Ignazio Perotti: Un partigiano sfortunato

Di Alessandro Mella

Sono tante le piccole e grandi storie dimenticate, spesso custodite dalle nostre montagne, dalle loro cappelle alpestri ancora ricca di fascino ed incanto.

Nella frazione d’origine dei miei nonni materni, nelle Valli di Lanzo a Viù, io ho frequentato nell’infanzia quella di San Barnaba, un’antica chiesina seicentesca incastonata tra le casupole. All’interno vi trovato i nomi dei miei antenati, le loro storie, la memoria che avevano costruito negli anni passati.

In un angolo c’era un quadretto ex voto, sopravvissuto alle ruberie degli anni ’60, con un nome ed un disegno curioso. Dietro le pennellate si nascondeva una storia interessante e tipica dei nostri monti.

Ignazio Perotti era nato proprio a Viù il 20 giugno del 1920 e sua madre, Marianna, l’aveva cresciuto a costo senz’altro di gravi e pesanti sacrifici. Quell’eroismo spicciolo che le donne d’un tempo conoscevano assai bene.

Quando, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il nostro ragazzo si trovò a doversi presentare obtorto collo, pena la fucilazione, in caserma per l’arruolamento nell’esercito repubblicano della Repubblica Sociale Italiana, scelse senza tentennamenti l’unica alternativa possibile. Raggiunse, quindi, i partigiani che operavano, ben organizzati, in valle e si unì alle formazioni garibaldine fin dal marzo del 1944 assumendo il nome di battaglia “Sette”. (1)

Si portò bene, con coraggio e determinazione, combatté e sopravvisse alla guerra ottenendo la ben meritata qualifica di “partigiano combattente” per i suoi meriti acquisiti ed il lungo impegno nella lotta di liberazione.

Finita la guerra i membri della Resistenza dovettero organizzare forze di “polizia partigiana” per garantire l’ordine pubblico dal momento che le istituzioni fasciste erano venute meno e quelle del Regno d’Italia dovevano ancora ristrutturarsi sul territorio. Da lì a poco molti di questi partigiani vennero cooptati dalla Polizia di Stato per istituzionalizzare progressivamente questo servizio.

Fu così che anche Ignazio “Sette” Perotti si adoperò per aiutare a proteggere le valli dalla delinquenza che, nello smarrimento generale di questi momenti di transizione, non esitava a tormentare un po’ tutta la provincia talvolta organizzandosi anche in vere e proprie bande dedite al malaffare.

Il citato quadretto ex voto ricorda un episodio accaduto al nostro giovane nel dicembre del 1945, il giorno di Natale tra l’altro, quando questi, pur armato, fu aggredito da un gruppo di sconosciuti che prese a bastonarlo fino a stordirlo per poi abbandonarlo sulla strada provinciale che da Germagnano saliva a Viù, poco prima di frazione Fubina.

Si vede bene Ignazio, in grigioverde e con il basco e la pistola in mano, subire l’aggressione dei malintenzionati mentre tra il candore della neve si intravede un autocarro in arrivo.

Si trattava della “corriera” che lo notò in terra, ferito e già coperto da un velo di neve, e che lo trasse in salvo impedendone, fortunatamente, la triste fine.

L’episodio fu raccontato anche da Ignazio Guglielmino e Donatella Cane e Milo Julini che lo riportarono nel volume che gli fu dedicato. Il tutto partendo dal ricordo di un antenato, Giacomo Guglielmino detto Giacolin, che dipingeva gli ex voto e che fu l’autore di quello di cui parliamo:

Nell’inverno del 1946 (in realtà 1945 nda), quattro sconosciuti gli hanno messo un sacco in testa, l’hanno bastonato sulla strada prima di Fubina poi l’hanno lasciato lì in mezzo alla strada. Nevicava e la neve l’aveva quasi ricoperto, l’ha trovato la corriera di Usseglio ed è stato salvato ma è stato congedato dalla Polizia. Ha fatto fare da Giacolin un ex voto “Per grazia ricevuta” e l’ha messo nella cappella del Salvagnengo. Tutti ridevano e gli dicevano: “Goerna ch’it fasen an pòch ëd Grazia ricevuta” (Guarda che ti facciamo un po’ di Grazia ricevuta, cioè di bastonate). (2)

Cos’era accaduto? Una rapina per sottrargli l’arma? Un regolamento di torti e conti? Una banale cattiveria come tante in quel tempo si verificavano? Difficile a dirsi ma il nostro certo ebbe la peggio anche, se per fortuna, fu salvato dalla morte certa.

È opportuno dire che Ignazio non fu congedato dalla polizia per questo episodio ma semplicemente egli fu vittima di un evento storico più ampio.

Con il passare del tempo e dei mesi, infatti, il governo temette che quei poliziotti ex partigiani, per lo più garibaldini legati al partito comunista, avrebbero potuto potenzialmente rivoltare le armi contro lo stato se il partito avesse dato tale comandamento. Se l’orientamento di sinistra di questi ragazzi era parso prezioso a Romita e Togliatti, preoccupati dal monarchismo ampiamente diffuso tra i Carabinieri, esso parve invece una minaccia ai loro successori.

In particolare, Mario Scelba, di fede democristiana, iniziò a temerne così tanto il potenziale impiego sovversivo che prese ad allontanarli, erano migliaia, favorito dai numerosi casi di abbandono di posto e di insubordinazione che tra quei poliziotti ausiliari si verificavano.

Progressivamente, quindi, furono restituiti alla vita civile:

Da ministro dell’Interno cominciò subito a rafforzare la polizia. All’inizio del 1947, gli effettivi della Pubblica sicurezza erano trentamila. Anni dopo Scelba disse ad Antonio Gambino, giornalista del primo Espresso: «Il guaio era che di questi agenti almeno ottomila erano comunisti, tutti ex partigiani delle Garibaldi, pronti ad agire contro lo Stato dall’interno delle forze dell’ordine». Nel giro di un anno la consistenza della polizia venne portata a cinquantamila uomini grazie al reclutamento di giovani che, disse Scelba, «avevano un sicuro senso dello Stato». (3)

Travolto dalla Storia, quindi, fu anche il nostro giovane partigiano, il quale tornò serenamente a vivere sulle sue montagne. Ancora avanti con gli anni saliva a piedi, con la gerla in spalla, lungo la strada diretto alle baite che si trovavano il tornante sopra quella dei miei nonni e bisnonni. E mia madre, negli anni 60-70, lo salutava con il suo nome “Gnasì” ma il mio bisnonno, quando vedeva passare quel cugino, lo salutava chiamandolo ancora “Sette”. Come quel giovane partigiano di tanti anni prima.

Alessandro Mella

NOTE

1) Commissione Regionale Piemontese per l’accertamento delle qualifiche Partigiane, scheda Perotti Ignazio tramite il portale Partigiani d’Italia.

2) La vita di un uomo, Ignazio Guglielmino con Donatella Cane e Milo Julini, Castellamonte, 2013.

3) https://www.corriere.it/giampaolo-pansa-ritorno-in-solferino/19_novembre_23/i-misteri-scelba-ministro-piu-odiato-che-tolse-comunisti-polizia-fa3d7454-0dce-11ea-8033-a2d631aa9706.shtml  (Consultato il 23 luglio 2022).

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Articolo pubblicato il 31/10/2022