La Theriaca Magna

Di Achille Maria Giachino

Nella storia della farmacopea esiste un antico rimedio, la Theriaca (il cui nome deriva dal vocabolo greco “therion”, usato per indicare la vipera o gli altri animali velenosi in genere), dotato di innumerevoli virtù terapeutiche e capace di risolvere ogni tipo di male, prescritto ininterrottamente dai medici per 18 secoli.

In origine il suo uso principale era quello di combattere i veleni iniettati attraverso il morso di “fiere velenose” e la sua invenzione si fa risalire a Mitridate, re del Ponto, il quale ne faceva uso quotidiano per combattere la paura ossessiva di essere avvelenato.

Si tramanda che la ricetta per la sua preparazione sia stata ritrovata da Pompeo nella cassetta di quel re e da qui il primitivo nome di “elettuario di Mitridate”.

Fu Andromaco il Vecchio, medico di Nerone, che perfezionò la ricetta, aggiungendo la carne di vipera, certo che il suo uso avrebbe aumentato le virtù dell’antidoto. Nasceva così la Theriaca Magna o Theriaca di Andromaco, perfezionata poi da Critone, medico di Traiano.

Galeno, nel “De teriaca ad Pisonem”, esaltò l’azione portentosa della theriaca e sostenne che era sufficiente assumerne ogni giorno una certa quantità per essere protetti dai più potenti veleni.

La Theriaca, dall’epoca di Andromaco fino al XII secolo fu preparata dai medici, poi, nel 1233, con l’editto dell’imperatore Federico II di Sicilia, noto come “L’Ordinanza Medicinale”, si ebbe una netta separazione tra la professione medica e la professione farmaceutica, per cui ai medici fu vietata la preparazione dei farmaci. Dal XIII secolo, perciò, le preparazioni medicamentose furono affidate alle Corporazioni degli Aromatari, sotto il diretto controllo dei medici.

Ai primordi del XIV secolo iniziarono i viaggi verso l’estremo Oriente e grazie a questi in Europa furono introdotte nuove spezie; si sentì quindi il bisogno di creare figure che fossero esperte di queste “droghe”, utilizzate anche nell’alimentazione umana.

Nacque così il Collegio degli Speziali, che ebbe il riconoscimento ufficiale nel 1429.

Con l’introduzione di nuove droghe, la preparazione della Theriaca subì notevoli variazioni, per cui si passò dai 62 componenti citati da Galeno, fino ai 74 utilizzati dalla farmacopea spagnola.

Il successo esplose nel XVI secolo, quando presso le “spezierie” di Bologna, Napoli, Venezia e Roma, la Theriaca veniva preparata in notevole quantità, diventando presto una voce importante per l’economia delle città.

La migliore di tutte era però quella che si preparava a Venezia, dal momento che gli speziali della serenissima potevano utilizzare più facilmente le droghe provenienti dall’Oriente, la cui fragranza e rarità conferivano al preparato una qualità superiore.

La preparazione della Theriaca era un vero e proprio rito studiato nei minimi particolari e a Venezia veniva fatta alla presenza della popolazione, esponendo al pubblico per tre giorni le varie sostanze, affinché si rendesse conto della genuinità e della bontà delle medesime. La sfarzosa cerimonia, alla presenza delle più alte autorità della Serenissima e del Protomedico, avveniva durante il mese di maggio, poiché alcuni componenti raggiungevano solo in quel periodo il perfetto stato di impiego ed anche perché gli influssi astrali di quel mese potevano dare facoltà speciali al rimedio.

L’elemento più curioso della preparazione sono i Trocisci di vipera, vale a dire carne di vipera dei Colli Euganei, femmina, non gravida, catturata qualche settimana dopo il letargo invernale, privata della testa, della coda e dei visceri, bollita in acqua di fonte salata ed aromatizzata con aneto, triturata, impastata con pane secco, lavorata in forme tondeggianti della dimensione di una noce e posta ad essiccare all’ombra.

Altro componente fondamentale era l’oppio, che doveva provenire rigorosamente da Tebe, in quanto di qualità superiore rispetto a quello turco. Altri ingredienti erano l’asfalto, il benzoino, la mirra, la cannella, il croco, il solfato di ferro, la radice di genziana, il mastice, la gomma arabica, il fungo del larice, l’incenso, la scilla, il castoro, il rabarbaro, la calcite, la trementina, il carpobalsamo, il malabatro, la terra di Lemno, l’opobalsamo ed altri ancora.

La preparazione, per raggiungere il massimo dell’efficacia, doveva “maturare” per almeno sei anni, ed era considerata valida fino al 36° anno.

La Theriaca era il rimedio sovrano per un’infinità di malattie che spaziavano dalle coliche addominali alle febbri maligne, dall’emicrania all’insonnia, dall’angina ai morsi delle vipere e dei cani, dall’ipoacusia alla tosse.

Veniva utilizzata per frenare la pazzia e per risvegliare gli appetiti sessuali, per ridare vigore ad un corpo indebolito, nonché per preservare dalla lebbra e dalla peste.

Le modalità di somministrazione ed il dosaggio variavano a seconda della malattia, dell’età e del grado di debilitazione del paziente. Si assumeva stemperata nel vino, nel miele, nell’acqua o avvolta in foglia d’oro, in quantità variabile, ma la “conditio sine qua non” affinché la theriaca fosse efficace era che doveva essere assunta dopo aver purgato il corpo, altrimenti il rimedio sarebbe stato peggiore del male. Per i trattamenti con la theriaca il periodo più favorevole era l’inverno, seguito dall’autunno e dalla primavera. Da evitare, a meno di una situazione particolarmente grave, l’estate.

Con il trascorrere dei secoli l’interesse per questo “farmaco” scemò, e nonostante non lo si utilizzasse più, a fine Ottocento lo si trovava ancora iscritto in farmacopee di numerosi paesi, compreso il nostro, tanto che fino al 1850 lo si preparava ancora a Venezia e a Napoli venne prodotto fino al 1906 secondo le antiche ricette.

Un’ultima curiosità: circa 30 anni addietro reperii la Theriaca Magna in una antica erboristeria di Torino, l’acquistai e, seppure non l’abbia mai utilizzata, la conservo ancora oggi gelosamente.

Achille Maria Giachino

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Articolo pubblicato il 07/02/2023