Ėr masagė abanduną – ovvero - La borgata abbandonata

Componimento poetico in lingua brigasca di Didier Lanteri

Pubblichiamo questo componimento poetico in lingua brigasca di Didier Lanteri che ci viene inoltrato dall’amico Bruno Lanteri Lianò, presidente dell’associazione “A Vastéra” (Il recinto) che edita una rivista culturale trilingue ed organizza un raduno annuale itinerante nei vari luoghi della “Tera brigasca” (m.j.).

 

Ër masagë abandunà

Ciü ‘nsima dër paìsë, ün camin marajià

Vë mena a ‘n masag' urmai abandunà.

Ër passa ‘n meg’ ai arbu, ‘n meg’ ai bësciunassi,

Vë pregh, faimè piajée, ‘ndairì ‘ngech a spassi!

 

Ër se nom s’é pers, ër n’é mai ciü ciamà

Sërchend dë stàa ciü ben, e gente r’han lascià

Ër temp i s’é fërmà, ha sbarà a sa storia

Adaji r’asciübiànsa ha rüginì a mëmoria.

 

Sti ani, i carëtun, stracarghi, i passavu

E cae fümàvu e aa seira, ‘nganganìi

I omu ‘ndrint, vëjin ar fögh, së rëscaudavu

Mangendsè a mënestra, anant d’ëndàa a durmìi.

 

A vita dër masag' i era acüyènta

E gente së prëstavu, tra ili li eru ligai

Ër sùu paijava a veya müra bacilenta

E i sei ragi ‘ndauravu teiti e prai.

 

E fadachete, a messa diita, sciü a ciasseta

le balavu. Dënant i göti, ‘ntant i pai

Sëtai ar desch, li së svagavu cun a picheta

Ëntarament, vëstìe da festa, ciarlavu e mai.

 

Ar lavatöri, ër temp früst s’é ‘nvurà

L’é ‘r silensi ch’ades ër s’n’é ‘mpadrunì

Ër pus é sciüit e a geijeta dëscunsacràa

Ën lë ciuchée, ‘n ganavèe i ha fait ër nì

 

Ciü dëmà a rügiu sciuriscë ades ër munümént

I mörti ‘n guerra, nësciün n’i duna ciü da ment

‘Na nöit eterna e tëmpurìa i ha strëmai

Vë pregh, faimè piajée, ‘ndairì e prëgai!

 

La borgata abbandonata

 

Sopra il villaggio, una vecchia mulattiera

Vi conduce a una borgata ormai abbandonata.

Passa in mezzo agli alberi, tra cespugli compatti.

Vi prego, fatemi il piacere, andate a visitarla!

 

Il suo nome si è perso, non viene più citato.

Cercando di stare meglio, la gente l’ha lasciata.

Il tempo vi si è fermato, ha eliso la sua storia

Adagio l'oblio ne ha arrugginito la memoria.

 

Una volta i carretti, stracarichi, passavano

E le case fumavano e la sera stanchi

Gli uomini all’interno, vicino al fuoco, si riscaldavano

Mangiando la minestra, prima di andare a dormire.

 

La vita della borgata era accogliente,

La gente si prestava, tutti erano legati tra loro

Il sole alleviava la vecchia mula traballante

E i suoi raggi indoravano tetti e prati.

 

Le ragazzine, finita la messa, danzavano

sulla piazzetta. Intanto i padri seduti al tavolo

davanti ai bicchieri, si svagavano con la picheta*  

Mentre le madri vestite a festa ciarlavano.

 

Al lavatoio, il tempo trascorso s’è involato

È il silenzio che adesso se ne è impadronito.

Il pozzo è asciutto, e la chiesetta sconsacrata

Nel campanile, un allocco ha fatto il nido.

 

Solo più la ruggine fiorisce adesso sul monumento

Ai morti in guerra nessuno da più retta.

Una notte eterna e tempestosa li ha stremati.

Vi prego, fatemi il piacere, andateci e pregate!

*Picheta = termine assai diffuso per indicare un vinello a bassa gradazione

Ecco il componimento in lingua brigasca... la maggioranza dei pastori oltre a qualche costruzione precaria negli alpeggi in alta quota, in genere possedeva delle costruzioni rustiche a quote più basse, chiamate Morghe, che servivano da prima base per le greggi al finire della stagione, chiamati Morghe, dove era possibile praticare un minimo di agricoltura e soprattutto cuocere il pane nel forno sociale, che i ragazzini del posto portavano agli alpeggi dopo lunghe marce.

Basti pensare che il grano veniva coltivato fin quasi a 1500 metri sul lato sud, in questi avamposti abitavano nei periodi estivi le famiglie dei pastori.

Alcuni agglomerati, come quello descritto, che disponevano di un luogo di culto stagionale venivano chiamati Masagë, mentre la vera abitazione di famiglia era nei paesetti più a valle, dove vi era qualche negozietto e con la luce elettrica, una parvenza di vita, con in primis il parroco che era una specie di onnipresente custode dei luoghi.

Nei mesi invernali in questi posti rimanevano in genere gli anziani e qualche bambino che frequentava la scuola locale, mentre i più grandicelli seguivano i genitori frequentando le scuole nei territori scelti per i pascoli invernali... a volte in italiano, ma in parte anche in francese…

Questo stranamente non ha impedito che molti si laureassero, finendo con l'occupare posti di rilievo nelle varie località di residenza e oltre.

Unica eccezione, potrebbe essere il capoluogo Briga, che essendo servito dalla ferrovia Cuneo-Nizza disponeva di diverse attività collaterali, ad un certo punto erano presenti persino alcuni ebrei dediti al commercio della lana, oltre ad essere la sede del comune... anche se in certi periodi invernali non sempre era facilmente raggiungibile dagli abitanti delle borgate periferiche, quindi eventuali nascite venivano trascritte a posteriori... I pochi pastori rimasti ultimamente hanno ricevuto la visita... dei lupi, che vagano lungo l'arco alpino alla ricerca di prede.

Per inciso un paio di frazioni dipendono dal comune di Ormea (Cuneo) e Triora (Imperia) perché la situazione, con il passaggio del capoluogo alla Francia risulta complessa, resta saldo l'annuale incontro itinerante tra i vari luoghi della Tera Brigasca, che dopo la pausa Covid, quest'anno si è svolto a Verdeggia (Triora- IM).

 

Ër masagë

Nota sul brigasco: Dialetto Ligure alpino – paraoccitano etc. gli studiosi non sono tutti concordi…

Senza scomodare i glottologi, credo potremmo definirla una lingua di frontiera di un popolo di pastori, che da epoca immemore, basta vedere i graffiti sul monte Bego (Alta Valroja), ha saputo creare una propria civiltà silvo -pastorale, in un angolo remoto e impervio delle Alpi Marittime, dominato dal monte Saccarello, alle sorgenti del Tanaro, Livenza e Argentina, denominato “Tera Brigasca”, dal capoluogo storico che era/è Briga Marittima (ora La Brigue) ex provincia di Cuneo.

Per motivi “pratici”, questi pastori (quasi estinti), dopo il periodo estivo trascorso nelle terre alte, discendevano (a piedi) con le loro greggi, alla ricerca di pascoli invernali, situati in genere nell’entroterra ligure e nei pressi della vicina Costa Azzurra. Per necessità, si ingegnarono a parlare anche le lingue dei territori attraversati, pur mantenendo caparbiamente una propria identità ed elaborando una forma espressiva, che nonostante emigrazioni, guerre e successivi cambi di frontiera, nonché i vari problemi scolastici… è riuscita a resistere fino ai giorni nostri, sapendo esprimere profondi sentimenti… come in questa nostalgica composizione che ha un tema molto sentito, come l’abbandono delle antiche borgate.

 

L’associazione A Vastéra (Il recinto) edita una rivista culturale trilingue ed organizza un raduno annuale itinerante, nei vari luoghi della “Tera brigasca”, ignorando, nell’occasione, confini e barriere.

I pochi abitanti rimasti in loco, dopo le grandi emigrazioni in cerca di una vita migliore, che portarono persino alla fondazione di una città (Ciudad Lanteri) in Argentina, sono sparsi in quattro comuni, tre provincie, due stati… con scarsi e difficili collegamenti stradali, anche se la zona costituisce un “unicum” dal punto di vista paesaggistico che, data anche la vicinanza alla costa ormai satura,  potrebbe avere un certo sviluppo economico, purché con un turismo rispettoso dei luoghi, creando alcuni posti di lavoro per i POCHI  giovani rimasti, ma… l’attuale divisione non aiuta… e gli anziani superstiti, che hanno già dato molto, con sacrifici e fatiche per conservare il territorio, non possono che essere testimoni di un’epoca passata con una lingua che in mancanza di parlanti è destinata a scomparire (come tante altre).

Sic transit gloria mundi! 

Una buona notizia giunge da La Brigue, dove dopo anni di abbandono, un gruppo di volonterosi sta ricreando la storica vigna…

Arveiru-Arvezze-Arrivederci-Au revoir

Lanteri Lianò Bruno

 

 

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Articolo pubblicato il 23/10/2022