La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Il letale fratello del sagrestano di Pozzo Strada

La nostra ricognizione fra gli Encomi Solenni concessi ad appartenenti all’Arma dei Carabinieri dalla Legione di Torino nell’agosto dell’anno 1884 inizia dalla borgata torinese di Pozzo Strada, nella domenica del giorno 10.

Cosa sia successo lo racconta la Gazzetta Piemontese, il giorno seguente, sotto il titolo Vino e coltello:

La cronaca domenicale è stata ieri macchiata da un nuovo fasto del coltello. Ah! Vino maledetto!

Verso le 11 pom. una comitiva di oltre venti giovinastri avvinazzati, usciva dalla Trattoria Annibale, posta sulla strada di Francia [oggi corso Francia, N.d.A.]. Ad un certo punto i giovani si misero a quistionare ed improvvisamente uno di essi cadde a terra ferito gravissimamente di coltello al ventre.

Due guardie campestri sopraggiunte, coadiuvate da altre persone, prestarono le prime cure al ferito, e poi col mezzo di una vettura pubblica, fatta venire da Torino, lo fecero trasportare all’Ospedale Mauriziano. [...] Il ferito, trasportato all’Ospedale, è morto poco dopo senza poter parlare, e si crede che possa essere certo Rossi Celestino, d’anni 18, maniscalco.

Le indagini per identificare e catturare l’uccisore di Celestino Rossi, che si ritiene animato dal «vino maledetto», sono condotte in parallelo dalle guardie campestri e dai Carabinieri. E saranno questi a risolvere il caso, come ci narra Il Carabiniere giornale settimanale illustrato del 7 febbraio 1885 nella sua rubrica Operazioni dell’Arma.

Informati dell’avvenimento, a mezzanotte erano già sul luogo il brigadiere Liccardo Gennaro ed il carabiniere Castiglioni Rinaldo; il brigadiere Pagani Antonio ed il vice-brigadiere Volpi Giovanni Battista; quelli della stazione San Salvatore, questi di San Donato in Torino.

I Carabinieri raccolgono i nomi di alcuni compagni del morto: Bartolomeo Valerio, Giuseppe Bissone e Lorenzo Bardo. Li ricercano subito e li arrestano nelle rispettive abitazioni, ma i giovani giurano di non conoscere chi abbia ucciso il loro amico.

Più tardi sopraggiunse il tenente Testardi, comandante la tenenza di Torino, il quale impartì le più razionali direttive per la continuazione delle indagini intese specialmente a scoprire ed arrestare gli altri componenti la comitiva di cui faceva parte l’infelice Rossi.

Cosiffatte indagini infatti condussero la stessa giornata dell’11 alla cattura di Secondo Piota, Giuseppe Sonetto, Giovanni Dentis, Angelo Miola, Luigi Cavallo e Candido Rolle, da parte dei quali si ebbero gli stessi giuramenti di non conoscere l’uccisore.

«Quello soltanto che io posso dire, aggiunse il Dentis, si è che ho visto un tale, che io non conosco, ma che vogliono sia il fratello del sagrestano, dare uno schiaffo a Rossi e quindi questi, fatti pochi passi, cadere a terra».

Evidentemente, le manette hanno rinfrescato la memoria e, soprattutto, hanno spezzato il clima omertoso tipico di queste compagnie di giovani operai che alla domenica, sotto l’effetto del «vino maledetto», tendono a trasformarsi in barabba.

I due brigadieri non perdono un istante - erano già le otto di sera - si recano all’abitazione del sagrestano di Pozzo Strada, chiedono del fratello per nome Felice Andreis e lo trovano nell’orto. Costui alla vista dei carabinieri visibilmente si intimidisce, si confonde, comincia col negare, ma poi finisce col confessarsi autore vero ed unico dell’omicidio, protestando di averlo commesso perché, non provocata, la vittima gli aveva vibrato un colpo di coltello riuscitogli a schivare. Egli intanto aveva ancora in tasca l’arma della quale si era servito per l’uccisione.

Certo questa confessione attribuisce alla vittima un atteggiamento aggressivo che può giustificare il comportamento omicidiario. È l’unica versione che si può conoscere. Il morto non può più parlare…

Delle giustificazioni dell’uccisore si occuperà la Magistratura. I Carabinieri hanno espletato in modo brillante la loro attività investigativa e la Legione di Torino decide di premiarli con un Encomio Solenne:

Questo splendido risultato, frutto dell’accortezza e delle lunghe fatiche degli operanti, specie dei brigadieri Liccardo e Pagani, si ebbe il meritato premio dell’encomio solenne all’ordine del giorno della Legione.

Sono il brigadiere Antonio Pagani, il vice-brigadiere Gio. Battista Volpi, il brigadiere Gennaro Liccardo e il carabiniere Rinaldo Castiglioni, encomiati «Per la scoperta ed arresto [...] dell’autore d’un omicidio commesso in frazione Pozzo Strada (Torino) la sera del 10 agosto 1884».

L’Encomio Solenne appare particolarmente meritato visto che si è rischiato un clamoroso errore investigativo. Come si ricorderà, la vittima era stata trasportata all’Ospedale dalla Guardie Rurali e un sottufficiale di queste si era prodigato per le indagini. Lo ha raccontato la Gazzetta Piemontese dell’11 agosto 1884:

Il brigadiere Riva delle guardie rurali a Pozzo di Strada, informato del fatto, corre sul luogo con altro suo dipendente, e riesce ad arrestare due della comitiva maggiormente indiziati.

Gli arrestati sono certi Rey Marcello, d’anni 29, e Valerio Angelo, d’anni 29.

Le Guardie Rurali (o Campestri), dal 1849, affiancavano le Guardie Municipali per far osservare i regolamenti di Polizia rurale e indagare su reati contro la proprietà nelle campagne. Erano anche incaricate della tutela di strade, viali e passeggi nonché del patrimonio rurale cittadino. Inizialmente il giornale ha annunciato che il brigadiere Riva ha risolto il caso, accennando soltanto di sfuggita alle indagini dei Carabinieri. Il 27 agosto 1884 la Gazzetta Piemontese deve pubblicare questa smentita:

Non erano rei. - Nella cronaca dell’11 agosto, parlando dell’uccisione del Rossi Celestino, d’anni 18, maniscalco, avvenuta sullo stradale di Rivoli, in seguito a rissa, si disse che dalle guardie rurali di Pozzo Strada erano stati arrestati come sospetti due giovani: Rey Marcello, d’anni 29, e Valerio Angelo, d’anni 29.

Ora veniamo a sapere e pubblichiamo con piacere che gli arrestati, onesti operai ed appartenenti a buona famiglia, vennero rilasciati in libertà perché si riconobbe la loro innocenza.

Tutto è bene quel che finisce bene... grazie ai Carabinieri, che si sono meritati il loro Encomio Solenne. Non è l’unico attribuito in quell’agosto 1884, ma degli altri parleremo un’altra volta.

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Articolo pubblicato il 24/02/2023