioni, evidenti le tracce di come era in origine, possono sembrare inappropriati gli strati di catrame ma anche loro hanno il compito di datare il tempo in cui sono apparsi.

 

Le murate severe sfidano la conoscenza, oggetto di sperimentazione strutturale danno il meglio di sé e da decenni fanno il loro dovere, convogliano lasciandoli scorrere i venti, danno volume allo scafo e ti invitano a meravigliarti di come il fasciame (le travi portanti) sostiene la stazza e lo fa resistendo alle mareggiate del tempo, in una virtuale navigazione senza bussola, gli eventi umani e quelli naturali fin qui le hanno fatto da timone, e lui vascello orgoglioso, mai vanesio ma impettito con lo sguardo a dritta ossessionato dai sogni continua a cercare l'alba dell'approdo sull'isola che non c'è, quella della bellezza universale e dell'amore oblativo.

 

Gerry Di Fonzo

 

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Articolo pubblicato il 02/04/2023