Un Re dimenticato: Il monumento a Vittorio Emanuele I

Di Alessandro Mella

Era stato, come quasi tutti i Savoia, un re malinconico, ma che si era onestamente proposto il bene dei suoi sudditi o per meglio dire quello ch'egli riteneva fosse il loro bene, e ora se n'andava appunto per non fargli del male o scatenando contro una repressione violenta o ingannandoli con una Costituzione che non avrebbe voluto mantenere. Alla bassezza cui era sceso Ferdinando di fingere di largirla per poi affidarne la revoca all'Austria, si rifiutò di arrivare. (Indro Montanelli) (1)

Era stato il secondo di tre sovrani, tre fratelli, ascesi al trono l’uno dopo l’altro nel corso di vicende traumatiche per la loro dinastia ed il loro regno. Dopo la rivoluzione francese, infatti, le guerre del Piemonte, l’allora Regno di Sardegna, con la neonata Repubblica Francese giacobina furono costanti fino all’annessione coatta degli Stati Sardi continentali all’impero di Napoleone I.

Sconfitti dal grande corso, i Savoia si erano rifugiati in Sardegna con la corte e da Cagliari tenevano vivo quel poco possibile dell’antico retaggio sabaudo contribuendo, nella loro misura, alla lotta ai francesi.

Vittorio Emanuele I, quindi, era diventato sovrano nel 1802 dopo l’abdicazione del tormentato Carlo Emanuele IV. Egli regnò, in sostanza, per dodici anni sulla sola grande isola sarda in attesa di tempi migliori. I quali, in effetti, vennero nella primavera del 1814 al momento dell’abdicazione, la prima, di Napoleone e del suo breve esilio sull’Isola d’Elba. Liberata Torino il re sabaudo poté finalmente rientrare nella sua antica capitale accolto con il favore del popolo festoso.

I piemontesi, al netto di una loro progressiva adesione, seppur parziale, alla realtà napoleonica non avevano mai rinnegato e dimenticato i Savoia cui restavano intimamente legati e quindi presero ad edificare la Basilica della Gran Madre per festeggiare il ritorno della dinastia in città.

Essi, tuttavia, non sapevano esattamente che tipo di capo di stato sarebbe stato il nostro ma non si stupirono troppo per la sua totale adesione alla restaurazione secondo le logiche reazionarie del Congresso di Vienna. Con il quale, tra l’altro, egli assunse l’impegno di solenne di non concedere mai al suo popolo una costituzione di qualsiasi tipo. Ragion per cui nel 1821, al momento dei Moti Piemontesi, dovendosi trovare tra il venir meno alla parola data ed il sopprimere con la violenza le insorgenze popolari scelse di abdicare in favore di Carlo Felice. Giova ricordare che Vittorio Emanuele I era stato il fondatore dell’arma dei Reali Carabinieri proprio sul modello delle gendarmerie galliche. Morì nel 1824 al Castello di Moncalieri lasciando comunque un buon ricordo sebbene coincidente con quello dell’Ancien Regime che il successore non esitò a mantenere.

I torinesi d’oggi lo ricordano poco, il suo nome è qualche volta rievocato parlando dei Carabinieri o del ponte che collega l’attuale piazza Vittorio Veneto (un tempo proprio piazza Vittorio Emanuele I) alla Gran Madre. Ponte che, ironia delle sorte, fu voluto da Napoleone ed inaugurato dal suo nemico al rientro in patria.

Molti anni dopo l’abdicazione del 1821, Vittorio Emanuele II volle donare alla città di Torino, era il 1849, una statua di marmo dell’illustre avo che suo padre, Carlo Alberto, aveva fatto realizzare da Giuseppe Gaggini.

Il monumento restò, tuttavia, nel cortile di Palazzo Carignano fino al 1885 quando fu spostato e collocato sopra un basamento di fronte alla stessa basilica che ne celebrava il ritorno:

Chi dei nostri lettori si spinge a passeggio fin oltre il vecchio ponte in pietra sul Po, nota che sulla piazza che s'apre appena varcato il ponte, ad una diecina di metri dalla facciata della Gran Madre di Dio, o proprio al centro di essa, venne alzato uno steccato, dal mezzo del quale sorge un alto piedestallo.

Quel piedestallo è destinato a ricevere la statua di Vittorio Emanuele I, rimasta finora nascosta agli occhi di tutti, in un angolo del cortile del palazzo Carignano.

La statua di questo re di Casa Savoia ha tutta una storia.

Essa venne fatta per ordine di Carlo Alberto da un celebre scultore, il Gaggini. Era destinata ad ornare lo scalone del palazzo Carignano, e venne perciò eseguita con finitezza e maestria grande di lavoro. Mutato il progetto di adornamento dello scalone, la statua rimase lunghi anni senza destinazione alcuna, finché, nel 1869, Vittorio Emanuele II, dietro domanda del sindaco Rignon, la donava al Municipio di Torino.

Per le difficoltà incontratesi nel cercare una conveniente ubicazione, la statua venne provvisoriamente collocata, come già dicemmo, in un angolo del cortile del palazzo Carignano, e vi sarebbe tuttora, se il Consiglio comunale, in sua seduta 27 giugno 1883, non avesse deliberato di restituirla, come si suol dire, all'onor del mondo, ordinando che fosse collocata davanti al tempio della Gran Madre di Dio; che, come si sa, venne costrutto appunto pel ritorno di Vittorio Emanuele I nei suoi Stati dopo la dominazione francese.

I lavori di collocamento della statua, intrapresi dal noto costruttore Crida, sono oggi buon punto, e la statua potrà facilmente essere inaugurata nell'aprile o, al più tardi, nel maggio prossimi.

La base del monumento venne disegnata dall'ing. cav. Bollati, assessore municipale pei lavori pubblici. Essa si compone di un alto gradino e di un parallelepipedo coronato da un cornicione sporgente. L'altezza del piedestallo corrisponde alla superficie del pronao della chiesa che le sta dietro, ed armonizza con le sue linee. Il gradino, nella parte inferiore del monumento, è ornato da due blasoni e da due medaglioni in bronzo, uniti fra loro da un robusto serto di fronde di quercia e di alloro.

Il blasone, che sta nella parte anteriore del monumento, porta lo stemma di Casa Savoia, quello a tergo lo stemma di Torino; nei medaglioni laterali è scritto, in uno: Il Municipio pose: nell'altro il millesimo: MDCCCLXXXV.

Questi lavori in bronzo sono opera del valente artista Antonio Galli, quello stesso che eseguì la cartella monumentale che orna il frontone del palazzo Carignano, e che porta la scritta: «Qui nacque Vittorio Emanuele II».

I modelli in gesso per questi accessori ornamentali vennero eseguiti dai fratelli Loro. (…) Il monumento avrà un’altezza di 12 metri. La sola statua misura quattro metri e mezzo d'altezza. (2)

Che il monumento non fosse molto considerato si evince anche dalle opere di Strafforello, autore in genere non così avaro notizie; eppure, in questo caso davvero telegrafico e minimale nel suo dar cenno alla statua che, al tempo della compilazione dei suoi volumi, già si trovava nell’attuale posizione:

Vittorio Emanuele I – Sorge sul piazzale della Gran Madre di Dio, dono di Vittorio Emanuele II alla città di Torino. (3)

Il monumento portava e porta scritto di fronte: «Vittorio Emanuele I – Re di Sardegna – restituito al suo popolo – il XX maggio MDCCCXIV – ne coronava – la fedeltà secolare». Al verso invece si legge: «Vittorio Emanuele II – Re d’Italia – questa statua – donava ai torinesi – l’anno MDCCCLXIX». Sui lati invece: «Il Municipio – pose – l’anno – MDCCCLXXXV».

Sul basamento uno stemma sabaudo in bronzo completa l’opera.

Oggi il profilo del severo e sobrio sovrano scruta ancora la città, osserva il traffico frettoloso delle molte auto, il tempo che passa sulla sua antica capitale tanto mutata, osserva e la gente che passa, spesso, nemmeno ci fa caso. Molti, probabilmente, non hanno la minima idea di chi egli sia stato. Qualcuno, per fortuna, l’ha conosciuto sui libri di storia ed ancora lo ricorda.

Alessandro Mella

NOTE

1) L'Italia Giacobina e Carbonara, Indro Montanelli, p. 305

2) Gazzetta Piemontese, 52, Anno XIX, 21 febbraio 1885, p. 3.

3) La Patria – Geografia dell’Italia, Volume II, Provincia di Torino, Gustavo Strafforello, Utet, 1891, p. 32.

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Articolo pubblicato il 11/01/2023