Con Massimo Montebove, portavoce nazionale del sindacato autonomo di polizia Sap, parliamo di sicurezza
Massimo Montebove

Laureato in filosofia, è un poliziotto che ha lavorato 4 anni a Torino

Massimo Montebove, 39 anni, una laurea in filosofia e un tesserino da pubblicista in tasca, è un poliziotto che ha lavorato 4 anni a Torino.

 

Oggi è il portavoce nazionale del sindacato autonomo di polizia Sap, uno dei maggiori. Da Roma, dove lavora durante la settimana, segue i problemi di Torino come consigliere nazionale del Sap per il Piemonte.

 

Lo abbiamo raggiunto per una panoramica sulla sicurezza e sulle problematiche che sta vivendo la città di Torino:

 

"In un città da un milione di abitanti non possono bastare 20 volanti e gazzelle di polizia, carabinieri e finanza a presidiare il territorio. Negli anni ottanta le pattuglie sul territorio erano esattamente il doppio e allora Torino non aveva i problemi di sicurezza che ha oggi. Questo dato, da solo, ci dà l'idea di come sia complessa la situazione della nostra città dal punto di vista della sicurezza".

 

Certamente gli ultimi provvedimenti non hanno agevolato l’opera preziosa delle Forze dell’Ordine:

 

"I problemi si sono aggravati con l'entrata in vigore del decreto "svuota carceri", ora convertito in legge. A oltre tre mesi dall'avvio delle nuove norme, soprattutto nella parte in cui si prevede l'utilizzo delle camere di sicurezza al posto dei penitenziari, i nostri dati indicano che siamo di fronte ad un fallimento completo che non solo non ha risolto l'emergenza carceri, ma che ha soprattutto peggiorato la sicurezza dei cittadini, rendendo meno efficienti le forze dell'ordine.

 

La situazione è particolarmente delicata a Torino. Sono mediamente una decina le persone arrestate ogni giorno nella nostra città e in molti casi si tratta di soggetti che tratteniamo nelle camere di sicurezza fino all'udienza per direttissima perché fermati in flagranza di reato.

 

Soggetti autori di reati anche molti gravi come rapine ed estorsioni. Prima la maggior parte di queste persone finiva in carcere in attesa di processo, ora è costipata nelle sei camere di sicurezza del Commissariato San Paolo”.

 

Quindi uno spostamento logistico che non risolve tuttavia la situazione:

 

“Il problema si è solo spostato dalla Vallette a San Paolo, con due aggravanti. La prima è che non abbiamo strutture mediche adeguate per garantire la sicurezza degli arrestati e non abbiamo neppure un servizio mensa dedicato, quindi le condizioni di questi detenuti sono peggiori rispetto al carcere.

 

In secondo luogo, su 10 persone arrestate, metà finisce ai domiciliari, ma siccome tre quarti degli autori dei reati risulta essere di origine straniera e senza fissa dimora, diventa difficile assicurare i colpevoli alla giustizia.

 

Inoltre l'utilizzo delle camere di sicurezza costringe poliziotti, carabinieri, finanzieri e vigili urbani a istituire dei nuclei di custodia e traduzione degli arrestati, senza contare che devono comunque essere sempre presenti in tribunale gli operatori che hanno effettuato gli arresti.

 

Questo si traduce, dati alla mano, in un impiego costante di 3 agenti per ogni arrestato, 40 uomini impiegati ogni giorno per la sorveglianza e la tutela 24 ore su 24, il 20 per cento di pattuglie in meno di poliziotti e carabinieri sul territorio.

 

Se consideriamo che a Torino il sotto organico della Questura e dei commissariati è pari a circa 100 unità rispetto alle piante organiche previste nel 1989, si comprende da sè come la situazione sia tragica.

 

E pensare che in audizione parlamentare, alla fine dell'anno scorso, avevamo già paventato questi pericoli. Il ministro - avvocato Severino porta per questo una grave responsabilità".

 

Ma un piccolo intervento in proposito c’è stato:

 

"Il 30 marzo sono arrivati a Torino 50 nuovi agenti di polizia appena usciti dai corsi. Si tratta di un buon numero di personale che va ad integrare, almeno in parte, le carenze degli ultimi anni, soprattutto in Questura.

 

Carenze causate dai pensionamenti, dagli scarsi concorsi e dai trasferimenti a domanda di tanti operatori dal nord al sud, fenomeno tipico di Torino.

 

Ci terrei comunque a dire che l'arrivo di questi nuovi Agenti era previsto da tempo e come sindacato avevamo ottenuto nei mesi scorsi rassicurazioni dal Ministero dell'Interno circa l'invio di un congruo numero di personale.

 

Questo lo dico per rispondere a chi, forse un pò in malafede, ha pensato che l'invio di 50 agenti fosse legato al recente attentato subito dal prof. Musy, al quale va la mia vicinanza e solidarietà. Torino ha da tempo un problema di sicurezza, questi nuovi Agenti sono una boccata d'ossigeno, ma restano sul tappeto ancora tanti problemi".

 

Certamente i tagli alle spese hanno colpito anche un settore che, a parer nostro, non andava assolutamente sfiorato:

 

"In particolare, i tagli alla sicurezza determinati dal Governo Berlusconi hanno ridotto tutte le voci di bilancio ministeriale relative alle spesa corrente.

 

Per essere concreti, a Torino spesso nei commissariati manca la carta per le fotocopie e si utilizzano fogli già utilizzati solo da un lato oppure i colleghi sono costretti a comprarsi risme di carta con soldi propri.

 

La benzina è contingentata da tempo e le volanti devono negli ultimi cinque anni hanno dovuto ridurre il numero di km percorsi per ogni turno.

 

Abbiamo uffici e caserme che dovrebbero essere ristrutturati, assolutamente non in linea con la legge 626, eppure tutto resta così com'è per mancanza di fondi.

 

Anche carabinieri e guardia di finanza vivono i nostri stessi disagi, anche se non avendo sindacati democraticamente eletti non fanno trapelare troppe notizie".

 

A tutto ciò si aggiungono giornalmente nuove complicanze, non ultima la manifestazione da tempo in corso contro la realizzazione dell’alta velocità e che oggi sta assumendo una concretezza assai preoccupante:

 

"Per quel che riguarda i problemi che stiamo vivendo con i No Tav, debbo dire che purtroppo il movimento si è fatto strumentalizzare dall'ala più violenta e antagonista, quella legata al sig. Perino e ai centri sociali di Torino che ben conosciamo, visto che molti di questi signori sono noti ai nostri archivi per reati commessi.

 

A noi come poliziotti non interessa essere pro o contro l'alta velocità. Come cittadino potrei anche esprimere le mie perplessità su quest'opera.

 

Quello che non è tollerabile è la violenza, il fatto che la scorsa estate oltre 200 tra poliziotti e carabinieri sono rimasti feriti a causa delle violenze No Tav, tutte documentate, al punto che ci sono stati dei rinvii a giudizio.

 

Noi come Sap, per altro, ci siamo costituiti parte civile nei processi. Purtroppo, da parte dei vari Perino - Pierino di turno e degli avvocati al seguito, mai nessuna parola di scusa è venuta, mai alcuna presa di distanza, anzi.

 

In questi giorni è stato anche confezionato un dossier patacca che vuol dimostrare, senza riuscirci, le presunte violente delle forze dell'ordine, quasi a giustificare i reati commessi dai manifestanti.

 

Voglio ringraziare la classe politica ed in particolare il Pd torinese, a partire dall'on. Esposito, per le coraggiose prese di posizione contro le violenze No Tav.

 

Anche il sindaco Fassino c'e' stato vicino. Da sinistra non è facile assumere queste posizioni. Siamo comunque tutti minacciati, anche io personalmente ho ricevuto mail di minacce.

 

Quello che è successo al procuratore Caselli lo abbiamo visto. Comunque non ci faremo intimidire".

 

Un Altro settore colpito dai tagli è l’istruzione ed in particolare l’Università:

 

“Un'altra situazione grave che abbiamo a Torino è l'occupazione della residenza Edisu di via Verdi, di fronte ad un nostro Commissariato.

 

Gli studenti, purtroppo, si sono fatti strumentalizzare dai 'soliti' professionisti del disordine, quegli appartenenti ai centro sociali che sfruttano ogni occasione per creare tensioni.

 

In via Verdi l'occupazione va avanti da gennaio, spesso i residenti hanno problemi a transitare a piedi e in auto, ci sono bandiere No Tav affisse provocatoriamente e mi chiedono che cosa c'entrino con le legittime preoccupazioni degli studenti per il futuro della residenza universitaria.

 

Ci sono preoccupazioni anche per i nostri colleghi che quotidianamente lavorano presso il Commissariato Centro, in via Verdi. Provocazioni continue, atteggiamenti al limite della legalità e inoltre, in attesa di determinazioni e disposizioni del signor Prefetto che stiamo sollecitando da tempo, nulla possiamo fare contro questa occupazione, che è comunque illegale".

 

Ed in questo contesto generale si vuole prolungare il periodo di servizio:

 

"Siamo da settimane mobilitati contro il Governo ed in particolare contro il Ministro Fornero che vorrebbe far lavorare poliziotti e carabinieri fino a 65 anni.

 

Non avviene in nessun paese del mondo, dove alle forze dell'ordine - in virtù della peculiarità della loro professione - si riconoscono delle tutele diverse dal resto del pubblico impiego.

 

Come facciamo a pensare che un poliziotto possa fare un inseguimento o essere impiegato in ordine pubblico a 65 anni?

 

Siamo impegnati in un serrato dialogo col ministro Fornero, vedremo di riuscire a convincerla delle nostre esigenze.

 

La sicurezza non è un servizio dello Stato, ma una funzione dello Stato. Per cui le spese necessarie per sostenerla e per garantire la serenità del quieto vivere civile dei cittadini sono insopprimibili.

 

Un poliziotto lavora a Natale, a Capodanno, a Pasqua e a Ferragosto, lavora di notte e nei giorni festivi per guadagnare 1.300 euro netti che possono diventare 1.400 con gli straordinari, spesso non pagati.

 

Questa e’ la nostra situazione, con un contratto fermo da due anni e con stipendi congelati fino al 2014. Ragazze e ragazzi che rischiano la vita ogni volta che vanno in servizio.

 

Se non si capisce questo, non si comprende niente del nostro mondo. E la sicurezza dei cittadini sarà sempre più a rischio, giorno dopo giorno…”

 

Si è così concluso il nostro incontro con Massimo Montebove il quale ci ha fornito un’ampia ed esaustiva panoramica di ciò che veramente accade e di ciò che troppi cittadini non sanno e intervengono troppo spesso ed impropriamente contro chi compie il proprio dovere mettendo in pericolo l’incolumità personale.

 

Troppo spesso si dimentica che sono uomini e non automi, che hanno affetti spesso sacrificati in nome dell’alto senso del dovere.

 

Il flusso che negli ultimi anni si è sviluppato in maniera esponenziale non aiuta certamente chi deve tutelare la sicurezza dei cittadini, quelli stessi che pretendono la certezza messa in pericolo da un buonismo di facciata, da un falso pietismo che viene erroneamente, o volutamente, confuso con la solidarietà.

 

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Articolo pubblicato il 02/04/2012