L’Osteria della Posta di Priacco (TO)

Salgari vi scrisse “Il re della montagna” (di Alberto Serena)

Luigi Battista Serena (Salassa 25.10.1846), figlio di Battista (19.1.1823) e di Salato Antonia (20.2.1828), dopo aver fatto il carabiniere a cavallo in Sardegna per oltre trenta anni, ebbe dapprima un lavoro assegnatogli dallo Stato a Trana (Torino) e qualche anno dopo la gestione dell’Ufficio postale di Priacco, paesino del Canavese.

L’ufficio era situato nel centro del paese, nella parte destra della piazza e dietro alla casa scorreva un torrente.

Il 19 aprile del 1879 si sposò a Salassa con Domenica Gabaria (9.2.1856), figlia di Felice e di Elena Vacchero e l’anno dopo la nascita del primogenito Felice (Salassa 25.8.1889) si trasferì con la famiglia a Priacco, dove Battista oltre a gestire l’Ufficio Postale, aiutava la moglie Domenica, che aveva aperto un’osteria che fungeva anche da albergo, da tabaccheria e da negozio di alimentari, proprio accanto all’ufficio postale del marito, denominata l’Osteria della Posta.

Suo fratello Luigi (21.3.1851 + 20.5.1939) invece era emigrato in America, dove si era sposato prima con Margaret Corelli, da cui ebbe un figlio e poi con Schuler Carolina (1867 + 1942), da cui ebbe otto figli.

L’altra sorella Susanna (3.2.1849) rimase a Salassa.

Dal matrimonio di Luigi Battista con Domenica Gabaria, oltre a Felice, nacquero altri figli, tra cui Savina Elisabetta (Priacco 8.7.1893 + 29.1.1894), Giuseppe Tranquillo (16.4.1895 + 16.9.1895), Luigi Michele (28.11.1897 + 25.5.1985) e Celestino (1900 + 31.8.1901), ma purtroppo, come già successo per il primogenito Felice, morto a Priacco, il 2 febbraio 1894, a distanza di quattro giorni dalla morte della sorellina Savina, altri ne morirono in tenera età.

In quegli anni la mortalità infantile era molto alta, dovuta anche ad ambienti umidi e malsani. Un medico consigliò a Battista di costruirsi una casa in zona meno umida e allora Battista fece costruire una grande casa nella strada verso Borgiallo, dove visse con la moglie e i suoi tre figli rimasti vivi: Luigi Michele e le due sorelle Antonietta ed Elena.

Nella grande casa Serena c’era oltre all’ufficio postale una tabaccheria, un negozio di alimentari e un’osteria, ed era una tappa obbligata per i molti viandanti che si fermavano a bere un bicchiere di vino prima di intraprendere la salita a piedi verso la valle Sacra o per i pochi fortunati che possedevano una bicicletta, parcheggiata fuori dall’osteria per proseguire a piedi la strada e riprenderla al ritorno, in quando non c’era la strada per salire, ma solo una mulattiera.

Un giorno si fermò il medico condotto di Cuorgnè riferendo di essere stato chiamato dalle persone che abitavano una casa che si trovava alle spalle dell’osteria, in mezzo ai campi e alle vigne, in una zona chiamata “Al vignet”, perché il loro figlio aveva febbre molto alta.

Battista disse al dottore che anche suo figlio stava molto male. Venne visitato dal medico, che comprese trattarsi di difterite, ma aveva con sé solo una fiala di una medicina speciale sperimentale, ma se non si fosse fatto niente il bimbo sarebbe morto.

Fatta questa iniezione al piccolo Luigi Michele, il medico si congedò con la speranza che il bimbo della casa accanto non avesse la stessa malattia, perché lui aveva portato una fiala sola.

Poco tempo dopo tornò a riprendere la bicicletta e disse a Battista che purtroppo il bambino della casa del Vignet aveva anche lui la difterite, ma non aveva potuto curarlo. Purtroppo, quel bimbo morì dopo pochi giorni, mentre il piccolo Luigi si riprese.

La vita della famiglia Serena era piuttosto movimentata con tutte queste attività a cui collaboravano le due figlie grandi Antonietta ed Elena e poi in seguito il piccolo Luigi.

La moglie, Domenica Gabaria, era appassionata di lirica e seguiva le rappresentazioni che si tenevano al Teatro Comunale di Cuorgnè. Spesso portava con sé il piccolo Luigi, al quale fu riservata una buona educazione scolastica frequentando fino alla seconda ginnasio all’istituto Salesiani “Giusto Morgando” di Cuorgnè, così come alle figlie ed infatti Elena già nei primi anni del ‘900 era impiegata all’ufficio postale di Cuorgnè.

L’Osteria della Posta, veniva chiamato in piemontese, “l’Uberge”, l’albergo, perché affittava anche stanze a chi desiderava villeggiare in mezzo al verde, per lo più torinesi che soggiornavano d’estate, e tra questi ci fu anche Emilio Salgari (1862 + 1911), l’autore di Sandokan, del ciclo dei pirati della Malesia e di tante altre avventure dei corsari delle Antille.

Infatti, il famoso romanziere, quando venne in Canavese nel 1893, dopo aver affittato una casa prima a Cuorgnè in piazza Pinelli e poi ad Alpette, scelse di alloggiare da solo a Priacco presso l’Osteria della posta, lasciando la famiglia, in quanto non riusciva a trovare la concentrazione giusta per scrivere un romanzo riferito a un’avventura collegata alle montagne.

Capitava a volte che lo scrittore lasciasse la candela accesa per scrivere i suoi romanzi nella camera da letto dell’Osteria venendo sgridato dalla “ostessa” Domenica Gabaria, per la paura che si addormentasse senza spegnerla.

In quella piccola stanzetta, Salgari completò uno dei suoi tanti romanzi “Il re della montagna” e proprio le cime della “Valle Sacra” gli ispirarono la storia del re Nadir, che viveva nel suo castello sul monte Demawend a nord di Teheran.

Intanto Luigi Michele venne arruolato per la Prima Guerra Mondiale prima nella zona di Peschiera come telegrafista, dove contrasse la malaria che lo accompagnò con le sue crisi febbrili per molti anni, e poi al forte di Bard in valle d’Aosta, dove conobbe la futura moglie Irma Praduroux di Hone Bard, dalla quale ebbe due figlie: Domenica Savina (Priacco 8.7.1921 + Argentina 18.5.1995) e Irene Faustina (Priacco 3.9.1923 + Hone Bard 13.11.2008).

Il secondo parto fu fatale alla mamma, perché morì pochi giorni dopo e mentre la neonata Irene venne allevata dai nonni materni valdostani, che gestivano il bar della stazione di Hone, la prima figlia Domenica continuò a restare dai nonni paterni a Priacco.

Luigi Michele periodicamente andava ad Hone, sia per vedere la sua bambina, che per pagare la balia e faceva questo lungo giro partendo in bicicletta da Priacco. 

Luigi Michele si risposò il 22 maggio 1926 a Borgiallo con Maria Orsola Configliacco Buffar (Pont Canavese 19.2.1904 + 2016), figlia di Pietro e di Ferrero Veronica, che si erano trasferiti da Pont Canavese alla Bastiglia, una frazione di Borgiallo, dove il padre aveva una fornace.

Orsola, dopo aver frequentato le scuole elementari fino alla quarta classe a Borgiallo, aveva iniziato il mestiere della sarta, smettendo solo quando si sposò, perché si occupò della gestione dell’Osteria della Posta, mentre il marito Luigi subentrò al padre nella conduzione dell’Ufficio Postale di Priacco.

Dal loro matrimonio nacquero due figlie, Pierina Elena (28.3.1927) e Bruna Antonietta (17.4.1929) e la loro mamma, oltre a dedicarsi alla famiglia, doveva accudire gli animali, lavorare in campagna e ricoprire il ruolo di cuoca nella trattoria.

Domenica fu impiegata all’ufficio postale di Cuorgnè, Pierina alla Banca Popolare di Novara di Cuorgnè. Bruna si sposò giovane e andò’ a vivere in Francia. Irene rimase tutta la vita ad Hone continuando a gestire il bar ristorante della stazione, ereditato dalla nonna.

Dal 1936 Maria Orsola soprannominata dapprima “Ursulin” e più tardi “Magna Ursula” iniziò a collaborare con il marito nella gestione dell’Ufficio Postale di Priacco, diventando poi lei stessa titolare sino all’età della pensione, conseguendo nel frattempo la licenza di quinta elementare. Per il proficuo lavoro svolto per conto delle Poste Italiane, ricevette dalla Direzione la medaglia d’oro per la sua lunga attività.

Nella sua vita visse periodi particolarmente difficili, in concomitanza con le due guerre mondiali e durante l’ultimo conflitto, l’Osteria della Posta divenne un punto strategico di incontro, ritrovo per i partigiani della zona che sapevano di poter contare sull’appoggio della famiglia Serena, ma anche zona di conflitto per le truppe tedesche, che più di una volta fecero irruzione nei locali minacciando i componenti della famiglia.

In una occasione “Magna Ursula” si oppose fermamente ai militari tedeschi che avevano già messo al muro per l’esecuzione il marito Luigi riuscendo con ferma determinazione a dissuaderli dal loro funesto proposito.

Passato il periodo bellico, proseguirono le attività lavorative, in particolar modo quella di commerciante coadiuvata dalla figlia Bruna.

Il 3 dicembre del 2005, presso la Scuola di Applicazione, nel Palazzo dell’ex Arsenale di Torino, le venne conferita l’onorificenza al merito di Cavaliere della Repubblica Italiana per i suoi ottant’anni di attività commerciale.

Morì il giorno di domenica 26 febbraio del 2006 ed è sepolta nel cimitero di Priacco accanto ai suoi familiari.

Alberto Serena

 

La poesia del poeta piemontese Tonino Bergera, dedicata a “Magna Ursulina”

 J’era, a Priè, sta piola cita cita: / na pügnà ‘d métër quàdër, quatr taulin, / ël tëimp suspëis tra füm e bicer ‘d vin, / na “scupa” e düi tumin, parole e vita. / Sëint ann e ‘n toc, euj svicc e schëina drita. / Ursula a tüit fasìa ‘d surisine, / ogni tänt, a ‘rfilava ‘d “cichëtin”a chi a cassava lurd pess che na pita. / Dal mür, la Madunina ‘d Prascundù / giütava ‘l sulitare pass dij ciuc, / ch’a surtìën nin vèr arbiciulù. / A chi a cimpava trop vardänd j’uluc, / a meuj an bute stup dë schiavitù, / chila a-j dasìa, materna, dël “cucuc”. / Che amur ëd ciapaciuc! / Parëj sta “magna ‘d tüit” ciüciava vita dal / caud bibrun ‘d sua piola cita cita.

 

“ZIA ORSOLINA” - C’era, a Priacco, questa minuscola osteria: / un pugno di metri quadri, quattro tavolini, / il tempo sospeso tra fumo e bicchieri di vino, / una “scopa” e due tomini, parole e vita. / Cent’anni compiuti, occhio sveglio e schiena dritta, / Ursula a tutti quanti sorrideva / e, ogni tanto, rifilava qualche “cicchettino” / a chi urlacchiava peggio d’una tacchina. / Dal muro, la Madonnina di Prascondù / aiutava il solitario passo degli ubriachi, / che uscivano non granché arzilli. / A chi beveva troppo, inebetito, / a mollo in bottiglie di schiavitù, / lei dava, materna, del “cucù-merlo”. / Che amore di acchiappa-ciucchi! / Così questa “zia” di tutti succhiava vita / dal caldo biberon della sua osteria piccina piccina.

 

Alberto Serena (Pont Canavese, 30 maggio 1948) residente a Biella, ha sempre amato la ricerca storica sul Canavese, la poesia e la scrittura.

Collabora con la rivista “Canavèis”, con “Terra Mia” e con il giornale “La Sentinella del Canavese”, è autore del libro “Dall’asilo al matrimonio in un piccolo paese del Canavese” (Atene del Canavese, 2021).

Ha condotto e pubblicato molte ricerche sulla vita di personaggi pontesi, salassesi e delle Valli Orco e Soana del secolo scorso.

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 01/11/2022